Linee guida sulla partecipazione. Una riflessione

Fra le piccole realtà urbane è più facile sperimentare forme serie e consapevoli di apertura delle scelte alla popolazione attraverso processi di partecipazione strutturati. Queste esperienze possono essere la base per l’elaborazione delle future norme in materia. Il video del caso di Albino.
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AlbinoPiazza SGiuliano
Quando si devono pensare delle esperienze di “progettazione partecipata”in regione Lombardia si fa fatica a rintracciarne di significative. Dopo una fortunosa fiammata a inizio anni novanta, dovuta ad un concatenarsi di eventi (la conclusione della “prima repubblica”, la necessità di uscire dall’opacità di ruoli evidenziata dal caso di tangentopoli, l’innesto di nuove amministrazioni comunali guidate dai sindaci eletti direttamente dai cittadini e la riscoperta dell’accademia del coinvolgimento come uno strumento per dare – tra l’altro maggior efficacia alle politiche urbane) piano piano il tema della apertura dei processi decisionali ai “non esperti” (i cittadini portatori di un sapere “laico” proprio dei loro mondi di vita) è via via scemata. 
Anche il ruolo pro-attivo dei vari gruppi di ricerca che si erano formati a livello nazionale si è perso per strada. Il tutto a segnare un progressivo processo di “normalizzazione”.

Nel mentre però le politiche indotte dalla Comunità Europea ai singoli Stati esigevano sempre un ambito di condivisione delle scelte e una apertura al ruolo attivo della comunità anche nelle fasi gestionali; tra i vari esempi si possono citare i programmi LIFE o le esperienze delle Agenda21.

In qualche altra Regione, peraltro, si sono aperte delle vie per sostenere i processi di coinvolgimento “qualificati”; prima la Toscana e poi la Emilia-Romagna hanno deliberato leggi e stanziato fondi per dare impulso a questa pratica democratica.

In Lombardia lo spazio di riconoscimento di questa pratica lo si è trovato nella definizione della legge regionale n°12 del 2005, la norma che determina le modalità di stesura dei Piani di Governo del Territorio, i nuovi strumenti urbanistici comunali. 
La novità sta nella determinazione che il processo di coinvolgimento fosse anticipato rispetto al tempo delle osservazioni, prima della elaborazione delle scelte. Ma anche che una apertura del coinvolgimento (di soggetti locali, ma esperti) fosse presente anche nelle fasi di definizione della Valutazione Ambientale Strategica, lo strumento di valutazione degli effetti prodotti dall’attuazione delle scelte del piano. Tutta questo apparato sui processi di coinvolgimento della popolazione ha prodotto un sostanziale “niente” sia nella fase di determinazione delle scelte e ancor più, se possibile, nella predisposizione degli strumenti di controllo. Perché?

Innanzitutto perché si è lasciato credere agli amministratori locali (quasi sempre all’oscuro della materia) che la partecipazione potesse ricondursi alla distribuzione di un questionario o all’organizzazione di un’assemblea. E che questa pratica potesse essere gestita internamente, da qualche ufficio, così da risparmiare un po’ di risorse finanziarie. Un “fraintendimento” spesso sostenuto anche dai professionisti incaricati della stesura dello strumento urbanistico che per loro formazione e tradizione culturale sono quasi sempre propensi a costruire le scelte all’interno di stanze chiuse. Un fraintendimento generato anche dalla superficialità del legislatore che non ha inserito, ad esempio, l’obbligo per l’Ente Pubblico ad appoggiarsi a soggetti esperti e qualificati nella “progettazione partecipata” (una pecca che il comune di Milano, nell’attuale compagine amministrativa, sta cercando di ovviare nelle linee guida sulla partecipazione in fase di definizione).

Nonostante questo quadro sembra fatto apposta per non attivare processi di reale partecipazione, il sentore è che qualche Pubblica Amministrazione (vuoi più sensibile, vuoi più formata al tema) ha deciso di sperimentare forme serie e consapevoli di apertura delle scelte alla popolazione. 

In genere amministrazioni di piccole realtà, ove la “comunità” è più facilmente identificabile con il territorio amministrato. Attivando processi di partecipazione strutturati, gestiti da esperti, e con apertura anche alle fasi di attuazione. Il caso del PGT di Albino che qui mostro penso sia un caso interessante che possa dimostrare come “sarebbe potuto essere”; un caso da cui partire per raccogliere altre esperienze analoghe, su cui sviluppare una ricerca più dettagliata, per un’eventuale proposta di indirizzo delle future norme in materia. 


Passo dopo passo il percorso di progettazione partecipata ad Albino.

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