Milano. Prove di democrazia

Beni comuni, patti di collaborazione, bilancio partecipativo, dibattito pubblico, convenzione dei cittadini, Piano Aria Clima… e infine un nuovo regolamento alla partecipazione che dovrebbe essere approvato entro questa consiliatura. Su questi temi, che cosa è stato fatto a Milano in questi anni? Ne parliamo con Lorenzo Lipparini, assessore alla Partecipazione. ()
lorenzetti
D. Si parla tanto di partecipazione, ma che cosa è, quali strumenti offre, come la si esercita... questo non è ancora così chiaro. In questi tempi di crisi delle forme di democrazia rappresentativa, gli istituti della partecipazione possono supplire alla disaffezione dei cittadini alla politica?
Credo che la partecipazione e gli strumenti della democrazia deliberativa potenzino i canali di espressione della volontà popolare nell'ambito dei processi decisionali.
Dall’esperienza fatta, lo scenario più efficace lo troviamo non quando scegliamo una strada o l’altra, ma quando combiniamo le diverse forme di ascolto e coinvolgimento dei cittadini insieme alle procedure e ai percorsi a cui siamo abituati della democrazia rappresentativa.
Ogni percorso di discussione e di decisione ha le sue caratteristiche e bisogna cercare il più possibile di calarlo nella realtà delle procedure e delle decisioni da prendere.
In questi anni abbiamo cercato di mettere a punto dei principi alti, dei punti di riferimento irrinunciabili e poi, di volta in volta, di trovare la maniera più efficace per metterli in pratica con la costruzione di strumenti e percorsi di partecipazione che mettessero insieme queste due esigenze.

D. Nel nuovo regolamento si parla di diritto alla partecipazione, vi si leggono riferimenti a precisi articoli della Costituzione… il regolamento assume quindi un valore molto più politico di una semplice norma amministrativa.
Un regolamento alla Partecipazione esisteva già nel passato ed era un regolamento procedurale. In questi anni abbiamo cercato di mettere a sistema le esperienze fatte cercando di raccogliere innanzitutto nella nostra modalità di azione amministrativa dei principi costituzionali sempre validi che devono trovare un riconoscimento effettivo nelle nostre pratiche: il principio di rappresentatività, di sovranità popolare, di sussidiarietà, di uguaglianza… tutti principi che devono trovare nelle modalità applicative le misure concrete che permettano di passare dall'essere degli enunciati a delle reali possibilità.
Per questo abbiamo inserito nel regolamento un preambolo ideale che deve guidare la modalità di fare amministrazione. È un po' il manifesto del nostro modo di intendere il rapporto con la cittadinanza. Sono principi generali: il principio di trasparenza, di conoscenza che è fondamentale per riuscire a costruire un dibattito pubblico consapevole, basato su evidenze, sui fatti che sempre più dovrebbero essere alla base delle decisioni, tanto degli organismi eletti come dei cittadini che partecipano.
Principio di inclusione. che significa anche lavorare per rimuovere tutte le barriere rispetto al tempo, agli strumenti , alle capacità per approcciare questi percorsi.
Principio di efficacia, creando momenti di confronto con regole, esiti, modalità certe, perché la partecipazione è un fatto anche di fiducia: ci si impiegano tempo, energie… e il cittadino lo fa se è sicuro che può servire a qualche cosa.

D. Dal punto di vista della consapevolezza e della fiducia nella partecipazione, come ha trovato Milano, sia a livello di cittadinanza sia della macchina amministrativa?
Milano è una città pronta, all’avanguardia. Lo è da diverso tempo, sia per quello che riguarda la maturità amministrativa sia per la preparazione, la determinazione, la competenza dei propri cittadini, organizzati o meno in forme di associazionismo che collaborano con l'Amministrazione.
A partire da questo, abbiamo cercato di costruire delle modalità basate innanzitutto sull'esperienza empirica: abbiamo fatto tanta pratica e cercato di imparare dalla pratica e dall'osservazione degli errori per costruire un modello che siamo stati in grado di presentare solo al termine dell'esperienza fatta. Ovviamente il Comune di Milano è grande, e la sensibilità su un tema così trasversale come la partecipazione non è omogeneo. Uno degli obiettivi che ci siamo dati è quello di essere uno strumento di servizio per le varie articolazioni del Comune, un lavoro che fosse anche “culturale” attraverso la creazione di casi e di esperienze che potessero essere esemplificative e simboliche di quello che volevamo ottenere.
Credo che questo sia uno dei risultati più grandi: la qualità dei percorsi fatti dimostra che si può costruire un ambiente di collaborazione fra l’amministrazione e i cittadini.

D. Bilancio partecipativo, patti di collaborazione… parliamone anche dal punto di vista dei numeri.
Il Bilancio Partecipativo è stato in grado di coinvolgere circa 30.000 cittadini che hanno presentato diverse centinaia di proposte, alla fine 50 sono state messe al voto e 12 sono oggi in fase di realizzazione. Un numero significativo soprattutto per la trasversalità perché abbiamo potuto creare un panel e uno studio scientifico su chi erano le persone che hanno scelto di partecipare riscontrando che erano in egual misura donne e uomini, di tutte le fasce di età. Su questo è stato fatto un grande lavoro, importante per lavorare proprio sull’inclusione. Ma soprattutto sulla qualità. Abbiamo riscontrato che con processi seri e ben strutturati si mobilitano le migliori energie a disposizione nella città, che hanno restituito ai nostri funzionari dei progetti di grandissimo livello riconosciuto da tutti, anche dai tecnici. Non solo l' esposizione di esigenze, ma già delle articolate soluzioni a quello di cui c’era bisogno.
Un’altra grande esperienza è quella dei patti di collaborazione, resi possibili dall’approvazione nel ’19 del regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni. Nel giro di poco più di un anno, ha coinvolto decine di soggetti organizzati e migliaia di cittadini e ha determinato la creazione di circa 60 Patti in tutta la città, tutti i quartieri, tutte le tipologie… relativi al verde, alla manutenzione degli spazi pubblici, alle case popolari, alla cultura, alle piazze tattiche… un processo che oggi è ancora in corso ed è in continua espansione.

D. Per questi Istituti, che evoluzione possiamo immaginare? Il bilancio partecipativo, per esempio, sarà sempre dedicato ad opere soprattutto di tipo urbanistico o potrebbe estendersi anche all'area dei servizi ? Possiamo aspettarci che venga previsto ogni ano? Ci sarà sempre una cifra del bilancio comunale stanziata per attività di partecipazione?
Una delle cose su cui abbiamo lavorato nella seconda edizione è stato cercare di saldare il processo di emersione dei bisogni dei cittadini al lavoro istituzionale, soprattutto del decentramento amministrativo dei Municipi perché fossero inseriti in un unico flusso di lavoro stabilendo una modalità che ha visto lavorare allo stesso tavolo i tecnici e i proponenti . Questa è una delle cose fondamentali che credo possano rimanere all'interno dei prossimi processi partecipativi perché abbiamo visto che rafforza notevolmente la qualità dei progetti, il loro recepimento.
Sulle tempistiche e le modalità per il futuro, credo che potremo prevedere dei bilanci partecipativi periodici, ma non con un orizzonte annuale perché non è annuale il ciclo di gestione delle opere pubbliche che hanno tempi notevolmente più dilatati rispetto alla velocità con cui noi siamo in grado di raccogliere le indicazioni da parte dei cittadini. Dobbiamo riuscire a far coincidere il ciclo del Piano Triennale delle Opere con quello dell'emersione dei bisogni. Quindi immagino dei bilanci partecipativi di mandato, triennali che arrivino a una cadenza che non ecceda la capacità di messa a terra dei progetto.
E credo che uno delle prospettive più interessanti sia proprio quella di evolvere anche una forma di allocazione delle risorse che vada oltre l'esperienza dei lavori pubblici e quindi delle opere. Ma che vada sulla questione dei servizi o quantomeno sulla gestione dell'amministrazione di queste stesse opere pubbliche che quasi sempre hanno bisogno di persone che le tengano in vita, che le mantengano e se ne servono effettivamente.

D. Milano in questa consiliatura ha visto il primo assessorato alla partecipazione. Credo che sia stato un grande merito di questa amministrazione averlo istituito. Esistono altre esperienze analoghe in Italia?
Ci sono altri comuni in Italia, soprattutto capoluoghi di provincia, che hanno avuto esperienze principalmente di bilanci partecipativi o momenti di ascolto della cittadinanza. In questi anni ho incontrato diversi colleghi che si occupano di partecipazione, ma quasi la materia è affiancata ad altre deleghe; non è mai partecipazione e basta.
Un assessorato alla partecipazione è invece una forma di dichiarazione programmatica e culturale, un messaggio che è stato molto utile sia all'interno dell'amministrazione che all'esterno, un aiuto per vedere nella partecipazione una risorsa e una modalità di lavoro strutturata e nelle pratiche che abbiamo sperimentato un modello che potrà ripetersi anche per altri.

D. Tutti gli istituti trattati dal regolamento prevedono che la partecipazione che venga attivata “a monte”, all’inizio di un percorso. Però a volte in un quartiere, in una comunità si aprono dei conflitti fra interessi diversi. Nel momento in cui ciò accade non deve forse essere l'assessorato alla partecipazione il momento centrale che possa gestire, sanare il conflitto, o identificare attraverso pratiche partecipative il bene superiore rispetto alle diverse esigenze dei diversi stakeholders?
Noi oggi abbiamo messo a punto metodologie, principi e modalità di lavoro che sono a disposizione di tutti: internamente delle singole aree e direzioni che oggi hanno delle modalità di riferimento per potersene servire, ma anche dei cittadini, specie di cittadini attivi organizzati, che vogliano attivando dal basso questi percorsi. Più che organizzare attivamente siamo pronti ad essere di supporto.
Ricordiamoci che noi eravamo già la possibilità di fare delibere di iniziativa popolare, petizioni, referendum popolari e negli ultimi decenni si contano sulle dita di una mano i momenti in cui queste cose sono state effettivamente attivate.
C'è la possibilità per i cittadini di essere protagonisti e oggi non c'è una sola maniera per farlo.
Però è importantissimo che ci siano dei soggetti attivatori consapevoli, specializzati nell'ambito della partecipazione, che sappiano come si fa e che sappiano come richiederla, come gestirla… perché il Comune di Milano ha bisogno di queste figure che sappiano catalizzare, organizzare idee o esigenze che non trovano un luogo.

D. Ho letto la petizione del comitato San Siro a proposito dello stadio, è stata accolta con procedura d'urgenza dalla UE. Non sapevo fosse stata inoltrata all'Unione Europea, e a Milano non è arrivata?
Di fatto la petizione che va al Parlamento europeo consiste in una riunione di una commissione consiliare che dibatte il tema. E di commissioni consiliari su questo argomento anche a Milano ne sono state fatte!
Il tema è sicuramente presente nel dibattito pubblico. Si tratta di trovare degli strumenti: penso a quello che abbiamo sperimentato sul progetto dei Navigli piuttosto che quello che stiamo mettendo a punto come istruttoria pubblica, per raccogliere tutte queste istanze in una vera procedura che possa essere tenuta in conto nel percorso approvativo autorizzativo.
Non dimentichiamo che la difficoltà in questo caso sta nell'interfacciarsi con un sistema di norme che non originano nel Comune, per lo stadio bisogna tener conto di leggi nazionali o regionali in cui il Comune deve riuscire a trovare un proprio momento e delle proprie modalità. Confido che riusciremo a proporre strumenti efficaci prima che si arrivi a un grado di maturazione che renda questa partecipazione tardiva.

D. Quando verrà pubblicato il nuovo regolamento? Abbiamo delle date certe?
La data di entrata in consiglio comunale non c’è ancora. Al momento è all'attenzione della Giunta che deve calendarizzarlo prima di avviare il percorso per andare in Consiglio. Io credo che la cosa possa avviarsi e concludersi entro la fine del mandato.

D. E se no?
Diciamo che tutto il lavoro svolto è agli atti: i testi sono stati già ponderati e preparati sulla base delle indicazioni e del contributo di tutti i settori del Comune, è un discorso sicuramente molto avanzato. Non va mai perso nulla. Penso al Regolamento per l'Amministrazione condivisa dei Beni Comuni che ho portato in consiglio comunale in questo mandato, ma si è basato sul lavoro che era stato fatto in quello precedente.

D. Parliamo di futuro. Ci sono i presupposti per confermare l'esistenza di un assessorato alla partecipazione in una prossima Giunta?
Una volta messi a punto il regolamento, le modalità e i principi, questi rimangono validi a prescindere dalla presenza di una struttura politica che li presidi. La sfida sarà piuttosto quella di trovare le professionalità interne o esterne all'amministrazione per dare concretezza a queste ipotesi perché le pubbliche amministrazioni in generale non hanno sviluppato al proprio interno le competenze in grado di gestire in toto questi processi. Bisognerà trovare dei partenariati con realtà territoriali con esperienza conclamata, soggetti attivatori, gestori, facilitatori, progettisti di percorsi partecipativi.

D. Che ruolo hanno i Municipi nel raccogliere le esigenze dal territorio e nell’attivare percorsi partecipativi?
In generale il tema del decentramento dovrà necessariamente evolvere. Oggi gli strumenti partecipativi sono a disposizione anche dei Municipi per realizzare consultazioni a livello locale. Resta, però, il tema delle competenze e delle funzioni delegate ai Municipi che dovranno vedere un riconoscimento, un’evoluzione. Da un lato la Città Metropolitana dovrà avere sempre più competenze sulle tematiche di area vasta dalla mobilità ai rifiuti alla gestione ambientale del ciclo delle acque piuttosto che dell'aria; dall'altro bisogna saper delegare verso il basso le questioni di interesse locale e di quartiere. In questo servirà appunto trovare una maniera efficiente di suddivisione delle competenze e anche di gestione dei percorsi.
Esistono regolamenti di partecipazione anche a livello di Città Metropolitana e pratiche che possono essere realizzate a livello municipale. Ecco se ci fosse un contest di riferimento integrato, anche la partecipazione potrebbe avere il giusto livello e il giusto interlocutore a seconda delle tematiche. Ma bisognerebbe fare veramente una nuova stagione di discussione e di ripensamento dell'organizzazione di governo.

D. Immaginiamo che nella prossima Giunta sia comunque previsto un assessorato alla partecipazione. Supponiamo che lei ne sia nuovamente a capo. Quali obiettivi si porrebbe?
Sicuramente di strutturare e implementare una struttura amministrativa in grado di promuovere e gestire queste pratiche in modo trasversale internamente e anche con le sue proiezioni di collaborazione tra gli enti metropolitani e municipali.

D. Un’esperienza di cui non abbiamo ancora parlato è il Piano Aria Clima. Una tematica strategica, di ampio respiro.
Prima, quando raccontavo della necessità secondo me di riuscire a dare un ruolo alla democrazia rappresentativa e alla democrazia deliberativa e ai tanti strumenti a disposizione... credo che il PAC possa essere un esempio valido.
Il tema è particolarmente rilevante e lo merita, abbiamo messo insieme un percorso molto articolato che è partito con un sondaggio, è proseguito con i tavoli degli esperti che coinvolgevano i Municipi, un percorso di coinvolgimento delle rappresentanze studentesche di tutti le scuole superiori di Milano e provincia, e una lettura pubblica con confronto sulla piattaforma partecipativa digitale. Infine, in questi giorni, a questi strumenti, si è aggiunto anche il tavolo dei cittadini estratti a sorte che dibattono.
Il risultato sarà la somma di tutti questi contributi e di tutte queste tecniche che hanno già visto diverse commissioni consiliari e che avranno il punto finale nella discussione in Consiglio Comunale dove i rappresentanti dei cittadini alla fine tireranno le fila di tutti gli input raccolti che saranno loro trasmessi.

I numeri finora sono assolutamente soddisfacenti: abbiamo avuto 7.500 risposte al questionario, centinaia di soggetti organizzati hanno partecipato ai tavoli, migliaia di persone hanno seguito gli incontri nei Municipi e oggi abbiamo già decine di osservazioni che sono arrivate sulla piattaforma.
C'è ancora tempo fino al 25 febbraio per pubblicare le proprie osservazioni che poi saranno analizzate nella loro fattibilità tecnico economica, controdedotte e approderanno in Consiglio comunale. I numeri finali sono la somma di tutte queste cose.
Il mio sforzo è quello di far conoscere ai cittadini questa possibilità, di suscitare l'interesse all'esercizio dei propri diritti di partecipazione, in modo che tutti abbiano l'occasione di dire la propria. E devo dire che si è sviluppato un dibattito intorno al tema che continuerà anche nella fase di attuazione. È un piano che oggi muove i primi passi, ma che avrà davanti a sé anni e anni per la trasformazione degli obiettivi e dei principi in azioni concrete perché è previsto che vengano istituzionalizzati dei meccanismi di confronto, che la stessa assemblea dei cittadini estratti a sorte possa continuare la propria attività.

D. Sull’esempio francese della convenzione sul clima di Macron?
Sì, loro hanno ingaggiato 150 cittadini in tutta la Francia, noi 50 in tutta Milano. Ed è stata la prima volta che siamo riusciti a coinvolgere in maniera efficace anche una serie di cittadini di origine straniera.
Devo dire che la prima riunione di questo tavolo, il 30 gennaio scorso, è stato un momento molto motivante, anche emotivamente. E molto interessante, perché ha messo in luce le tante tipologie di milanesi che vivono in città, ognuno col proprio punto di vista, tutti però con l'interesse a contribuire, a restituire a questa città che ha dato loro tanto.

D. Forse la convenzione è uno degli Istituti che più di ogni altro riesce a superare il problema della marginalità di fasce di popolazione tendenzialmente difficili da coinvolgere.
È assolutamente così. Quest’esperienza di Milano è una prima assoluta in Italia. Dovremo lavorare sui dati per capire se siamo riusciti davvero a dare voce a tutti… è sul campionamento, sulla capacità di costruire un panel effettivamente rappresentativo che si riesce a determinare una partecipazione di qualità.

D. Ci sono stati molti rifiuti?
Il tema delle persone che poi non accettano o che si fa fatica a raggiungere è comunque sempre presente. Una questione su cui ragionare. Ne abbiamo chiamato circa 4.000 per selezionarne 100. Quelle che rispondevano ai criteri della griglia di campionamento sono state una cinquantina.

D. Sulle esperienze fatte è stata avviata anche un’attività di misurazione? Verranno pubblicati questi dati?
Sì. Sul bilancio partecipativo è tutto già online. Sui patti di collaborazione abbiamo impostato una metodologia di campionamento per focus group che adesso cominceremo a somministrare a tutti i titolari dei patti di collaborazione per fare una raccolta dati. E poi c’è la piattaforma online per la partecipazione che è di per sé uno strumento anche di raccolta dati, perché da lì è molto facile stabilire quali sono le tematiche, capire come avviene l’interazione, misurarne l’efficacia…

D. Questa piattaforma è un’altra significativa eredità di questa consiliatura.
È una cosa a cui lavoravamo da un paio d’anni. È maturata, come tanti altri progetti digitali, proprio nel momento in cui non potevamo farne a meno.
Ma prima c’è stato un lavoro di mesi per valutare e selezionare le diverse opzioni. Abbiamo scelto questa piattaforma utilizzata anche a Barcellona perché questa città, come dimensioni e tipologia, ha molte analogie con Milano e poi perché Barcellona aveva sviluppato questo strumento sull’esperienza del Bilancio Partecipativo e del loro Piano Aria Clima, esattamente le esperienze che abbiamo noi…
Noi l’abbiamo inserita in un quadro di analisi più vasto, quello del terzo piano nazionale sull’Open Government, portato avanti insieme al governo. A livello nazionale, è stata tradotta in italiano e messa a disposizione delle consultazioni per i ministeri. Mentre a Milano abbiamo sfruttato parte del lavoro fatto e l’abbiamo integrato con le banche dei dati anagrafici e con le procedure preesistenti che si gestiscono a livello comunale: le petizioni, le delibere di iniziative popolare e tutta la prospettiva di raccolta firme online compresa l’autenticazione con lo SPID che il governo non aveva, ma che nel frattempo è stata riconosciuta come il nuovo standard da realizzare entro due anni.
Noi l’abbiamo già, perché l’abbiamo sviluppato nei due anni passati.

D. Quindi sul digitale abbiamo un modello già valido e sperimentato…
Esatto, possiamo essere di supporto per la sperimentazione anche in altre città. Certo, la piattaforma non sostituisce le precedenti pratiche “analogiche” di incontro, ma in questo momento è l’unico modo per dar loro continuità. Se da un lato conosciamo tutti i problemi delle barriere del digitale sulle competenze e sugli strumenti, dall’altro dà la possibilità di fruizione dei contenuti in modo asincrono e risolve anche problemi di luoghi, spazi idonei, organizzazione…
Certo, bisogna disegnare percorsi comprensibili e facili, pensati per chi li deve usare non solo per la rispondenza a norme e procedure interne. Luoghi accessibili e inclusivi a partire da come li disegniamo.

D. Infine, ancora un’ultima considerazione sull’attività di questi anni?
Io ringrazio il lavoro che è stato fatto in quest’ultimo anno.
Ho citato le esperienze che abbiamo fatto col dibattito pubblico, bilancio partecipativo, i patti di collaborazione, ma in realtà c’è stata anche tanta attività di confronto, di dibattito, di lavoro congiunto con quelle realtà territoriali, le università, gli esperti che ci hanno portato a selezionare le migliori pratiche in Italia lavorando con altri comuni italiani e con alcune associazioni a livello europeo, Eurocities per esempio, Barcellona e Parigi soprattutto.
I soggetti presenti in città sono di estrema qualità, proprio sul livello di consapevolezza e di dibattito su queste tematiche. L’evento che abbiamo fatto qualche sabato fa ne è stata la riprova. Abbiamo competenze sulla partecipazione digitale, competenze sulla democrazia deliberativa, su tutto il mondo della mediazione. Abbiamo attinto a piene mani da queste competenze.

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