La “cura” Moratti al Servizio Sanitario Lombardo

Presentato in Consiglio Regionale dalla vicepresidente Moratti il progetto di legge Più salute in Lombardia che riafferma il modello lombardo e sancisce l'equivalenza fra pubblico e privato. Prevista entro fine novembre la sua approvazione. ()
malati
Il 10 novembre il progetto di legge 187 (aggiornamento legge 23) approderà per la discussione da parte del Consiglio Regionale. Il testo è stato definito, limato, integrato durante il confronto (anche acceso) tra maggioranza e opposizione all’interno della terza commissione. Dando per scontata la sua approvazione entro pochissimo tempo (entro novembre) la Giunta Fontana lo ha già presentato con grande enfasi e sforzo propagandistico. Di ciò è già esplicativo Il titolo delle slides presentate con baldanza dall’Assessora Moratti: “PIU’ SALUTE IN LOMBARDIA”.

Una presentazione trionfale
È difficile immaginarsi Fontana taumaturgo, guaritore come alcuni Re di Francia che sembra sanassero con il solo tocco delle mani. Sicuramente il Governatore spera che la memoria dei Lombardi sia così labile e faccia loro dimenticare tutte le sue incapacità dimostrate nel corso degli scorsi diciotto mesi. Ancora a febbraio abbiamo visto incepparsi il varo della campagna della vaccinazione. I 34.000 morti lombardi per Covid 19 (ad oggi) non hanno responsabili colposi e i timonieri della Regione si sono già assolti. Così nel corso della trionfale presentazione non si è visto nemmeno un timido riferimento alla tragedia. Né tantomeno c’è stata una minima autocritica e una richiesta di accettazione di scuse. La pandemia poteva essere un’occasione per una revisione critica del modello lombardo costruito prima da Formigoni, poi da Maroni e ora gestito da Fontana. Nemmeno per sogno.

La verità negata

La legge regionale, prossima alla sala parto, è descritta come “aggiornamento” della legge regionale n. 23 del 2015. Non solo la si presenta ancora come innovativa, rivoluzionaria per avere introdotto il muovo modello di presa in carico delle persone con patologie croniche. Non si esita ad affermare che il Ministero della Sanità e Agenas hanno approvato la sperimentazione varata con quella legge, mentre in realtà da loro veniva messa in discussione in punti fondamentali.
Il modello lombardo, come una fenice, invece rinasce ad opera del nuovo progetto di legge e riconferma le sue “eccellenze”: attrae malati da tutta Italia e fa guadagnare agli ospedali (soprattutto privati) un miliardo; si compiono interventi di alta complessità; elevata digitalizzazione; diffusione della robotica e avanzata innovazione tecnologica; esistenza di 19 IRCCS (centri di ricerca di cui 14 privati) e, dulcis in fundo, l’evoluzione dei percorsi di cura per gli ammalati cronici.

Il mercato della sanità
Si sa che la propaganda è un po’ bugiarda ma il cittadino, guardando queste slides, non si riconoscerebbe in questo quadro idilliaco. Come una mia conoscente che ieri ha cercato di prenotare una “ecografia addome completo” con priorità B (da farsi entro 10 giorni) e le hanno risposto….marzo 2022.
Si potrebbero citare molte testimonianze di questo genere della impossibilità di essere curati nella nostra città senza ricorrere alle proprie tasche. La geniale macchina della equiparazione tra pubblico e privato, riaffermata più volte nella legge 23 riverniciata, produce grande disparità nell’accesso alle cure. Si infrange alla radice il patto costituzionale che prevede parità di diritti di salute tra tutti i cittadini. La nuova legge si potrebbe definire una cura omeopatica peggiorativa delle evidenti voragini assistenziali prodotte dal considerare la sanità come un mercato dove la concorrenza determina la qualità del bene offerto.

L'asimmetria informativa
La libertà di scelta è l’altro principio rilucidato e riaffermato. Posso scegliere quali zucchine comprare solo vedendole tra i vari banchetti. Ma l’assistenza sanitaria e la decisione di sottoporsi ad un trattamento medico presuppone la conoscenza sia della malattia sia della cura. Pochi hanno questo insieme di informazioni e ai più è indispensabile medico prescrive quanto è necessario per la guarigione o il contenimento della malattia. Questa incapacità individuale gli economisti la chiamano asimmetria informativa a vantaggio del venditore o del fornitore dl servizio.

Il tempo d’attesa
Normalmente la scelta è subordinata alla capacità di spesa. Grazie alla legge 833 del 1978 in Italia le cure previste dai livelli di assistenza, cioè quasi tutte, meno quelle odontoiatriche ed estetiche, sono quasi completamente gratuite. A condizione però che siano fruibili ossia ci sia una struttura che abbia predisposto l’accesso in tempi brevi. Il tempo di attesa diventa per la salute un fattore determinante; un ritardo anche di giorni, può avere gravi effetti a volte irreversibili.
La pandemia ha dimostrato anche questo. Nel 2020 si sono verificati in Lombardia un numero minore di ricoveri “normali no covid” rispetto all’anno precedente pari al 25% negli ospedali pubblici e il 9% in quelli privati. Si può immaginare quante forme tumorali non sono state colte in tempo per essere risolte o contenute. Possiamo immaginare perché in Lombardia, che io sappia, non si sa quanto sia l’arretrato, la somma dei tempi di attesa per recuperare il recuperabile.

Un’occasione di propaganda
Cittadinanza attiva ha cercato di avere un quadro di quante prestazioni diagnostiche, di quanti interventi, di quanti ricoveri sono state necessari per colmare questo deficit di cura e di assistenza. Tutte le Regioni hanno risposto, meno quattro, tra cui la Lombardia. “La menzogna ripetuta diventa la verità” c’è scritto sui manuali della propaganda e della pubblicità. “Negare sempre anche l’evidenza” è stata la condotta del nostro attuale Governatore. La presentazione della proposta di legge da parte dell’assessore Moratti - che è riuscita a tappare qualche falla del duo Fontana-Gallera - è diventata una grande occasione di propaganda.

Nessuna analisi dei bisogni
Non certo una radiografia dei vuoti e delle inefficienze del sistema. Non è stato prodotto un quadro epidemiologico e finalmente una programmazione o una riprogrammazione dei servizi per allinearli ai bisogni della popolazione colpita dalla pandemia. Non come la Toscana che ha pubblicato un report di centinaia su quello che è successo lì nel 2020.
La vice Presidente però ha voluto dimostrare che la proposta è frutto di uno “straordinario percorso partecipativo” fatto di 300 audizioni con gli “attori” del SSR (Sistema Sanitario Regionale), quattro convegni tecnici, numerosi incontri con gli stakeholder le cui richieste sono state inserite nel testo dalla maggioranza.

Una “governance delle corporazioni”?
Grande innovazione e sperimentazione democratica: la possibilità data ai portatori di interessi (stakeholder) di presentare gli emendamenti non solo le solite osservazioni. “Se l’è quest stakeholder?” si chiederebbe uno degli ormai rari praticanti dell’idioma milanese. E la Signora Moratti spiegherebbe che si è fatta una operazione di “stakeholder engagement”. Peggio di prima! con tutti questi termini anglosassoni tipici dei manager. Sarebbe il coinvolgimento dei portatori di interessi. “E chi sono e cosa centrano con la mia malattia cronica trascurata?” continuerebbe l’ignaro cittadino. Ecco la spiegazione: il nuovo modo di governare, mutuato dalle grandi Compagnie private, esige un nuovo rapporto con tutti coloro che a vario titolo hanno rapporti con l’Impresa. Ecco l’innovazione: sentire i portatori d’interessi e poi decidere eventualmente organizzare consultazioni periodiche (Tavoli). Sembrano tutti messi sullo stesso piano: i Gruppi privati che ricevono il 40-50% dei fondi, i Medici di Base, i Sindacati CGIL-CISL-UIL Anaao il terzo settore, le organizzazioni professionali, associazioni pazienti e i Sindaci.

Tutti sullo stesso piano
Ma come? Il sistema sanitario non dovrebbe essere prima di tutto la risposta al bisogno di salute della cittadinanza, al diritto di salute sancito dalla Costituzione? Il benessere, la salute della comunità non è dunque l’obiettivo? E allora, i sindaci, cioè gli eletti, i rappresentanti dell’interesse della comunità, come possono essere sullo stesso piano degli interessi di un azienda? Come possono essere semplicemente uno dei tanti “attori” nel “mercato” della salute?
E invece, è proprio così i Comuni sono indicati tra tutti sullo stesso piano. Non importa se sono (o dovrebbero essere) rappresentanti degli interessi di tutti i cittadini. La Moratti (mi scusi questa confidenza) nella trionfale presentazione entra in dettaglio per dimostrare che tutti hanno potuto chiedere e qualcosa hanno ottenuto. L’importante è che il modello regga che il Servizio Sanitario rimanga e si sviluppi in un regno condiviso dagli stakeholder. La Regione non vuole governare effettivamente sicura che il meccanismo della concorrenza tra di loro determinerà di per sé il miglioramento della qualità del servizio e l’ottimale distribuzione dei servizi.

La selezione dei più sani
Nel mondo anche gli studiosi statunitensi hanno messo in dubbio queste idee che vengono ritenute indiscutibili da Fontana & C. La concorrenza in sanità spesso diventa la selezione dei più sani o delle prestazioni più lucrose o meno occorrenti di personale.
Il pagamento a prestazione, altro pilastro lombardo del rapporto tra pubblico e privato, non viene modificato dalla nuova legge. È il virus nascosto che ha contagiato i centri vitali del Servizio trasformandolo in tanti sistemi autonomi che cercano di massimizzare i profitti.
La proposta di legge cerca di rabbonire coloro che denunciano la privatizzazione e il ruolo aggressivo ed espansivo dei grandi gruppi privati. Il principio “pari diritti e pari doveri tra erogatori pubblici e privati” della stagione di Formigoni e di Maroni viene camuffato affermando la loro equivalenza (che poi è la stessa cosa anche peggio). Qualche vaga prescrizione sui doveri di trattamento del personale, di utilizzo comune di procedure telematiche e di fissazione contrattuale di obiettivi di salute.

L’equiparazione tra pubblico e privato
Come ci può essere una equivalenza tra i soggetti pubblici e privati che hanno finalità diverse se non contrapposte. La Regione cosa diventerebbe (o è già diventata?) una terza parte neutrale tra le componenti di diritto pubblico e diritto privato.
Questo è sicuramente il modello che vuole ed auspica la Confindustria e tutti gli organismi degli erogatori privati. Non sono i soli: proprio oggi i Sindaci di centro sinistra delle maggiori città lombarde (Sala, Gori ecc.) hanno dichiarato “Infine l’equiparazione tra l’offerta pubblica e quella privata introdotta quale principio è condivisibile, ma richiede una forte capacità di programmazione e governo pubblico dell’offerta e dev’essere calibrata sulle specificità dei soggetti considerati» (La Prealpina 9.11.21).
Non è d’accordo Astuti, consigliere regionale PD, che annuncia battaglia dal 10 novembre in poi, con la presentazione di centinaia di emendamenti convinto che: “la Regione dà ingenti somme al privato senza imporre la propria programmazione e con la nuova legge è ancora più generosa stabilendo l’equivalenza tra pubblico e privato.
Mi fermo qui, se mi sarà dato spazio cercherò di informare, passo passo, su questa discussione nel Consiglio Regionale che avrà conseguenze sul diritto di salute di tutti i cittadini lombardi oggi e nel futuro.

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