Rojava, un’esperienza di democrazia dal basso. Su questo tema un incontro in zona 3.

Nel Nord della Siria il popolo curdo sta realizzando una forma di democrazia rivoluzionaria di grande significato: il mese scorso si è svolto un incontro sul tema, organizzato al Circolo Concetto Marchesi. con testimonianze di militanti curde. ()
rojava la kobane dei rifugiati
Il tema del futuro del nuovo stato curdo che si sta formando nella zona chiamata Rojava a cavallo di Turchia, Iran, Iraq e Siria, dopo la vittoria dei curdi sullo Stato Islamico è stato l’oggetto dell’incontro del 16 marzo al Circolo Concetto Marchesi in Via Spallanzani. Organizzata da Punto Rosso, Laboratorio di Democrazia Partecipata di Lambrate, Fonti di Pace e l’Associazione dei Territorialisti, ha visto interventi oltre che di Stefania Battistini giornalista RAI1 autrice del video che ha introdotto l’ incontro, di Nursel Aydogan, curda, turca e socialista, deputata HDP, e di Tanrikulu Ozlem, responsabile dell’ufficio informazioni curdo in Italia.

Alla fine della prima guerra mondiale, i vincitori smembrarono il vecchio Impero Ottomano e riconfigurarono il Medio Oriente. A seguito dell’ artificiosa divisione tra gli stati nati dalla sparizione dell’Impero Ottomano, il Kurdistan, un vasto altopiano nel nord est della Mesopotamia, una nazione, non divenne uno Stato. Il destino riservato al popolo curdo fu quello di vivere come minoranza in Turchia, Siria, Iraq e Iran. Da allora i Curdi si sono visti negare i diritti culturali e umani fondamentali da parte di questi Stati, i cui regimi autoritari li hanno costantemente repressi. L’unica eccezione è il Governo regionale del Kurdistan in Iraq, il quale beneficia oggi di uno statuto autonomo.
Nel 1978 veniva fondato il PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan), un movimento armato di ispirazione marxista-leninista che ha iniziato a battersi per uno stato curdo indipendente in una guerra con la Turchia che dal 1984 dura ancora oggi.

Il fondatore e leader riconosciuto del PKK, Abdullah Ocalan fu arrestato nel 1999, processato a Istanbul e condannato all’ergastolo in isolamento perpetuo.
In prigione Ocalan iniziò a riconsiderare l’ideologia del PKK, prendendo le distanze dalla visione marxista e dalla lotta per uno stato curdo indipendente, anzi, ripudiando la concezione stessa di Stato in quanto espressione concreta del dominio e del patriarcato. Al contario i curdi dovevevano mirare all’autonomia all’interno dei territori in cui vivevano e lavoravano, democratizzandoli.

L’obiettivo era quello di costruire la democrazia e la parità di genere a partire da un approccio ecologico e da un’idea di democrazia concepita come un sistema strutturato dal basso verso l’alto, basato su assemblee cittadine e su consigli confederati composti da delegati sempre revocabili che avrebbero assicurato a ogni livello questo processo decisionale di base. Ocalan definì questa nuova ideologia “confederalismo democratico”, un concetto in gran parte ispirato al municipalismo libertario e all’ecologia sociale dell’americano Murray Bookchin.

E’ certo che la seconda metà degli anni Dieci passerà alla storia per ciò che sta accadendo in Medio Oriente dove, dopo aver respinto gli attacchi delle bande dell'Isis e resistendo alle aggressioni dell'esercito turco, la regione curda del Rojava si sta organizzando su basi completamente diverse rispetto a quanto è possibile osservare nel resto del pianeta. In questa zona, infatti, la democrazia è davvero un fenomeno partecipato dal basso nell'ambito di una società multietnica, l'attenzione ai temi ecologici riveste un ruolo di primo piano e la liberazione delle donne è un fatto che è diventato centrale, la partecipazione di tutti fin dal livello del piccolo villaggio, la“Comune”, il principio di pluralità e il rispetto della diversità (di genere, etnica, religiosa).
Gli abitanti del cantone rivoluzionario definiscono il nuovo sistema "confederalismo democratico", implementando le riflessioni del leader curdo Ocalan e rendendo concrete le politiche che altrove si limitano soltanto a parlare di libertà o di uguaglianza

Nella sua introduzione, Silvana Barbieri di Fonti di Pace, ha raccontato di come a Kobane, della cui tragedia si occupa da tempo , sia nato, grazie alla raccolta di finanziamenti, un orfanotrofio, dedicato a Alan, il bimbo curdo trovato morto sulla spiaggia di Smirne. Uno degli obiettivi del convegno era di raccoglier fondi per questo progetto.

L’incontro è iniziato con lo splendido video-reportage per RAI1 di Stefania Battistini “I sopravvissuti” andato in onda in febbraio : un reportage nel Nord della Siria e dell’Iraq attraverso i territori liberati da ISIS. Un viaggio nel Rojava che parte da Kobane, città simbolo della resistenza, che sta provando a ricostruirsi un futuro: qui i curdi, per primi hanno resistito , hanno combattuto e vinto contro lo Stato Islamico
Accanto ai cimiteri in queste città multietniche e multiconfessionali si tenta di creare un nuovo modello politico e di rappresentanza. Bisogna sminare, ricostruire case, scuole, ospedali, fognature,salvare il patrimonio culturale distrutto da ISIS. Organizzare la vita dei profughi dopo i bombardamenti turchi su Afrin, Gestire i prigionieri ISIS nelle carceri siriane. Ma c’è rabbia non rancore. Il filmato di Stefania Battistini ha ben inquadrato la situazione storico-politica in cui si sta muovendo il Rojava dalla fine della guerra, avviando la ricostruzione, soprattutto poltica in cui le donne hanno un ruolo preminente dopo averlo avuto nella guerra.

Potete vedere il video a questo link
http://creativemedia3.rai.it/podcastcdn/raiuno/Speciale_TG1/10104563_1800.mp4

Come racconta Stefania Battistini, il Rojava è una regione autonoma “de facto” nata durante la guerra civile quando nel 2016 curdi, arabi, assirie turkmeni proclamaronp la nascita , nei territori da loro controllati, della Federazione democratica del Rojava-Siria del Nord”. Mai riconosciuta dal regime siriano, i curdi l’hanno strenuamente difesa dagli attacchi di ISIS.

In questo straordinario fenomeno è apparso esaltante e rivoluzionario il ruolo delle donne, come ha sottolineato nel suo intervento Sergio De La Pierre,sociologo e animatore del Laboratorio di Democrazia Partecipata di Lambrate e tra gli organizzatori dell’incontro. “Il sole della vita” è la traduzione italiana del nome Rojin, il nome curdo di Tanrikulu Ozlem dell’Ufficio informazioni curdo in Italia che ha poi fatto l’intervento centrale dell’incontro, ha aggiunto De La Pierre. “Da lei mi aspetto di saperne di più sul rispetto della diversità di genere ma anche delle diversità etniche e religiose (non solo curdi donne e uomini ma anche arabi, armeni, turchi, turcomanni, circassi), il cui superamento è la principale caratteristica di questa nuova esperienza, insieme alla straordinaria attenzione all'ambiente” ha concluso De La Pierre.

Roberto Mapelli dell’Associazione Culturale Puntorosso, editore dei libri di Ocalan e altro organizzatore dell’evento, ha sottolineato come il confederalismo democratico del Rojava si presenti alternativo all’ eurocentrismo; nonostante in Europa si pensi che la democrazia è roba nostra i curdi ci stanno insegnando che la democrazia è cosa diversa, è una pratica di liberazione continua basata sulla liberazione della donna e sulla condivisione del potere tra etnie e religioni diverse.

Poi gli ospiti più attesi, anzi le ospiti. Nursel Aydogan (curda, turca e socialista, ex deputata HDP, partito politico che unisce forze filo-curde e forze di sinistra della Turchia, condannata a 105 anni di carcere, di cui 13 definitivi, ha ricordato che il confederalismo democratico proclamato in Turchia da Ocalan con sperimentazione in tutte le istituzioni locali e successo elettorale (fino a 13% nazionale e 80 deputati e blocco dell'ascesa di Erdogan, che ha reagito con arresti prima, e azioni militari dopo) ha istiuito cariche paritarie in tutte le istituzioni, con la costruzione di un governo dal basso che ha introdotto ricambio della classe dirigente e freschezza. Così una comunità ad alta capacità partecipativa difficilmente accetta imposizioni politiche. Ma l’idea base della nuova società è che "una società dove la donna non è libera, non potrà essere libera". Al tentativo tra il 2013 e il 2015 di estendere questa esperienza a tutto il territorio Erdogan ha risposto con i bombardamenti

Infine è intervenuta Tanrikulu Ozlem, responsabile dell’Ufficio informazioni curdo in Italia, nome di “battaglia” Rojin.
Pensiamo, ha detto, che il sistema democratico confederale possa essere un modello alternativo al sistema capitalistico. Costruire un sistema così richiede un’ampia consapevolezza da parte della gente e una organizzazione complessa. Per prima cosa sono stati creati rapidamente associazioni e comitati e le istituzioni come struttura amministrativa del sistema.
Il progetto consiste nella formazione di una mentalità comune in settori come istruzione, cultura, salute, economia e autodifesa ed è a lungo termine. Il confederalismo democratico non è un modello rigido, ma si evolve sulla base delle esperienze acquisite, richiede una mentalità flessibile che deve essere formata sull’educazione comune.
Era importante rappresentare equamente le donne e farle partecipare ai meccanismi decisionali. E’ sempre una donna insieme a un uomo a ricoprire una carica istituzionale in Rojava. Questo processo ha reso più consapevole la donna della propria forza e capacità di agire. Anche i giovanissimi possono fare un’ analisi politica e fare una proposta. Questo è un modello che fa nescere le idee.
È cambiata anche la mentalità a proposito di giustizia sociale: la società trova le soluzioni dei propri problemi familiari, sociali e personali attraverso metodi di dialogo, risolvendo in questo modo oltre l’80 per cento delle dispute.
La creazione di un livello operativo dove tutti i tipi di gruppi sociali e politici , comunità religiose, o tendenze intellettualipossono esprimersi direttamente in tutti i processi decisonali a livello locale può anche essere chiamata democrazia partecipativa.

Come dice ZERO CALCARE, il disegnatore di “fumetti” che è riuscito con il suo libro “Kobane calling” a rendere di massa una storia che in Italia non sarebbe stata conosciuta, “si pensa di non poter fare niente e invece le cose si possono cambiare.” “Ho visto scuole dove bambini curdi, assiri e arabi giocavano insieme. Ho visto paesini in cui dei casi di violenza domestica si occupa la casa delle donne. Ho visto che ogni carica istituzionale è in realtà una doppia carica, maschile e femminile, ognuna con lo stesso identico peso”.

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