Una camminata a Lambrate

Lo scorso 6 Aprile, alcuni volontari del "Laboratorio di Democrazia Partecipata" hanno dato inizio a un percorso partecipativo con una camminata di quartiere a Lambrate. In questo articolo riportiamo, in sintesi, le informazioni raccolte "dai camminatori" e le loro riflessioni. Il prossimo passo consiste in un momento di riflessione comune fra intervistati e partecipanti al laboratorio: un incontro con aperitivo alle ore 19 di venerdì 10 Maggio, presso il circolo ACLI di Via Conte Rosso.
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Alla camminata hanno partecipato 11 persone (più il cineoperatore Simone), suddivise in due gruppi per i due percorsi predefiniti, i quali poi si suddivideranno ulteriormente nel corso della camminata.

Le persone contattate per i vari colloqui sono state 17 (cui va aggiunto Leonetto, l’artigiano della ciclofficina ascoltato giorni prima nel corso dell’intervista “di simulazione” nell’ambito del Laboratorio).

Per l’incontro di restituzione e definizione dei passi successivi, del prossimo 10 maggio alle ore 19, si sono dette interessate a partecipare 8 persone (tra le quali due conoscenti che alcuni intervistati dicono di voler invitare). Ma altre persone hanno detto di dover ancora decidere previo contatto (telefonico o via e-mail).

Clima generale della camminata
Dalle 10 alle 12,30 circa abbiamo girato per le zone prescelte, incontrando di solito buona disponibilità da parte delle persone, le quali mostravano un giudizio positivo sui propri quartieri e mini-zone, che sono risultate tre: la zona PRU col nuovo parco e la nuova piazza accanto al supermercato (visti molto positivamente), la zona che chiameremo “gentrificata del design”, vista con orgoglio e un certo senso di separatezza/privilegio rispetto al resto di Lambrate, e la zona della “vecchia Lambrate” attorno a via Conte Rosso, vista un po’ come il cuore antico del quartiere (si ricordano i 7.000 operai della Innocenti e la diffusa cultura operaia), in parte rimasto tale. Comunque nell’insieme non pare emergere un’immagine/identità “di Lambrate”, se non forse nel senso di una certa separatezza dal resto della città. C’è poi una valutazione in genere positiva sul verde.
Il clima di soddisfazione dei “camminatori” per l’esperienza fatta emerge soprattutto nel debriefing finale fatto alle ACLI.

I problemi emersi
• La disoccupazione diffusa, specie tra i giovani, è emersa in diversi colloqui come un problema angosciante, forse il più importante, e che potrebbe essere foriero di pericoli per la tenuta sociale e identitaria del quartiere;
• La sicurezza, pur in un contesto in cui alcuni dicono che “qui si vive bene”, viene percepita come diminuita rispetto al passato. Si lamentano diversi furti con destrezza in appartamenti (anche ai piani superiori), attribuiti, anche se non sempre e con qualche dubbio, ai rom del Rubattino, e in generale si sostiene che in questo quartiere “si vive bene di giorno ma non di sera”, oppure “bene nella bella stagione e male d’inverno”;
• Sulla viabilità sembra ci siano valutazioni contraddittorie: per alcuni ci sono difficoltà di collegamento col centro cittadino, per altri no (dipende dalla vicinanza o no dalla metropolitana?). Una persona sostiene la necessità di introdurre dei parcheggi di bike-Mi;
• Sui servizi non si rileva un giudizio negativo generalizzato, ma la richiesta di cose precise: c’è insufficienza di asili-nido, non ci sono cinema (ma viene vista positivamente la recente apertura di un teatro ai Martinitt), i supermercati hanno quasi eliminato la presenza di “negozi di base”, qualcuno chiede che il verde sia “diffuso”, mentre per le strutture di gioco nel nuovo parco nell’area PRU una mamma lamenta la mancanza di gestione pubblica (su questo ritorneremo);
• Quanto ai rapporti col Consiglio di zona, c’è una certa insofferenza per la “mancanza di informazioni”, anche relative alle feste nel quartiere (che sono invece numerose).

Il tema dell’“aggregazione”
Il tema era stato posto in rilievo come ipotesi preparatoria della camminata, e sicuramente la risposta è stata di interesse (anche se nelle note seguenti teniamo conto anche di osservazioni fatte dagli stessi “camminatori” che vivono a Lambrate).
In tutti e tre i sotto-quartieri visitati si può certo dire che esiste un certo senso di comunità, anche qualche volta a livello micro di caseggiato (un intervistato parla di “pizzate di condominio”). Specie per la zona Conte Rosso (che una volta era “la piazza del quartiere”) è forte il senso della memoria storica, vista come ancora presente ma da rivitalizzare specie per i giovani. Qui è positivo il giudizio sul circolo ACLI come luogo di incontro per anziani, e sulla parrocchia (per i bambini). Si sottolinea che, riguardo agli anziani, ci sono ben 3 case di riposo e 2 “Onoranze funebri”. Sempre in relazione alla sede ACLI, a un intervistato straniero è stata fatta presente l’opportunità offerta dal Corso di italiano per stranieri ivi aperto da poche mesi.

Quanto alla fascia sociale dei bambini, ci sono situazioni diverse nei tre sotto-quartieri: Conte Rosso è più “vecchio”, mentre i bambini hanno agevoli spazi verdi nella zona del nuovo parco nel quartiere PRU (luogo di incontro positivo anche per le mamme), e si parla di famiglie giovani con molti bambini nel quartiere Rubattino (dove tra l’altro esiste un “Comitato Rubattino” che sembra conosciuto e apprezzato, anche per i suoi rapporti col Consiglio di zona).

Più problematiche si presentano le fasce d’età degli “adulti” e soprattutto dei “giovani”: Il tema degli adulti, di cui si parla abbastanza poco nelle ricerche locali se non in relazione alle attività lavorative, alla mobilità e alle forme del loisir, sembra qui assumere rilevanza proprio in rapporto al tema dell’aggregazione. Probabilmente per la fine della “cultura operaia” e dei relativi centri di ritrovo, qualcuno dice che “per gli adulti sono rimasti solo i bar”, o magari l’Esselunga, mentre grande rilevanza assume la “bottega di Leonetto”: il cui titolare si sofferma a lungo, per illustrare come l’argomento della bicicletta che unisce tanti giovani e adulti non è solo un pretesto per creare quella che sembra una piccola comunità che rinasce nei diversi pomeriggi della settimana, ma anche l’oggetto simbolo attorno al quale discorrere di un nuovo modello di vita e di relazioni, fatte di lentezza, solidarietà, riflessione collettiva sul quartiere, sulla memoria e su stili di vita di cui si intravvedono le potenzialità per il futuro, proprio per il gusto dell’ideale e del “sogno” che emerge dall’incontro che abbiamo avuto con lui.

Ma è sui problemi dell’aggregazione giovanile che emergono, dagli intervistati giovani e dalle riflessioni di qualche “camminatore”, le indicazioni più importanti. Certo esistono società sportive (come i 400 ragazzi tra cui 22 “giovani” raccolti per attività sportive ai Martinitt) oppure – ma questo non è emerso nella “Camminata” – l’esperienza del Centro sociale Lambretta. Nel “Lambrate design district” (il quartiere “gentrificato” nelle vie Ventura e Massimiano) esiste una forte presenza giovanile ma qualcuno lamenta già l’assenza di locali o “bar carini” per giovani. Ma soprattutto è a questo punto che emerge il problema/opportunità più importante sul tema dell’aggregazione a Lambrate: gli enormi spazi delle ex fabbriche Lambretta/Innocenti/Faema, usate pochi giorni l’anno per il “Fuori Salone” e rimaste inutilizzate per il resto dell’anno.

Osservazioni dei “camminatori”
Qualcuno sottolinea il forte senso di identità del quartiere che emerge dalle persone contattate, un senso di comunità che, in un caso, è contraddetto dal ”bisogno di ritrovare l’anonimato della città”.
Patrizia dà grande rilievo al possibile uso “partecipato” degli spazi del Fuori Salone, mentre Franco ritiene importante approfondire le nostre conoscenze con interviste in profondità a tre testimoni privilegiati da lui indicati. Sergio e Franco, durante il colloquio con la mamma/avvocato sulla gestione dei giochi del nuovo parco, hanno suggerito un’ipotesi di progetto partecipato su quella stessa gestione. Attilia, infine, ha sottolineato come in generale negli intervistati manchi un atteggiamento propositivo di tipo “partecipativo”, ma prevalga quello di “dire ciò che non funziona e ciò che va bene”


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