In che mani è il destino della città?
Il Comune invita i cittadini a condividere la responsabilità della gestione del territorio e dei servizi. Una confusione di ruoli priva di logica.
(Paolo Burgio)16/10/2024
Durante il Forum della Partecipazione il Comune ha lanciato il bando intitolato Milano Attiva per invitare “i cittadini milanesi a cooperare attivamente nella cura, gestione e valorizzazione dei beni comuni promuovendo una partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica e una condivisione di responsabilità nella gestione del territorio e dei servizi”.
Tutto bene, ma come si fa a condividere una responsabilità nella gestione del territorio e dei servizi tra amministratori e amministrati? Un detto milanese non dice: ofelé fa el tò mesté! Ciascuno faccia la sua parte senza confondere i ruoli.
La gestione della cosa pubblica è dovere dell’amministrazione in modo trasparente, aperto al confronto con la cittadinanza, con tutte le parti sociali, le realtà imprenditoriali ed intellettuali che partecipano e vivono la comunità apportando ogni possibile contributo alla realizzazione del bene comune nel rispetto delle rispettive competenze e possibilità.
Ben venga un’apertura all’accoglimento delle richieste e delle esigenze della cittadinanza, ma è evidente che sta all’amministrazione definire, attuare e gestire le attività e gli interventi che risulteranno più urgenti e prioritari per soddisfare i bisogni e le aspettative della comunità.
Che senso ha proporre patti di collaborazione tra i cittadini e l’Amministrazione per individuare insieme beni comuni materiali o immateriali e stabilire insieme obiettivi e modalità con cui prendersene cura, gestirli e valorizzarli? Si vuole scaricare l’amministrazione dalle proprie responsabilità, confondere i ruoli e mistificare il rapporto tra chi ha il dovere di amministrare rispondendo del proprio operato agli amministrati?
E’ un’ottima cosa che il Comune si renda disponibile a sostenere le associazioni e i gruppi esistenti sul territorio per promuovere eventi culturali, attività sportive e ricreative, per sostenere le fasce di popolazione disagiate e dare supporto all’integrazione di emarginati e stranieri, senza però sottrarsi al mandato ricevuto, quello di governare e attuare il programma di governo presentato agli elettori.
Esiste una larga parte di cittadinanza attiva che si sente derisa, per non dire presa in giro, da un’amministrazione che non risponde o ignora le tante istanze sollevate in difesa del paesaggio, dell'ambiente, del verde, che si trova a dover contrastare modelli urbanistici privi di sostenibilità ambientale e sociale, calati dall’alto, imposti senza alcun confronto pubblico, senza discussione con le parti sociali e le forze intellettuali che animano la città. Anzi gli interlocutori privilegiati alla luce dei fatti risultano gli ambienti finanziari e imprenditoriali interessati allo sfruttamento della città alla ricerca del profitto e non della vivibilità e del benessere civile, in mancanza di una regia pubblica capace di governare e indirizzare i processi di sviluppo urbano e civile. Notiamo la carenza, per non dire l’assenza, di progetti e di idee che un’amministrazione impegnata a valorizzare l’ambiente urbano ed a perseguire una miglior convivenza civile avrebbe il compito di promuovere; l’unico impegno chiaro ed evidente di questa amministrazione è stato rivolto alla rigenerazione urbana intesa come incremento volumetrico e cementificazione di ogni spazio sfruttabile.
Abbiamo il dubbio che nella mente dei politici locali e dei nostri amministratori l’invito a condividere le responsabilità di gestione del territorio diventi una scappatoia per evadere dalle proprie responsabilità invece che un impegno a promuovere la collaborazione con i cittadini, una manovra per rinunciare ad offrire nel migliore dei modi i servizi che l’amministrazione è tenuta ad assicurare alla popolazione.
La Costituzione attribuisce innanzitutto alle amministrazioni locali questi compiti, riconoscendo la possibilità che i cittadini, le associazioni, i privati possano prestare la loro opera per contribuire a finalità di valenza sociale, senza per ciò surrogare l’ente istituzionale preposto al perseguimento di tali compiti. Il principio di sussidiarietà orizzontale non può certo esimere l’amministrazione dalla cura del territorio e dell'ambiente, dalla gestione dei servizi sociali con tutto l’impegno e le risorse reperibili per assicurare il bene comune.
In realtà l’amministrazione comunale non ha mai dimostrato e non dimostra di avere alcuna seria intenzione di aprire confronti e discussioni sulle proprie scelte e decisioni in questioni fondamentali che riguardano la comunità, ossia traffico, casa, verde, salute, scuole, insomma tutto ciò che determina la qualità del vivere cittadino. Di fronte alle legittime richieste di quanti ritengono lesi i propri diritti nega l’accesso agli atti, ricorre al TAR, querela i giornalisti che sollevano critiche, viene indagata dalla magistratura per non aver rispettato le normative nazionali in materia urbanistica e ne sollecita poi la revisione a proprio favore. Non sono certo esempi di trasparenza e apertura alla collaborazione con la cittadinanza. Prima di proporre patti non sarebbe il caso di rivedere la politica comunale nei rispetti della cittadinanza tutta, attiva e non attiva, delegare ai Municipi le questioni di rilevanza locale su cui aprire confronti e dibattiti, prima che si venga a conoscenza di quello che è stato deciso altrove.
Parlare di processi partecipativi in cui coinvolgere i cittadini appare alquanto sospetto, se ci confrontiamo con la realtà.
Prima di aprire bandi per promuovere la partecipazione occorrerebbe dare qualche riposta alle istanze della Milano Attiva rimasta sinora sostanzialmente inascoltata e ignorata, altrimenti il dubbio che queste iniziative abbiano da un lato finalità propagandistiche, un po’ di marketing per dimostrare la buona volontà di un’amministrazione aperta alla collaborazione, e dall’altro una velata cessione di competenze ed oneri dal pubblico al privato.
Da anni assistiamo all’esplosione del Terzo Settore che, grazie al principio di sussidiarietà, ha raggiunto oggi una presenza preponderante nel settore dei servizi sociali, dell’assitenza, della sanità, dell’educazione, coprendo una larga serie di attività una volta di esclusiva competenza pubblica. Abbiamo l’impressione che la collaborazione tra il pubblico e il privato serva a coprire spesso il disimpegno dell’amministrazione pubblica a gestire e fornire attività e servizi affidandoli ad organizzazioni private, con tutte le conseguenze di ordine pratico, sociale ed etico che ne possono derivare. Non è certo il caso di trattare qui un argomento così vasto e complesso su cui sarebbe bene ragionare, viste le dimensioni e l’importanza che riveste per l’intera comunità, ma non dimentichiamo che su questo tema è necessario fare chiarezza per lasciare a cesare quel che è di cesare, senza ribaltare e confondere i ruoli tra lo Stato ed il cittadino.
Tutto bene, ma come si fa a condividere una responsabilità nella gestione del territorio e dei servizi tra amministratori e amministrati? Un detto milanese non dice: ofelé fa el tò mesté! Ciascuno faccia la sua parte senza confondere i ruoli.
La gestione della cosa pubblica è dovere dell’amministrazione in modo trasparente, aperto al confronto con la cittadinanza, con tutte le parti sociali, le realtà imprenditoriali ed intellettuali che partecipano e vivono la comunità apportando ogni possibile contributo alla realizzazione del bene comune nel rispetto delle rispettive competenze e possibilità.
Ben venga un’apertura all’accoglimento delle richieste e delle esigenze della cittadinanza, ma è evidente che sta all’amministrazione definire, attuare e gestire le attività e gli interventi che risulteranno più urgenti e prioritari per soddisfare i bisogni e le aspettative della comunità.
Che senso ha proporre patti di collaborazione tra i cittadini e l’Amministrazione per individuare insieme beni comuni materiali o immateriali e stabilire insieme obiettivi e modalità con cui prendersene cura, gestirli e valorizzarli? Si vuole scaricare l’amministrazione dalle proprie responsabilità, confondere i ruoli e mistificare il rapporto tra chi ha il dovere di amministrare rispondendo del proprio operato agli amministrati?
E’ un’ottima cosa che il Comune si renda disponibile a sostenere le associazioni e i gruppi esistenti sul territorio per promuovere eventi culturali, attività sportive e ricreative, per sostenere le fasce di popolazione disagiate e dare supporto all’integrazione di emarginati e stranieri, senza però sottrarsi al mandato ricevuto, quello di governare e attuare il programma di governo presentato agli elettori.
Esiste una larga parte di cittadinanza attiva che si sente derisa, per non dire presa in giro, da un’amministrazione che non risponde o ignora le tante istanze sollevate in difesa del paesaggio, dell'ambiente, del verde, che si trova a dover contrastare modelli urbanistici privi di sostenibilità ambientale e sociale, calati dall’alto, imposti senza alcun confronto pubblico, senza discussione con le parti sociali e le forze intellettuali che animano la città. Anzi gli interlocutori privilegiati alla luce dei fatti risultano gli ambienti finanziari e imprenditoriali interessati allo sfruttamento della città alla ricerca del profitto e non della vivibilità e del benessere civile, in mancanza di una regia pubblica capace di governare e indirizzare i processi di sviluppo urbano e civile. Notiamo la carenza, per non dire l’assenza, di progetti e di idee che un’amministrazione impegnata a valorizzare l’ambiente urbano ed a perseguire una miglior convivenza civile avrebbe il compito di promuovere; l’unico impegno chiaro ed evidente di questa amministrazione è stato rivolto alla rigenerazione urbana intesa come incremento volumetrico e cementificazione di ogni spazio sfruttabile.
Abbiamo il dubbio che nella mente dei politici locali e dei nostri amministratori l’invito a condividere le responsabilità di gestione del territorio diventi una scappatoia per evadere dalle proprie responsabilità invece che un impegno a promuovere la collaborazione con i cittadini, una manovra per rinunciare ad offrire nel migliore dei modi i servizi che l’amministrazione è tenuta ad assicurare alla popolazione.
La Costituzione attribuisce innanzitutto alle amministrazioni locali questi compiti, riconoscendo la possibilità che i cittadini, le associazioni, i privati possano prestare la loro opera per contribuire a finalità di valenza sociale, senza per ciò surrogare l’ente istituzionale preposto al perseguimento di tali compiti. Il principio di sussidiarietà orizzontale non può certo esimere l’amministrazione dalla cura del territorio e dell'ambiente, dalla gestione dei servizi sociali con tutto l’impegno e le risorse reperibili per assicurare il bene comune.
In realtà l’amministrazione comunale non ha mai dimostrato e non dimostra di avere alcuna seria intenzione di aprire confronti e discussioni sulle proprie scelte e decisioni in questioni fondamentali che riguardano la comunità, ossia traffico, casa, verde, salute, scuole, insomma tutto ciò che determina la qualità del vivere cittadino. Di fronte alle legittime richieste di quanti ritengono lesi i propri diritti nega l’accesso agli atti, ricorre al TAR, querela i giornalisti che sollevano critiche, viene indagata dalla magistratura per non aver rispettato le normative nazionali in materia urbanistica e ne sollecita poi la revisione a proprio favore. Non sono certo esempi di trasparenza e apertura alla collaborazione con la cittadinanza. Prima di proporre patti non sarebbe il caso di rivedere la politica comunale nei rispetti della cittadinanza tutta, attiva e non attiva, delegare ai Municipi le questioni di rilevanza locale su cui aprire confronti e dibattiti, prima che si venga a conoscenza di quello che è stato deciso altrove.
Parlare di processi partecipativi in cui coinvolgere i cittadini appare alquanto sospetto, se ci confrontiamo con la realtà.
Prima di aprire bandi per promuovere la partecipazione occorrerebbe dare qualche riposta alle istanze della Milano Attiva rimasta sinora sostanzialmente inascoltata e ignorata, altrimenti il dubbio che queste iniziative abbiano da un lato finalità propagandistiche, un po’ di marketing per dimostrare la buona volontà di un’amministrazione aperta alla collaborazione, e dall’altro una velata cessione di competenze ed oneri dal pubblico al privato.
Da anni assistiamo all’esplosione del Terzo Settore che, grazie al principio di sussidiarietà, ha raggiunto oggi una presenza preponderante nel settore dei servizi sociali, dell’assitenza, della sanità, dell’educazione, coprendo una larga serie di attività una volta di esclusiva competenza pubblica. Abbiamo l’impressione che la collaborazione tra il pubblico e il privato serva a coprire spesso il disimpegno dell’amministrazione pubblica a gestire e fornire attività e servizi affidandoli ad organizzazioni private, con tutte le conseguenze di ordine pratico, sociale ed etico che ne possono derivare. Non è certo il caso di trattare qui un argomento così vasto e complesso su cui sarebbe bene ragionare, viste le dimensioni e l’importanza che riveste per l’intera comunità, ma non dimentichiamo che su questo tema è necessario fare chiarezza per lasciare a cesare quel che è di cesare, senza ribaltare e confondere i ruoli tra lo Stato ed il cittadino.