Il Virus nelle Case di Cura

I negazionisti sostengono che il virus sia 'clinicamente scomparso' e minano così, oggi come ieri, tutti gli appelli alla prudenza. Dichiarazioni pericolose che creano sconcerto e tendono a minimizzare. Noi invece cerchiamo di capire che cosa è successo a Milano, e in particolare nelle RSA, le strutture più colpite dall’epidemia. Nel nostro Municipio 3 ce ne sono ben quattordici. ()
anziani
Ultimo della serie “ghe pensi mì”, il Prof. Alberto Zangrillo dallo schermo televisivo è apparso sicuro di sé, sprezzante verso il mondo intero e accusando di incapacità altri scienziati (di tutto il mondo e d’Italia). Lui, primario dell’anestesia dell’Ospedale San Raffaele (Commendatore due volte e Cavaliere della Repubblica), noto medico della salute di Berlusconi. Cosa ha detto? Che “il virus ora non c’è e se c’è provoca blandi disturbi”, che “è clinicamente inesistente, scomparso”. Afferma che coloro che hanno diffuso i dati in questi mesi sono pallottolieri se non terroristi, e che “l’allarme è ingiustificato” … “Credete a me e al Prof. Signorelli (sempre dell’Università San Raffaele) che ha dimostrato che i morti in Lombardia non sono molto diversi in quantità da quelli che sono avvenuti a New York”. Così, il Prof. ha preso la guida dei negazionisti, che fin dall’inizio hanno garantito della ridotta virulenza del virus e della sua non contagiosità. Tutti credenti dello slogan “fin che il virus va, lascialo andare” applicato da Trump e da Boris Johnson, con i risultati che tutti possono vedere.

Ma a Milano i casi aumentavano…
Già il 23 aprile Zangrillo aveva assicurato che oltre l’Adda il virus non avrebbe travalicato fino a Milano. In quei giorni Sala dovette ufficialmente chiedere a Fontana quanti erano i morti nel territorio milanese perché a tutt’oggi la giunta Fontana ha cercato in molti modi di non 'terrorizzare' la popolazione lombarda. Allora, nonostante le certezze zangrilline, i casi a Milano crescevano di giorno in giorno di 100-120 unità. In quella data i milanesi contagiati erano 7.788 ma era opinione degli scienziati che fossero molti di più, circa 12.000, perché il monitoraggio con i cosiddetti tamponi era incompleto e dunque il numero dei positivi era ampiamente sottostimato.
Oggi, primo giorno di giugno, i positivi milanesi “ufficiali” sono circa 10.000 (esattamente 9.796) mentre in provincia se ne contano 23.000. La buona notizia è che nell’ultima settimana di maggio, ogni giorno, sono diminuiti come anche i deceduti.
Vedremo se questo trend sarà confermato, dopo il 'liberi tutti', ma intanto si comincia a fare un bilancio di quello che è accaduto in questa provincia.


In ospedale, a casa o nelle RSA
La provincia milanese che conta il 30% degli abitanti ha avuto, finora, circa il 25% del totale dei decessi. (3976 su 16000). Ieri i positivi 'milanesi' in città erano circa 10.000 (esattamente 9796) a cui se ne devono aggiungere circa 13.000 in provincia. Per cui possiamo dire che l’area milanese è stata ben coinvolta dall’epidemia anche se meno di quelle bergamasche e bresciane o della Bassa, ma comunque non da sottovalutare o ignorare alla Zangrillo.
Non si sa quanti milanesi sono morti per il COVID-19. Non si sa, o meglio non ritengono di farcelo sapere (mica sono terroristi), quanti sono stati i decessi per
l’epidemia avvenuti in ospedale, a casa o, si sospetta in grande numero, nelle RSA. Sta di fatto che il virus ha avuto un impatto devastante: un po' più tra gli uomini, meno nei centri città, molto di più nelle periferie, ma soprattutto fra gli anziani.
Ma quali sono i numeri veri del contagio nelle RSA?

La strage degli innocenti
Un rapporto dell’Agenzia tutela della salute (ATS) dell’area metropolitana di Milano dà un quadro di quello che è successo nelle RSA del suo territorio dall’inizio di aprile al 6 maggio.
È un quadro parziale, ma è già sufficiente a dimostrare che le case di riposo sono state, in quel periodo e prima, uno dei focolai principali del contagio e purtroppo dei decessi.
Già da questa tabella si può vedere come ben pochi ospiti sono stati ricoverati in ospedale, solo un terzo in camera singola o in isolamento, e che ben il 32% è stato contagiato dal virus.
Anche questa tabella è illuminante: in assenza del contagio o se questo fosse stato contenuto i morti, nelle 159 RSA dell’area metropolitana, sarebbero stati 2515 in meno (dal 20 febbraio al 6 maggio 2020).

Infine, per cercare di capire come l’assenza o la carenza dei DPI (dispositivi di prevenzione individuali: mascherine, occhiali, schermi, ecc.) per ammalati e operatori possa essere stata una delle cause principali della diffusione del virus, ecco una tabella indicante quanti operatori si sono ammalati.

Nelle RSA del Municipio 3, 354 morti in poco più di due mesi
Per dare conto della realtà esistente nel Municipio 3, cerco di ricostruire cosa è successo nelle quattordici RSA che, salvo omissioni, vi hanno sede (qui accanto l'elenco).
Al 6 maggio, data della rilevazione ATS, gli ospiti rimasti erano 965, ma non si sa quanti fossero presenti il 20 febbraio o il 1 aprile, data di inizio della rilevazione.
Nelle RSA di questo municipio, i deceduti dal 20 febbraio al 6 maggio sono stati 354, di cui solo per 121 è stata esclusa qualsiasi relazione con il COVID-19. Ben 233 sono stati i decessi fra gli ospiti delle RSA elencate, avvenuti nella stessa casa di cura o in ospedale, addebitabili alle complicanze da virus. Mentre in due strutture non sono stati riscontrati decessi di questo tipo.
Infine, per quanto riguarda i circa mille addetti che operano in queste strutture, più di un terzo è stato riscontrato positivo e ha dovuto rimanere assente per cure o in quarantena obbligatoria.

Questo è il quadro che dovrebbe essere aggiornato a oggi, ma soprattutto reso pubblico e diffuso.
In Francia e in Europa quello che succede nelle RSA è pubblicato sui giornali, in quanto riconosciuti come luoghi particolarmente colpiti dalla pandemia, sia per lo stato di fragilità e co-morbilità, sia per l’età.
È l’odierna 'strage degli innocenti' che troppi stanno dimenticando, magari già assolvendo coloro che potevano contenere gli effetti nefasti.

Sicuramente bisognerà riflettere su come le RSA sono diventate così esposte alle infezioni e alle epidemie, e su come in questi cento giorni a molti cittadini ospiti è stato negato il diritto all’assistenza completa e alla prevenzione. Molti giovani e non solo diranno cinicamente “ma erano tutti vecchi e presto sarebbero morti”, non pensando che potevano avere molti anni davanti a sé, pronti ancora dare e a strappare sorrisi. Speriamo che tutto ciò non si ripeta.





Aggiornamento al 20 Maggio 2020

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Re: Il Virus nelle Case di Cura
04/06/2020 fabio
Ma quello che lei riporta su Zangrillo è falso! Chiunque può riascoltare su Rai3 quello che ha detto esattamente. Sta parlando della situazione al 31 maggio non nega affatto la terribile situazione precedente. Perché distorcere? Non le piace politicamente? Neppure a me ma non mi metto a deformare le dichiarazioni.


 
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