DIAMO I NUMERI????

Una programmazione socio-sanitaria a livello territoriale non può che essere basata sui bisogni di salute dei cittadini e sui dati epidemiologici; e, secondo le indicazioni del Ministero della Salute, deve essere realizzata in stretta collaborazione con Comuni e Municipi. Ma che dati abbiamo? ()
demografica
Qualcuno mi ha chiesto, conoscendo la mia perversa abitudine di raccogliere o trovare dati sanitari, se so trarre i dati della situazione sanitaria e demografica dei residenti della Zona Tre da qualche angolo degli archivi comunali o regionali.
La mia prima risposta, troppo fidando delle mie capacità e sopravalutando della solerzia del Municipio tre e del Comune di Milano, è stata “Ma basta guardare sui siti e sicuramente troverai tutti i dati che vuoi”.

L’interlocutore, curioso e insistente, mi ha sfidato a trovare in questi siti i dati demografici e altro. La sua finalità non era tanto sapere quanti abitanti ha il suo Municipio, quanti anziani, quanti bambini ma soprattutto conoscere se da qualche parte la Regione o l’ASST ha reso pubblici i dati relativi alle prestazioni ambulatoriali e dei ricoveri fruiti dai residenti.

Alla ricerca del dato perduto
Ho cominciato così il mio peregrinare alla ricerca degli agognati dati. Fiducioso delle istituzioni cittadine inizio ad aprire il sito del Municipio Tre. Trovo notizie e foto della Presidente e della Giunta, la lista dei Consiglieri con relativa appartenenza politica. L’elenco delle commissioni e la loro composizione. Vedo anche l’elenco delle sedute consiliari. Clicco speranzoso per vedere se esistono i verbali delle stesse. Non ci sono. Si trova solo l’ordine del giorno. Su Facebook municipale, non vedo tracce di convegni o studi sulla composizione demografica della cittadinanza o sullo stato di salute o di deprivazione sociale ed economica.
Perdo ogni speranza eppur mi ricordo che nello statuto dei Municipi di Milano tra le funzioni municipali proprie si dichiara: “l’attività di rilevazione e analisi dei bisogni della comunità rappresentata”. Sarà stata fatta e rinserrata nei cassetti di via Sansovino?

Continuo la ricerca e penso che una massa di dati possa essere trovata nel “IL PIANO DI SVILUPPO DEL WELFARE 2021-2023 DELLA CITTÀ DI MILANO”. Documento redatto dall’Assessore Bertolé e dai suoi uffici che dà un quadro della composizione demografica della cittadinanza residente, ma non dettagliato per Municipio. Dati di deprivazione sociale, di livelli di reddito, della situazione degli anziani e dei minori sono ben presentati e alcuni di questi per Municipio. Dati relativi allo stato di salute non mi sembra vengano riportati o nemmeno, penso, vengano richiesti alla Regione e rappresentati.
Però all’interno ci sono importanti dichiarazioni di principio.

Da: “1.4. Milano città della salute”
L’Amministrazione di Milano considera prioritario e fondamentale il benessere e la salute delle cittadine e dei cittadini. Orienta le azioni e gli sforzi per raggiungere il fine di una “Milano città Sana” sposando la definizione che la stessa OMS attribuisce al concetto di “città sana”: “una Città Sana non è quella che ha raggiunto un particolare stato di salute. Piuttosto, una città sana è consapevole dell’importanza fondamentale della salute e si sforza di migliorarla”.

…. “Si auspica, nel perimetro delle proprie competenze, di contribuire a colmare l’attuale squilibrio nel rapporto ospedale-territorio, con i presidi ospedalieri chiamati a gestire la medicina di prossimità, nella distorta logica “ospedalocentrica” al fine di favorire il corretto rapporto domanda/offerta finalizzato alla riduzione dei tempi di attesa per visite specialistiche e ricoveri”.

… “L’impegno di collaborazione inter-istituzionale, sarà efficace a condizione che anche Regione Lombardia e il livello nazionale convergano su alcuni obiettivi fondamentali per la salute dei cittadini milanesi:

- abbattere le liste di attesa per gli esami specialistici e i ricoveri
- aumentare il numero dei MMG e PLS anche incentivando concretamente l’aggregazione tra professionisti e auspicando provvedimenti che possano agevolare la scelta di collocazione dei MMG all’interno di quei quartieri particolarmente carenti di offerta di servizi sanitari di prossimità.
- sostenere la medicina territoriale in rete
- garantire la governance pubblica nell’area della sanità e del sociosanitario, modificando in maniera sostanziale la relazione con il privato accreditato”.


… “Pertanto, l’amministrazione comunale interloquisce e collabora con il Sistema Sanitario (ATS, ASST, Ospedali), con la Regione Lombardia e con il Ministero della Salute per promuovere la diffusione della Cultura alla Salute intesa in senso pieno, non come sola assenza di malattia, ma come la promozione e attuazione di azioni sistematiche volte al raggiungimento di valori positivi dei determinanti sociali della salute attraverso la diffusione di una cultura della prevenzione e della promozione di stili di vita sani con attività di divulgazione scientifica, alfabetizzazione sui temi della Salute, campagne di comunicazione, laboratori di partecipazione sul territorio, che tengano conto delle disuguaglianze socio-economiche nella popolazione e del digital divide”. (n.d.r. fra l’altro non si sa poi perché in un documento istituzionale italiano non si possa dire: divario digitale)

Cultura della salute e stili di vita
Che dire… i dati ci sono (n.d.r. demografici e reddituali) la programmazione anche, la collaborazione con il Sistema Sanitario, la Regione Lombardia e il Ministero pure. Mancano, però, i dati del raggiungimento di valori positivi dei determinanti sociali della salute. Ma attenzione, questi saranno raggiunti con la diffusione della cultura della salute e la promozione di stili di vita sani ecc.
Insomma: la responsabilità alla fine è individualizzata, non dipende da politiche attive e da interventi coordinati di sviluppo della sanità pubblica.

E Bertolè è d’accordo.
Nel documento dichiara: “Per la definizione delle competenze comunali in tema di salute occorre partire dalla consapevolezza, mai troppo sufficientemente richiamata, che il Comune è il contesto in cui più si ricompongono gli andamenti degli indicatori afferenti ai determinanti sociali della salute. È ormai consolidato nel mondo scientifico e della prassi progettuale e di pianificazione sociale il dato che la salute non è solo assenza di malattia. Anzi, la qualità del sistema dell’assistenza sanitaria (che è uno dei determinanti sociali) è solo un elemento nella determinazione della qualità della salute. Da questo assunto si comprende come l’integrazione socio-sanitaria rappresenti un driver importante insieme alla equità di accesso per la qualità della salute di una popolazione”.

L’ASST per coordinare la medicina territoriale
Rassicurato da questi propositi, quasi scolpiti nella pietra a memoria della prossima progenia, non ho ancora soddisfatta la mia “insana” ricerca di qualche dato che segnali l’aumento del valore della salute nella cittadinanza.
Allora riprendo il cammino virtuale e consulto il sito della ASST Fatebenefratelli Sacco.
Per chi non lo sapesse, l’ASST è l’Ente pubblico che garantisce i livelli di assistenza sanitaria ai sensi della legge regionale 33. Dirige gli Ospedali (Fatebenefratelli, Sacco, Buzzi e Macedonio Melloni), i consultori e i servizi territoriali sanitari e amministrativi ecc. Dovrebbe coordinare la medicina territoriale nella sua articolazione ed erogazione da parte dei Medici di Medicina Generale e gli Enti privati deputati all’assistenza domiciliare integrata.

Una sola ASST per 750.000 utenti
La sua competenza territoriale venne fissata nel 2015 affidandole il territorio cittadino corrispondente alle zone tre, quattro e sette, unendo ospedali abbastanza distanti e geograficamente ai lati opposti della città. Gli strateghi regionali ebbero questa brillante idea che sembra fatta apposta per non permettere l’integrazione. Il potere della ASST è tutto in mano al Direttore Generale che risponde direttamente all’Assessore al Welfare regionale e anche all’ATS Citta Metropolitana.
Questa ASST ha circa 750.000 cittadini affidati alle sue cure, mentre l’ATS ne governa 3,5 milioni.
Le ASST dovrebbe governare il territorio tramite i Distretti e, quando saranno operative, dirigeranno le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità.
Il rapporto con i Municipi non esiste, a parte qualche assemblea informativa, anche perché il rapporto istituzionale tra ASST e Municipi è tutto delegato all’Assessorato del Comune di Milano.

Dal sito dell’ASST nessun dato epidemiologico
Nel sito dell’ASST FBF Sacco non si trova nessun dato epidemiologico della popolazione assistibile, magari distinto per Municipio e classe d’età, valori di salute raggiunti. Sono in evidenza tutte le indicazioni su come accedere ai servizi o alle provvidenze specifiche (cronici, disabilità ecc.).
Ci sono anche i tempi medi di attesa. Solo per fare qualche esempio al Fatebenefratelli (PS oftalmico cittadino) e al Sacco per una visita oculistica bisogna aspettare 154 giorni (valore medio). Non manca l’elenco dei medici che esercitano la libera professione all’interno dei rispettivi ospedali o poliambulatori con relative tariffe. (€130-300).

Dalla Regione solo dati sulla “produzione”
Per finire il mio vagabondare virtuale mancherebbe da consultare i data base della Regione e del Ministero. La prima ha una banca dati che elenca le prestazioni che vengono fatte dai vari erogatori pubblici e privati in un determinato periodo. Non in base alla popolazione assistita ossia quante prestazioni a persona. Viene rappresentata la “produzione”: i ricoveri per DRG (classificazione dei casi e relativa tariffazione), le prestazioni ambulatoriali.
Il quadro epidemiologico e la casistica viene delegato come compito alle otto agenzie territoriali (ATS).

Alle ATS, “l’acquisto delle prestazioni”
Le ATS inoltre dovrebbero programmare e, in rapporto alle evidenze e ricorrenze della casistica, dovrebbero “acquistare” le prestazioni necessarie dagli erogatori pubblici e privati. È il quasi mercato lombardo, dove vige la libertà di scelta del cittadino trasformato in consumatore che dopo avere avuto la ricetta da parte del suo medico sceglie dove usufruire della prestazione. Questo in teoria. In realtà oltre all’attesa spesso deve spostarsi e attraversare tutta la città e, disperato, trasformarsi spesso in cliente pagante.

Qualche dato aggregato
Bisogna riconoscere che l’ATS Città metropolitana dà la possibilità di conoscere dove i cittadini si sono recati per ottenere, ad esempio, esami diagnostici di laboratorio per i residenti di un singolo comune. Per i residenti milanesi solo per ASST non per municipio.
Si possono allora vedere quante prestazioni sono state fatte nel 2020 rispetto agli anni precedenti e se nel 2021 questo deficit è stato recuperato. Considerando tutte le prestazioni ambulatoriali per la popolazione (circa 750.000) iscritta come assistibile dall’ASST FBF Sacco, nel 2021, il dato supera i 12 milioni, mentre nel 2020 non raggiungeva i nove milioni e mezzo ovvero 28% in meno. Questo gap è forse stato recuperato nel 2022. Si sa che fare in ritardo la diagnosi per i tempi di attesa o a causa del covid ha generato l’insorgenza di patologie, soprattutto oncologiche, oltreché azzerare le campagne di prevenzione.

Domande senza risposta
I dati forniti dall’ATS permettono anche di capire le “scelte spontanee” dei cittadini.
Nel 2021 e nel 2020 il più scelto è stato l’Ospedale San Raffaele con circa il 10%. Segue l’Ospedale Maggiore con l’8% circa. Segue una pattuglia privata (Synlab, Centro diagnostico, Auxologico) che si dividono un altro 20%. Queste percentuali sono simili e proporzionali nei due anni.
L’aumento della presenza delle strutture private, il loro strapotere sui tempi di attesa accompagnato dall’esplicito invito rivolto al cittadino di trasformarsi in cliente pagante, sembra che non siano importanti o gravi per i consiglieri del Municipio che non s’informano nemmeno sul problema dell’accesso alle prestazioni. Quanta è l’attesa? Quanti cittadini devono trasformarsi in clienti? Quanti di loro rinunciano alle cure per motivi economici? Tutte domande senza risposta.

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Re: DIAMO I NUMERI????
23/02/2023 Gianluca Bozzia
Grazie. Si parla molto di misurare l'impatto, ma qui mancano anche solo indicatori condivisi e applicati per misurare i risultati e le attività, senza i quali proporre soluzioni o cambiamenti è sostanzialmente demagogico. Chi potrebbe lavorarci davvero? Ci vorrebbe un proggetto ad hoc.


 
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