Via d'Acqua. La difficile strada verso la partecipazione

13.000 firme contro la Via d'Acqua hanno avuto come esito la ridefinizione di parte del tracciato. Ma molto resta ancora da fare per colmare il vuoto che separa la politica dalle esigenze e le attese delle migliaia di persone che, difendendo un territorio, riaffermano con forza la centralità della partecipazione come condizione irrinunciabile per il rinnovamento del rapporto fra cittadini e Istituzioni.
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ParcoCave 400
Modifica del tracciato con l'interramento del canale attraverso il parco Trenno e il parco Pertini, interventi di bonifica nell'area inquinata di via Quarenghi, istituzione di una commissione per il controllo sull'andamento dei lavori con la partecipazione dei cittadini, apertura alla discussione sulle modifiche da adottare sul resto del tracciato.
Queste le varianti che l'amministrazione ha accettato dopo le trattative con i rappresentanti delle associazioni e dei comitati nati per fermare i cantieri e contestare l'opera, trattative approvate a larga maggioranza in un'assemblea pubblica.
È un risultato senza dubbio importante. Non era infatti assolutamente scontato che Expo, l'amministrazione  regionale e quella milanese rivedesse il progetto, dopo le nette prese di posizione a favore di  un'opera dichiarata necessaria ed inderogabile in quanto elemento distintivo del progetto a suo tempo presentato al BIE per l'assegnazione a Milano dell'esposizione. È certamente un fatto positivo che l'amministrazione comunale abbia accettato di sedersi a un tavolo e concordare le varianti da realizzare. Ma la vicenda della Via d'Acqua non è certo conclusa, sia perché restano altri nodi da sciogliere, sia perché si sono riaccese discussioni, opposizioni e reazioni su Expo e sulla partecipazione alla cosa pubblica. Riportiamo qui di seguito la mail di un cittadino del comitato “NOCANAL”, attivamente impegnato nella battaglia per fermare i lavori, che ci sembra particolarmente indicativa a questo riguardo.

“Grazie a tutti per lo sforzo profuso, che indubbiamente ha portato ad un risultato, e un grazie particolare ad Alessandro e Luca che da punti di vista diversi mi stanno insegnando qualcosa di nuovo.
Partiamo dal fatto che "Nocanal" è riuscito a dar fastidio a un colosso come EXPO, e questo non mi sembra cosa da poco.
Sono fiducioso del fatto che la protesta porter
à a qualche altro punto a favore, ma purtroppo non riesco ad essere così felice e non vi nascondo che mi sta attanagliando un senso di amarezza.
Credo che il comitato "Nocanal", il quartiere e ancora più in grande Milano, abbiano perso una buona chance di iniziare un vero cambiamento, partendo dalla messa in discussione delle “Vie d’acqua”, facendo capire alle istituzioni che il cittadino deve essere posizionato al centro del sistema e non seduto in tribuna da spettatore.
Ho provato a sognare in questi giorni che la protesta, per un canale inutile, devastante, costoso e nocivo, si allargasse a macchia d'olio tra la popolazione, non solo a parole, ma con atti concreti.
Speravo che le persone si identificassero in una protesta basata sul buon senso, che difende un territorio, ma soprattutto l'intelligenza umana.
Speravo in una nuova presa di coscienza delle persone e che montasse in una forte opposizione a certe decisioni prese con superficialità da chi comanda, senza un briciolo di buon senso e con una totale assenza di valore del "bene comune".
Speravo ieri sera di vedere tra le facc
e delle persone una reale voglia di cambiamento e non di appagamento per un risultato appena decente, che purtroppo nasconde sotto un parco, un tubo che probabilmente vedrà l’acqua per 6 mesi!
Però devo scontrarmi con la realtà e ammettere che probabilmente non siamo ancora pronti per un reale e radicale cambiamento di rotta, per via di una classe politica che ci ha abituati a contare poco o nulla, ma anche per un diffuso disinteresse e per tanta arrendevolezza.
Ieri sera ho proposto un referendum popolare per “destare” il popolo, per iniettare una dose di fiducia condividendo un risultato ottenuto e per far capire che se ci uniamo possiamo tutto.
Ho proposto il referendum per dare una lezione di democrazia alle istituzioni.
Ho proposto il referendum perché un’assemblea per quanto numerosa, non deve avere la presunzione di rappresentare un grande territorio e decine di migliaia di persone, altrimenti si accomuna a quella classe dirigente che tanto critichiamo perché non ci ascolta una volta ele
tta.
Concludo dicendo che continuerò le battaglie “Nocanal” e che rimango fiducioso perché “la speranza è l’ultima a morire”.
Gianluca Chimenti


Non sarei così pessimista nel ritenere scarsa l'adesione dei cittadini, considerato che sono state raccolte in pochi giorni 13.000 firme; certo i cittadini attivi erano un gruppo ristretto e sono questi pochi che  hanno sostenuto il maggior peso della protesta, organizzando le assemblee, le manifestazioni, la costante vigilanza sulle attività dei cantieri. D'altra parte non può che essere così, non sarebbe possibile organizzare alcunché senza un coordinamento da parte di alcuni, che si fanno carico di gestire la partecipazione nel rispetto dei pareri di tutti, liberamente espressi e fatti circolare, contenendo le inevitabili intemperanze e i tentativi di ingerenze da parte di chi cerca di assumere ruoli da protagonista. Credo sia a questo riguardo che Gianluca si riferisca quando dice di aver ricevuto un insegnamento, una lezione di democrazia.

L'amministrazione comunale ha dimostrato da parte sua disponibilità accogliendo in parte le richieste, ma resta innegabile un senso di amarezza, quando si deve constatare che non esiste alcuna partecipazione popolare alle scelte che riguardano direttamente l'ambiente in cui si vive, le scuole di cui si ha bisogno, i servizi pubblici essenziali di cui poter usufruire.
Si scopre che le priorità e le decisioni attuate da chi governa sono ribaltate totalmente rispetto ai bisogni e alle necessità, i cittadini vengono informati a cose fatte e a quel punto non può che scattare la protesta, la maggior parte delle volte destinata a rimanere sterile e ad alimentare un rifiuto sempre crescente verso chi si è assunto l'impegno di rappresentare innanzitutto gli interessi della popolazione che lo ha eletto.
Manca poi in generale qualsiasi assunzione di responsabilità da parte di chi ha assunto le decisioni, di chi ha operato le scelto e progettato le opere, quando se ne evidenzia il palese contrasto con la pubblica utilità e convenienza.
Manca l'intenzione di attuare una politica della partecipazione, chi ha ricevuto il mandato di rappresentanza decide in virtù del mandato ricevuto, preoccupandosi di non perdere consensi, ma non tiene in conto la partecipazione dei cittadini. Non si tratta di perdere autonomia e abdicare alle responsabilità e nemmeno di concertare qualcosa con i residenti, considerati una controparte, come succede quando si deve far fronte alle proteste, ma di avviare un confronto secondo metodi e processi partecipativi, ormai largamente studiati e sperimentati e di cui esiste una esauriente casistica anche in Italia, a portata di mano oggi con i mezzi di comunicazione di cui disponiamo.

Sono assolutamente convinto che la democrazia non può che venire dal basso e questa vicenda lo dimostra; i cittadini hanno saputo sinora condurre una protesta civile, democratica e propositiva. La protesta contro la Via d'Acqua è una richiesta di recupero dei valori della democrazia e la partecipazione dei cittadini è oggi una condizione irrinunciabile per questo recupero. Occorre anche che la domanda di partecipazione venga recepita dall'alto, diversamente non sarà possibile colmare il vuoto che separa la politica dalla gente, coniugare il progresso con il verde e gli alberi, le autostrade con le piste ciclabili, le scelte di chi decide con le necessità e le attese di chi in questo territorio vive e lavora.

Paolo Burgio


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