Luci e ombre dai giorni dell'arcobaleno, e proposte in arancione

Il  seminario dell'8 maggio scorso dei Comitati per Milano dà un quadro non sospetto dei risultati ma anche dei ritardi e problemi di palazzo Marino. Un bilancio spassionato "da dentro" da cui scaturiscono numerose proposte per il futuro. Sulla partecipazione, il decentramento, le periferie, le politiche per il lavoro.
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arcobaleno

Quattro anni in arancione, con le loro luci ma anche con le loro ombre. E un bilancio su quattro punti chiave: la partecipazione, il decentramento, le periferie, il lavoro. Con una salva di proposte mirate sviluppate collettivamente, su altrettanti tavoli di lavoro regolati e “annotati” da facilitatrici.

Il risultato è un report corale abbastanza denso e piuttosto inedito per la politica italiana e cittadina. Diciotto pagine, scaturite dall’incontro “Alla mia città non rinuncio” organizzato l’8 maggio scorso dai comitati per Milano alle Acli di Lambrate (la prossima puntata sarà lunedì prossimo) con la partecipazione di un centinaio di aderenti, coordinati da Paolo Limonta.

L’aspetto più interessante, perché proveniente da una fonte non sospetta è la disamina, a volte impietosa e senza troppe inibizioni, di quanto si è fatto ma di quanto ancora resta da fare, compresa la narrazione collettiva di errori e mancanze.

Il metodo partecipativo adottato, piuttosto puntiglioso, ha consentito di dar conto di ogni valutazione (rilevante), positiva o negativa, espressa nelle tre ore di lavoro dai partecipanti ai tavoli (circa una ventina per ciascuno).

Così è per quello sulla partecipazione, ovvero del rapporto tra amministrazione e cittadini.

Al centro, nella sostanza, l’esperienza dell’Ufficio per i rapporti con la città, creato dal sindaco Giuliano Pisapia a inizio mandato (2011) e affidato a Paolo Limonta. Ma anche dei comitati che, nelle varie zone, hanno quasi costantentemente cercato di promuovere partecipazione dal basso.

La diagnosi è che, se è stato comunque raggiunto e consolidato lo stadio dell’ascolto, questo si è dimostrato solo il livello zero della partecipazione. E questo ascolto non ha inciso, nei fatti, sui processi decisionali.  Ci sono voluti tre anni perché tematiche tipiche dei comitati, come le case mediche, le biblioteche di quartiere, il recupero degli spazi abbandonati “salissero” fino ai piani alti di Palazzo Marino. Mentre operazioni ad alta opportunità partecipativa (come il riassetto del quartiere Rizzoli, la pista ciclabile di viale Tunisia….) sono state decise dal vertice senza nemmeno comunicarle ai cittadini.

Il 2012 e 2013, complice la crisi finanziaria (anche di Milano) e il suo pesante impatto sul bilancio e la macchina comunale, sono stati così anni “bui” anche nel rapporto tra amministrazione e consigli di zona.  E all’interno della macchina comunale si è quasi azzerato il coinvolgimento dei suoi lavoratori.

Solo dopo due anni, faticosi, l’ufficio per la città è riuscito a coinvolgere gli assessori su interviste-bilancio (di metà mandato) sulle loro attività in termini di partecipazione. Grazie alla disponibilità del vicesindaco Ada De Cesaris sono state stilate delle linee guida della partecipazione in materia urbanistica.  E sono emerse esperienze positive come  quella del cavalcavia Bussa, il dialogo (all’inizio molto conflittuale) sull’M4, il riordino di via Conte Rosso.

Nonostante ciò è mancata una strategia comune, tra gli assessorati, in tema di partecipazione. Le iniziative sono state affrontate caso per caso e in modo diverso, spesso sulla base di relazioni personali.

Eppure Milano è uno spazio molto ricco di cittadinanza attiva. Basti pensare alla fioritura, da non più di due anni, delle social street. Ma anche della rete di Lambrate (Vivi Lambrate) e della rete Frutti del Carcere. A fronte però è rimasto il deficit istituzionale di partecipazione. L’Expo, l’M4 in zona 6, molte piste ciclabili. Tutte iniziative ancora calate dall’alto senza coinvolgimento e promozione di associazioni attive e competenti.

Che fare? Il tavolo partecipazione dei Comitati per Milano, nell’incontro dell’8 maggio, ha delineato alcune preliminari linee d’azione per la prossima sindacatura. La prima è centrata sull’ufficio per la città, che ha, non senza fatica, dovuto operare in un ambiente politico “giunta-centrico”, certo agevolando l’accessibilità tra i cittadini con i vertici di Palazzo Marino. Ma il consiglio comunale, i consigli di zona, le associazioni di base?

Il prossimo ufficio per la città dovrebbe estendersi a temi e progetti inter-assessorili, su più consigli di zona, coinvolgere i lavoratori del Comune e le sue strutture amministrative. Dovrebbe operare su una visione sistemica della città (per esempio le nuove povertà) su base trasversale alle competenze assessorili.

Per questo le relazioni tra i vari soggetti dell’amministrazione andranno rafforzati. Per esempio istituzionalizzando un calendario periodico di incontri tra assessori e consigli di zona, e tra amministrazioni e cittadini. Relazioni fattive, de-burocratizzate.

Poi, finalmente, una posizione strutturata da parte della nuova giunta in tema di partecipazione. Con linee guida definite, a cui attenersi per tutta la sindacatura. E non solo buoni e vaghi propositi.

E un patto con i lavoratori. Già presente nel programma di Pisapia. Un insieme di impegni sulle forme di contrattazione e sulla formazione. Per una burocrazia all’altezza di un ambiente partecipato.

Poi più comunicazione. Oggi carente e lasciata a pochi. Deve diventare l’elemento centrale dell’interazione con la città, anche con lo sviluppo di studi autorevoli sulle iniziative e sui loro risultati. Non solo per comunicarli mediaticamente, ma anche per sedimentare buone pratiche.

Confrontandosi anche con le migliori esperienze europee, e attivando progetti dentro programmi (come Urbact) che vedono attive più città europee all’avanguardia.

E infine, il successore di Pisapia dovrebbe attivare, appena possibile una strategia di ascolto della città sui grandi temi dell’oggi. Dal dopo Expo ai “penultimi” (le povertà), il trasporto, il traffico, le case popolari, i Rom…. Un segnale di una campagna elettorale diversa, in linea con la precedente, ma che mostra tangibilmente di voler andare più avanti.

(1.segue)

 


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