Alla ricerca della sanità (pubblica) perduta

Le promesse di Bergamaschi, direttore generale dell’ATS. I problemi ancora aperti. I distretti. I percorsi storici recenti dell’organizzazione sanitaria a Milano e "l'esclusione" di Comuni e Municipi. ()
stato sanità 1987
In questi mesi la scelta di dove allocare le 23 o 24 case della comunità, delle centrali di orientamento e gli ospedali di comunità ha coinvolto in una diuturna attività l’Assessore Bertolè e i Presidenti dei Municipi.
La decisione finale è stata compiuta e perfezionata a più riprese da parte della Giunta Regionale. La Zona 3 è stata la meno “premiata” e si dovrà accontentare di un'unica Casa divisa in due sedi. Luoghi già conosciuti e in parte funzionanti per servizi amministrativi e alcuni servizi sanitari.

Ieri sera (23 marzo) la commissione welfare della Zona 3 ne ha avuto la conferma per alcune illustri voci: l’assessore Bertolè, il Direttore Generale dell’ATS e il Direttore Socio-Sanitario dell’ASST Fatebenefratelli Sacco. Per il momento (si fa per dire.. per qualche anno) i 140.000 zonatrenesi si dovranno accontentare magari di essere ospitati dalle Case di Comunità confinanti al nord (zona 2) e al sud (zona 4 Via Piceno).

La sera è stata piena di rassicurazioni e di informazioni di come sarà cambiato lo scenario della sanità milanese. Molte dal DG Bergamaschi, alcune da Bertolè. Sembra un quadro molto ottimistico dove si dà per scontato che tutti i programmi finanziati da PNRR saranno utilizzati al meglio e che le nuove strutture saranno un punto di accesso per una migliore assistenza territoriale.

Rimangono molti problemi aperti perché non bastano i muri e anche le nuove apparecchiature. Occorre nuovo personale e in primo luogo la collaborazione non solo teorica dei medici di base. Questi, in teoria, dovrebbero fornire ciascuno un tot di ore settimanali all’interno della Casa di Comunità. Oppure, sembra la soluzione lombarda, in ambulatori territoriali decentrati, ma collegati alla Casa di Comunità con uno o più medici raggruppati in gruppo.

Queste le promesse apparecchiate con garbo e dovizia dai tre relatori. Un segno nuovo di una disponibilità di condivisione informativa tra vertici sanitari e comunali per la popolazione e in questo caso verso un organo del Municipio? Vedremo.

Sanità di prossimità
In questo frangente una domanda ha percorso i municipi e i loro vertici. Quali sono o saranno i loro poteri rispetto alla nuova organizzazione sanitaria all’interno della Città di Milano? La nuova legge regionale (legge 22/2021) ha fatto rinascere dalle ceneri del 2015 i distretti sanitari. Quanti saranno? Con quali confini? Quanti abitanti per ognuno. Giustamente altre domande potrebbero affollare l’instancabile mente di un Presidente di Municipio fresco di nomina. Oppure nemmeno una perché in base allo Statuto dei Municipi di Milano la parola “salute” è evitata, salvo una volta per definire vagamente la promozione in ambito scolastico. Anche la parola sanità o sue articolazioni vede una presenza rara e, anche, qui forse unica.
Alla fine, molti tra i Presidenti, sembrano abbiano deciso di non occuparsi direttamente di come sarà la sanità di prossimità annunciata dai profeti nazionali e regionali in vista dell’impiego dei fondi europei alias PNRR.

Nello statuto dei municipi milanesi, di salute non si parla
Lo Statuto, sotto la scorza burocratica, afferma: “I Municipi concorrono alla programmazione, progettazione e realizzazione della rete cittadina delle unità di offerta a carattere sociale, definendo gli indirizzi specifici del territorio municipale, al fine di promuovere il benessere psicofisico della persona, sostenere la coesione sociale, prevenire fenomeni di esclusione (art. 9 Servizi alla Persona – Comma 1).
E anche: “I Municipi, nell’ambito dell’unitarietà del Comune di Milano, rappresentano le rispettive comunità, ne curano gli interessi e ne promuovono lo sviluppo, in quanto organismi di partecipazione, consultazione e gestione dei servizi di prossimità presenti sul territorio. (art 2 comma 1).

La nuova organizzazione
Il virus svegliò per tre mesi il mondo politico milanese che, apprestandosi alle elezioni, mise in tutti i programmi la parola “salute”. Chi promettendo Case della Comunità in ogni quartiere, chi mettendo la parola SALUTE in cima ai propri programmi. Chi auspicando la costituzione dell’Assessorato alla Salute, chi assicurando che ci sarebbe stata una nuova stagione di trasparenza e di partecipazione all’attività sanitaria cittadina. L’assessorato al welfare e alla salute c’è, sette o otto case verranno fatte entro il 2022 e sembra accertato che i distretti nel territorio milanese saranno nove e sicuramente con i confini delle zone e dei rispettivi municipi.

Alla fine, Milano Sanitaria sarà divisa in tre ASST (aziende sociosanitarie territoriali).
Il nuovo Distretto 3 dipende dall’ASST Fatebenefratelli Sacco comprendente il territorio e le relative strutture sanitarie e sociosanitarie ex Distretti 1, 2, 3 e 4 delle Zone 1, 2, 3, 4 e 8 di Milano e i Poli Ospedalieri:
- Ospedale Luigi Sacco
- Ospedale Fatebenefratelli
- Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi
- Clinica Macedonio Melloni

Intanto, dal 15 dicembre 2021 è operante la legge regionale 22 del 2021 che doveva far evolvere il Servizio Sanitario Nazionale in coerenza con le critiche ministeriali -tra l’altro ora la legge fa rinascere il Distretto messo in freezer con la legge regionale precedente- ma il ruolo di questo nodo territoriale sanitario è molto ridotto rispetto alla normativa nazionale e ha poche funzioni rispetto ai distretti di altre regioni.

I distretti e la loro funzione
Secondo la legge Regionale:
Il Distretto è un'articolazione organizzativo-funzionale dell’ASST sul territorio definita dall'art. 7 bis della L.R. 33/2009, così come modificata dalla L.R. 22/2021. Il Distretto rappresenta una consistente innovazione, nonché implementazione, dell’offerta territoriale assumendo un ruolo strategico di gestione e di coordinamento organizzativo e funzionale della rete dei servizi territoriali. Rappresenta altresì il punto organizzativo dedicato alla continuità assistenziale ed all'integrazione dei servizi sanitari, ospedalieri e territoriali, e sociosanitari.

Al Distretto possono essere ricondotte le seguenti funzioni:
* contribuire alla programmazione per la realizzazione della rete di offerta territoriale con particolare riferimento ai servizi da erogare a seguito della valutazione dei bisogni dell'utenza
* erogare servizi sociosanitari territoriali in forma diretta o indiretta.
* assicurare l’accesso ai servizi, il monitoraggio continuo della qualità degli stessi.
* verificare le criticità emergenti nella relazione tra i servizi e tra i servizi stessi e l'utenza. In particolare, l'organizzazione del distretto, così come indicato nella normativa vigente deve garantire:
* l'assistenza primaria, ivi compresa la continuità assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l'approccio multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia medica notturna e festiva e | presidi specialistici ambulatoriali;
* il coordinamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta con le strutture operative a gestione diretta, nonché con i servizi specialistici ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed extraospedaliere accreditate;
* l'erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria, in accordo con i comuni.
Al Distretto afferiscono le Centrali Operative Territoriali, le Case di Comunità e gli Ospedali di Comunità. Le interrelazioni funzionali sono con il Dipartimento funzionale di Prevenzione (vaccinazioni), il Dipartimento Cure Primarie (MMG e PLS), il Dipartimento di Salute Mentale (dipendenze), il Dipartimento Materno Infantile (consultori).
Estratto da: Dgr 6026 1 marzo 2022 LINEE GUIDA REGIONALI


La distanza tra queste intenzioni programmatiche e la realtà che vive la maggioranza della popolazione potremo misurarla col tempo, anche se in Italia e in Lombardia molti presumono che basti dichiarare con enfasi per ritenere i miglioramenti già compiuti.

Un nuovo ruolo per Comuni e Municipi?
Un dato positivo è stato il maggior ruolo affidato ai Comuni. O meglio è stato restituito loro un minimo di partecipazione alla programmazione sanitaria oltre che sociale. Ora vi saranno assemblee dei Comuni insiti in ogni ASSL e anche di Distretto. Prima era solo a livello di ATS (ATS Milano con quasi 200 comuni compreso Milano). Dunque, se le ASST rimarranno tali sarà possibile la partecipazione dei rappresentanti dei Municipi alle assemblee ASST e dei futuri distretti.

Ritorno al passato
La gestione diretta o indiretta dei Comuni venne tolta sull’onda di Mani Pulite che reclamava l’esclusione della politica comunale dalle scelte gestionali sanitarie e affidando loro solo quelle sociali. I miei coetanei (boomers sopra i 65 anni di età) si ricorderanno che la USSL (Unità sociosanitaria locale) era la numero 75 per tutta Milano che a sua volta si suddivideva in 20 zone. La Zona 3 attuale comprendeva quasi tutte le zone 3, 11 e 12.

Ho in mano una pubblicazione (nella foto) dal titolo “Relazione sullo Stato di attuazione della riforma e del Servizio sanitario della Città di Milano della Città di Milano del 1987” - edito dall’Assessorato Igiene e Sanità del Comune di Milano.
L’allora Assessore Antoniazzi si proponeva di diffondere informazioni e conoscenza divulgativa per la popolazione. In questo volume venivano forniti dati sulla situazione demografica e sanitaria di tutta la cittadinanza. Già allora si affermava che “il Consiglio Comunale ha perso il ruolo centrale di controllo, indirizzo e programmazione sanitaria. Scavalcato dalla Regione nei rapporti e nel riparto dei fondi agli Ospedali e alla USSL, ridotto ad assemblea che ratifica decisioni che non può ratificare, invitato a discutere dei problemi sanitari molto saltuariamente, il Consiglio Comunale in questi ultimi anni ha sperimentato un progressivo degrado di autorevolezza politica”.

Un “esproprio” progressivo
In 35 anni la Regione ha espropriato progressivamente ogni ruolo dei comuni in campo sanitario e in maniera più ampia nel campo della salute. Ne ha fatto affare proprio e ha dato tutti i poteri ai Direttori generali delle ATS e delle ASST che negli anni hanno rafforzato l’esclusione dei Comuni e dei Municipi ed anche dei cittadini dall’informazione e dalla partecipazione.
La salute è invece affare di tutti con vari livelli di responsabilità.
I presidenti di Municipio ne dovrebbero prendere atto.



Tavola rotonda CGIL con Don Colmegna, consiglieri regionali e critica


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