A chi è affidata la nostra salute?

Come è organizzato il Servizio Sanitario Regionale? Chi garantisce i Livelli Essenziali di Assistenza agli abitanti di questa zona? A chi chiedere risposte? ()
popolazione zona3
La tutela della salute, quale diritto fondamentale, riconosciuto dalla Carta Costituzionale all’. art 32, è stata affidata quasi completamente alle Regioni dal 2001.
Ma la Regione Lombardia, fin dal 1997, ha voluto dare un’impronta propria all’organizzazione del Servizio Sanitario Regionale. A differenza delle altre Regioni, la gestione delle risorse e di altre funzioni è stata affidata alle Agenzie Tutela Salute che acquistano dagli erogatori pubblici e privati (profit e no profit) le prestazioni.
Le strutture pubbliche (Ospedali, ambulatori, servizi territoriali ecc.) sono affidate alla direzione e al coordinamento a 27 aziende socio-sanitarie (ASST). A loro volta queste governano Ospedali e servizi territoriali.

Il ritorno dei distretti
Con la legge Moratti del 2022 sono stati resuscitati i Distretti. Questa struttura organizzativa era stata creata con la Legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, ma in Lombardia venne gradualmente declassata e svuotata di funzioni per lasciare libera manovra alle strutture private in galoppante ascesa e con la legge Maroni del 2015 il Distretto divenne un semplice ambito territoriale. Fatto sta che tutto il Comune di Milano era un solo Distretto che però non svolgeva nessun ruolo di coordinamento sanitario, ma solo di collegamento con i Comuni (nel nostro caso con il Comune di Milano) per l’organizzazione dei piani sociosanitari. Ora è stato resuscitato, ma ha avuto, a mio avviso, un avvio operativo un po’ ingessato.
La ASST Sacco Fatebenefratelli, già da due anni, ha costituito i quattro distretti di sua competenza, tra cui quello della zona 3. Se si chiede alla popolazione cosa sia, presumo che la stragrande maggioranza degli interpellati non lo conosca e non gli riconosca il ruolo di presidio principale della loro salute.

700.000 assistiti, un’unica ASST
In base alla legge e al famoso - agli addetti ai lavori – Decreto 77, il Distretto dovrebbe svolgere un ruolo strategico nella sanità territoriale, nel coordinamento dei medici di base, nell’integrazione dei vari livelli assistenziali ecc. In realtà le Regioni, non avendo avuto una disposizione precisa, hanno adottato modelli diversi assegnando al Distretto funzioni e poteri di vario grado. Dovrebbe – questa è la principale innovazione – governare la rete delle Case di Comunità, degli Ospedali di Comunità e delle Centrali Operative territoriali.
Nel Comune di Milano il distretto coincide con l’organizzazione comunale dei nove municipi. Quattro di questi sono governati dalla ASST Fatebenefratelli Sacco, precisamente 1,3,4,8 con circa 700.000 assistiti. Il cittadino curioso che volesse consultare il sito della ASST (https://www.asst-fbf-sacco.it/pages/distretti) avrebbe queste scarne informazioni:
Il Distretto è un’articolazione organizzativa funzionale della Azienda Sociosanitaria territoriale, che dipende gerarchicamente dalla Direzione Socio-Sanitaria. Il Direttore del Distretto, in raccordo con l’Agenzia di Tutela della Salute, supporta la Direzione Strategica al fine fornire l’analisi del bisogno e dell’offerta socio-sanitaria del territorio di competenza e di conseguenza orientare la programmazione dell’offerta di servizi. Il Distretto svolge il ruolo di gestione dei servizi di erogazione diretta e di coordinamento funzionale della rete dei servizi territoriali; coopera alla realizzazione dell’integrazione tra le funzioni sanitarie e socio-sanitarie e quelle sociali erogate dal Comune, sentite anche le associazioni del volontariato del proprio territorio e i diversi portatori di interessi locali.

Punto di incontro tra la domanda di salute dei cittadini e l’offerta di cure.
La teoria …

Nell’opuscolo “Carta dei Servizi” del Polo Territoriale si legge: "Le attività distrettuali hanno nel loro insieme la finalità di assicurare alla popolazione assistita le prestazioni garantite dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) indicati dai piani sanitari, dalla legislazione nazionale e regionale e sono volte a sostenere, nel rispetto della libera scelta del cittadino, i percorsi di continuità assistenziale conformi ai principi di uniformità, di governo dell’appropriatezza clinica per garantire ai cittadini accessibilità, equità ed omogeneità nella funzione dei servizi erogabili.
Il Distretto rappresenta quindi lo spazio organizzativo e punto di incontro tra la domanda di salute dei cittadini e offerta di cure. L’organizzazione distrettuale deve garantire: l’assistenza primaria, compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l’approccio multidisciplinare tra Medici di medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, servizi di Guardia Medica e presidi specialistici ambulatoriali;-l’erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria, in accordo con i Comunità;-l’erogazione dei servizi sociosanitari territoriali in forma diretta o indiretta. La legge regionale 22/2021, recependo anche le indicazioni connesse con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, al fine di rafforzare l’assistenza socio- sanitaria territoriale in termini di presa in carico e di continuità assistenziale, ha previsto, all’interno dei Distretti, l’avvio delle Case di Comunità, delle Centrali Operative Territoriali e degli Ospedali di Comunità. Case di Comunità (CDC)".


… e la pratica
Ci sono delle differenze. Soprattutto nella realtà vissuta dai cittadini. Vorrei anche sottolineare come un Distretto Milanese non abbia l’assemblea di distretto (con rappresentanti dei sindaci) come tutti gli altri distretti della Lombardia e d’Italia. Il Comune di Milano ha evitato ai rispettivi Municipi, paternalisticamente, di far svolgere questa funzione di rappresentanza dei cittadini. Non sembra che le forze politiche si siano strappate molte vesti per questo scippo, a cominciare dai Presidenti dei Municipi stessi.

Chi interpreta il bisogno di salute dei cittadini di questo Municipio?
Questa assenza della rappresentanza delle comunità municipali, viene ulteriormente accentuata dalla normativa regionale che prevede che l’Organismo Consultivo Distrettuale (ideato e creato solo in Lombardia) delle ASST, sia partecipato dai referenti dei Medici di Base e da selezionate associazioni del Terzo Settore. Alcuni cittadini di Peschiera Borromeo – ad esempio – potrebbero pensare di chiedere al proprio Comune d’intervenire nelle assemblee di distretto per segnalare disservizi o carenze dei Distretti o delle ASST competenti. Gli abitanti del nostro Municipio tre – mi domando – in questi anni di aumento dei problemi sanitari individuali e collettivi, si sono rivolti al Municipio per segnalare analoghe difficoltà?
La vicenda dell’unica Casa di Comunità assegnata alla Zona Tre è esemplare. Non conosco gli sviluppi, ma immagino che pochi sappiano qualcosa su quale sia o sarà l’assetto definitivo della/delle Casa di Comunità o degli Ospedali di Comunità. Quelle attivate sono ben lungi da corrispondere al modello previsto dal Decreto 77 che ne dettava le caratteristiche. Sembra una beffa chiamare queste “nuove” strutture di Comunità, quando a Milano i Municipi “interpreti” dei bisogni dei cittadini ed eletti dalla popolazione sono esclusi da ogni partecipazione o possibilità di influenzare le scelte gestionali delle ASST competenti.

Un problema ancor più complesso
Nel sistema sanitario lombardo la maggioranza delle prestazioni è erogata da strutture private (profit e non profit) che hanno fini differenti da quelle pubbliche governate direttamente o indirettamente dalla Regione. I cittadini diventano singoli consumatori il cui potere è solo quello di scegliere dove farsi curare. La durata delle liste di attesa poi, dissuade molti dal farsi curare o li induce a pagare la prestazione.
La Regione, tramite la ATS, ogni anno rinnova i contratti con la miriade di erogatori privati con pochi vincoli, in pratica dei budget non superabili dall’insieme delle prestazioni fatturate. Il tutto diventa un mercato, dove l’offerta (i vari erogatori) determinano chi e quando e quanto la domanda dei cittadini può essere soddisfatta.

Un allarme dal Mario Negri

In un recente convegno all’Istituto Mario Negri (giugno 2023) si è affermato: “Se la privatizzazione è utilizzata come meccanismo sistematicamente principale per la programmazione ed erogazione dei servizi essenziali, sanitari e non solo, il sistema non è compatibile con principi democratici. In primo luogo, si perde la accountability, il dovere di rispondere delle proprie scelte, di chi prende le decisioni. Maggiore è la privatizzazione, inoltre, minore è il controllo delle istituzioni pubbliche sull’esecuzione delle funzioni, decentralizzate e frammentate fino a sfuggire al controllo: anche perché la spinta per tagliare la spesa pubblica ostacola la presenza di personale addetto al controllo e alla supervisione. Lo stato così si depotenzia e perde accesso anche alle informazioni, che sono passate in misura sempre maggiore in mano ai privati”.

Rilevare i bisogni e programmare le risposte
La difesa della salute di tutti dovrebbe essere garantita in altro modo: con la prevenzione in primo luogo e con la programmazione dei servizi (pubblici e privati) in rapporto alla prevedibile domanda di cure stimabile con la rilevazione epidemiologica e dei determinanti sociali ed economici, meglio con la partecipazione attiva dei cittadini o dei loro rappresentanti eletti.
Nei prossimi articoli verranno riportati grafici dell’ATS - Citta Metropolitana Milano, illustranti dati demografici (per età, per sesso, per stati cronici di salute ecc.) del Distretto Zona 3 e qualche informazione dove i residenti della zona si recano - e in che misura - per ottenere le prestazioni ambulatoriali e i ricoveri.

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Re: A chi è affidata la nostra salute?
06/03/2024 Gerardo Ceriale
Grazie per la schematizzazione Aldo Gazzetti. E' proprio così (e ne parlavo anche col sig. Burgio): noi singole persone diventiamo sempre più singoli consumatori, che affrontano come tali (cioè da soli) le disfunzioni del servizio sanitario.
La forza della comunità, dell'affrontare insieme la situazione ci sfugge come possibilità, eppure esiste. Si chiama mutualità, cooperazione, associazionismo. Ma anche questa possibilità viene misconosciuta da alcuni nella convinzione che se i cittadini prendono parte attiva e civile, l'amministrazione pubblica è indotta a sfilarsi ancor di più dalle responsabilità. Insomma un circolo vizioso da cui non si esce se non con un improbabile sovvertimento delle istituzioni.
Nel frattempo, in attesa di questo rivolgimento, "la durata delle liste di attesa dissuade molti dal farsi curare o li induce a pagare la prestazione", con somma gioia di chi ci lucra.


 
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