Autore: Sergio De La Pierre
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Complimenti a “Z3XMI” per aver avviato questo confronto su un tema così attuale e insieme problematico. Di primo acchito, la risposta alla domanda non può che essere sì: il clima che si respira a Milano è sicuramente molto più positivo di quello di soli tre-quattro anni fa, c’è un fiorire e pullulare di iniziative, una voglia di “partecipare” di quote consistenti di popolazione che va al di là dei limiti ed errori dell’amministrazione che sono stati rilevati in altri interventi. Giuste mi paiono così tutte le considerazioni già fatte sull’opportunità di comunicare meglio ciò che c’è già, e soprattutto di rivolgersi al cittadino comune, più che al mondo già organizzato delle associazioni. Ma per entrare più nel merito, partirei dal concetto che “democrazia partecipata” significa che in una comunità locale ci sono due poli, le istituzioni locali e la “società civile”, che devono cercare di interloquire in modo costruttivo e “progettuale”. In linea generale, mi pare che manchi ancora, a diversi livelli, una vera cultura della partecipazione (e questa cultura semmai è presente in tante piccole esperienze che però non vengono abbastanza valorizzate).
Quali i limiti delle istituzioni locali (dove comprendo anche i Consigli di zona)? Intanto, il fatto di non aver istituito fin da subito una “cabina di regia” sul tema della partecipazione rivolta all’intera città, che avrebbe dovuto lavorare su almeno tre punti: costruzione graduale di una diffusa cultura della partecipazione, monitoraggio di esperienze/pilota da valorizzare a livello cittadino, costruzione graduale di un “modello partecipativo” per la città di Milano. Si è preferito invece – contribuendo a un equivoco che si è trascinato per oltre due anni – costruire un “Ufficio per la città” che ha fondamentalmente delegato agli ex “Comitati Pisapia” (ribattezzati “Comitati per Milano”) tutto il tema della partecipazione. L’equivoco è stata la confusione tra la figura del “militante politico” (tale era la connotazione “di parte”, giustamente di parte, dei comitati Pisapia a scopo elettorale) e la figura del cittadino attivo, con conseguenze che qui non v’è spazio di elencare, ma che hanno coinvolto l’intera città: infatti le esperienze “partecipative”positive si sono svolte per fortuna spesso al di fuori di tali Comitati, però ciò ha contribuito non poco a rendere difficile l’elaborazione del “Modello partecipazione” che coinvolgesse l’intera cittadinanza e non solo una sua parte “politica”. Dimostrazione ne sia – qui concludo – il duplice errore di Pisapia, che nelle riunioni dei “Comitati per Milano” continua a chiedere loro di suggerirgli il “modello” sulla partecipazione, e la richiesta analoga che i comitati continuano a fare all’amministrazione. I “due soggetti” della democrazia partecipata entrano in relazione virtuosa solo quando ciascuno di essi fa la sua parte fino in fondo.
Sergio De La Pierre, sociologo, ricercatore sulle comunità locali “virtuose”, fondatore dei due “Laboratori di democrazia partecipata” di Lambrate e di via Padova, membro del coordinamento del gruppo FAS (Ferrante Aporti/Sammartini)
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