Il cerchio della violenza
Un mondo imprigionato nella logica dello scontro tra bene e male, tra noi e loro, tra civiltà e barbarie senza prospettive di uscita dalla violenza.
(Paolo Burgio)11/10/2023
Abbiamo appena celebrato la settimana internazionale della nonviolenza, organizzato una conversazione sul tema con l'intento di proporre prospettive di pace in questa atmosfera di intolleranza e di odio che, dopo lo scoppio della guerra in Palestina, sta diventando sempre più pesante.
Mi domando che senso abbia avuto tutto ciò, discorrere di nonviolenza, di obiezione di coscienza, di ricerca della pace, mentre chi dovrebbe non ascolta.
Non bastando il conflitto in corso in Ucraina, se ne apre un altro, in cui l’obiettivo è colpire persone innocenti per rendere occhio per occhio, dente per dente e mettere sotto assedio una popolazione in stato di assedio da decenni.
I Paesi occidentali hanno assistito imperterriti all’occupazione del territorio palestinese ed ora sostengono le dichiarazioni di guerra senza discussione, mentre si compie l'ennesima strage degli innocenti.
E’ il crollo della credibilità della politica e delle elites al potere, da ambo le parti, occidente e oriente.
Per risolvere il conflitto in Palestina, come in Ucraina, in termini concreti e validi nel tempo, l’unica possibilità sta nel cambiamento, occorre una radicale conversione del pensiero dominante, rifiutare la contrapposizione occidente-oriente, amico-nemico, benessere individuale-benessere sociale, a cominciare da noi. Non siamo di fronte ad uno scontro di civiltà se siamo ingabbiati nella logica del predominio e della sconfitta del nemico e piuttosto che di civiltà si dovrebbe parlare di barbarie.
Il sistema che governa la società oggi è avviato su una strada che porta alla esaperazione della contrapposizione tra le parti, fa esplodere le disuguaglianze, dimentica le sofferenze delle popolazioni; viviamo in una società che aumenta a dismisura l’arsenale bellico per affermare la propria supremazia invece di cercare le vie per risolvere il conflitto, ristabilire la convivenza pacifica, uscire dal cerchio della violenza in cui si sta rinchiudendo.
Non vedo all’orizzonte segnali di cambiamento, servirebbe una metanoia politica; noi non vogliamo rinunciare a testimoniare dal basso il nostro rifiuto delle violenza, di questo stato di cose.
Mi domando che senso abbia avuto tutto ciò, discorrere di nonviolenza, di obiezione di coscienza, di ricerca della pace, mentre chi dovrebbe non ascolta.
Non bastando il conflitto in corso in Ucraina, se ne apre un altro, in cui l’obiettivo è colpire persone innocenti per rendere occhio per occhio, dente per dente e mettere sotto assedio una popolazione in stato di assedio da decenni.
I Paesi occidentali hanno assistito imperterriti all’occupazione del territorio palestinese ed ora sostengono le dichiarazioni di guerra senza discussione, mentre si compie l'ennesima strage degli innocenti.
E’ il crollo della credibilità della politica e delle elites al potere, da ambo le parti, occidente e oriente.
Per risolvere il conflitto in Palestina, come in Ucraina, in termini concreti e validi nel tempo, l’unica possibilità sta nel cambiamento, occorre una radicale conversione del pensiero dominante, rifiutare la contrapposizione occidente-oriente, amico-nemico, benessere individuale-benessere sociale, a cominciare da noi. Non siamo di fronte ad uno scontro di civiltà se siamo ingabbiati nella logica del predominio e della sconfitta del nemico e piuttosto che di civiltà si dovrebbe parlare di barbarie.
Il sistema che governa la società oggi è avviato su una strada che porta alla esaperazione della contrapposizione tra le parti, fa esplodere le disuguaglianze, dimentica le sofferenze delle popolazioni; viviamo in una società che aumenta a dismisura l’arsenale bellico per affermare la propria supremazia invece di cercare le vie per risolvere il conflitto, ristabilire la convivenza pacifica, uscire dal cerchio della violenza in cui si sta rinchiudendo.
Non vedo all’orizzonte segnali di cambiamento, servirebbe una metanoia politica; noi non vogliamo rinunciare a testimoniare dal basso il nostro rifiuto delle violenza, di questo stato di cose.