In che stato di salute è la nostra sanità?

In Lombardia la privatizzazione ha creato progressivamente il declino del nostro welfare. Come è successo? Come ci si è arrivati? ()
salute sanità
Il 7 aprile sarà la giornata mondiale della salute. E come ogni anno, intorno a questa data, la rete europea La salute non si vende organizza in tutta Europa iniziative contro la commercializzazione della salute.
A Bruxelles si terrà una manifestazione con rappresentanti dei diversi Paesi europei che aderiscono alla rete con una conferenza stampa al Parlamento Europeo. In Lombardia Medicina Democratica e altre associazioni promuovono un sit-in nella mattinata del 5 aprile nelle vicinanze dell’ufficio della rappresentanza UE a Milano, (piazza Santa Maria delle Grazie - Cenacolo).

Ma che significa davvero commercializzazione della salute, e perché la privatizzazione ha creato un danno forse irreversibile al sistema sanitario nazionale?

Un “progresso” inarrestabile
Per privatizzazione della sanità intendiamo quella quota di prestazioni che sono fornite da strutture o professionisti privati, indipendentemente dal fatto che siano o meno convenzionati con la Regione. Dati alla mano è facilissimo dimostrare che l’avanzamento del privato nella nostra Regione viene da lontano, è massiccio e apparentemente inarrestabile.
Negli anni è aumentata progressivamente la quota del privato sia nelle prestazioni ambulatoriali che nei ricoveri, in particolar modi quelli di area chirurgica, più remunerativi, per non parlare dell’area riabilitativa e quella delle RSA in cui le strutture private hanno praticamente il monopolio.

“Che differenza fa se è pubblico o privato? Basta sia rapido e gratuito”
Prima di analizzare i meccanismi attraverso i quali le politiche della giunta lombarda hanno spianato la strada a un ingresso così prepotente del privato c'è la necessità, a mio avviso, di puntualizzare il perché questa crescita del privato sia deleteria. Perché uno potrebbe dire: ho bisogno di fare questo esame, questa visita, che differenza fa se vado a farla in una struttura pubblica o privata? Importante è che sia eseguita bene in tempi ragionevoli rispetto alle mie necessità cliniche di quel preciso momento.
Il ragionamento non fa una piega se pensiamo alla salute come fatto individuale e non in termini di collettività.

Una pioggia di autocertificazioni
Forse un simile ragionamento potrebbe ancora essere accettato se a guidare le scelte di politica sanitaria fosse la salute dei cittadini ma qualcuno oggi pensa che sia davvero così? Sono stati fatti accreditamenti a pioggia, sulla base di semplici autocertificazioni, e soprattutto si è permesso di investire là dove il ritorno economico fosse più conveniente. Ed è mancata una pianificazione sulla base dei bisogni di salute. Ci siamo ritrovati in pochi anni con un numero di cardiochirurgie in Lombardia pari quasi a quelle di tutta la Francia.

Il privato ha, per definizione, la necessità di fare profitto, vuol dire che una parte consistente della spesa pubblica finirà nelle tasche di qualcuno senza essere reinvestita. I soldi così sottratti ai servizi pubblici hanno portato e continuano a portare a un impoverimento generale dell’offerta pubblica, a tagli di personale e servizi, a un mancato rinnovamento tecnologico.

Nel ’97 il nostro SSN era al secondo posto nel mondo
L’estate scorsa ho fatto una vacanzina in Finlandia e, prendendo un po’ di informazioni su quel Paese ho trovato alcune cose interessanti. “Le scuole private non sono proibite in Finlandia ma lo stato non le finanzia” e chi tra voi si occupa un po’ di sistemi scolastici sa che gli alunni finlandesi sono ai primi posti in quasi tutte le materie nelle classifiche mondiali.
Anche il servizio sanitario italiano in passato godeva di un’ottima posizione: l’OMS nel 1997 collocava il nostro Servizio Sanitario Nazionale al secondo posto nel mondo dopo quello francese. E il privato aveva ancora un ruolo se non proprio marginale almeno di secondo piano.

Una presunta libertà di scelta
In Lombardia, con le prime giunte Formigoni nel 1994, la Regione ha smesso di gestire la sanità con i propri servizi e personale, trasformandosi da erogatore diretto in ufficiale pagatore. Ho bisogno di queste prestazioni, non importa se chi me le fornisce è un ente pubblico o un consorzio privato. La strada era stata spianata a livello nazionale con la trasformazione delle USSL in Aziende (1992) e poi con l’introduzione dei DRG (1994).
Poi definitivamente legittimata con la modifica dell’Articolo V della Costituzione (2001)

“propaganda” e leggi ad hoc
Per scardinare un servizio ancora efficiente si è agito su due fronti: da un lato screditamento del pubblico, attraverso i canali di informazione che contrapponessero ad arte le inefficienze della sanità pubblica alle meraviglie di quella privata: performante, rapida, efficiente, dall’altro, interventi legislativi che mettessero appunto sullo stesso piano di diritto strutture pubbliche e private, lanciando l’idea di una concorrenza che in realtà era truccata fin dall’inizio.

La falsa concorrenza
Meno finanziamenti al pubblico hanno significato tagli del personale, blocco delle assunzioni, mancato turn over dei lavoratori, tagli soprattutto ai servizi e alla prevenzione, mancato o ridotto ammodernamento delle tecnologie. Tutto ciò accompagnato da tutta una serie di passaggi legislativi, sostituendo mano a mano quel poco di programmazione che restava (il piano sanitario regionale) con le delibere delle regole, in realtà improntate alla massima deregulation.
Dopo 30 anni di giunte di destra in Lombardia non possiamo provare meraviglia per quello che sta succedendo, né chiederci cosa dovrà succedere ancora.

Dalla Regione solo burocrazia
Io non sono della linea di pensiero di quelli (per esempio la Fondazione Gimbe), che paventano un imminente collasso del SSN, quello che doveva succedere è successo: è quello che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. E andrà avanti così, credo senza scossoni particolari.

La quasi totalità del privato in Lombardia oggi si sostiene principalmente coi soldi pubblici, e li sta prendendo, come e quanti vuole. Non c’è motivo di cambiare. Continuerà questo percorso con strutture private sempre più presenti e pervasive, con il servizio pubblico sempre più indebolito, con poco personale demotivato. La guida regionale a questo serve: a mantenere un sistema informatico che non ha senso, che è fatto per non funzionare, per inceppare scientificamente il lavoro degli operatori, perché altrimenti non si spiega perché questi dirigenti, che sono l’emblema dell’inefficienza, siano ancora al loro posto; a inventare una burocrazia soffocante e inutile, per demotivare anche coloro che credono ancora in quello che fanno.

... e poi c’è il privato-privato
L’altra tendenza che oggi vediamo è la crescita del privato privato, quello che fa a meno anche delle convenzioni col SSN (che cmq non si negano a nessuno) e che, tramite il sistema assicurativo, sta prosperando. Oramai vediamo aprire un centro medico privato ad ogni angolo. (Auxologico, Santagostino, San Raffaele ecc.)
Attenzione! Gli sgravi fiscali delle polizze assicurative costano al Paese ogni anno 714 milioni di euro.

Insomma, per capire bene come funziona il privato, bisogna andare a spulciare un po' di carte e allora si scopre come siano economicamente potenti i gruppi privati e imponenti i processi di internazionalizzazione e come di fatto ci sia tantissima finanza, tantissima politica e poca sanità. La prossima settimana proveremo ad approfondire il tema.

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