Salute. A che punto siamo in Lombardia?

Nelle linee di progetto per l’attuazione di case e ospedali di comunità presentate il 6 settembre in Regione si prefigura la futura offerta sanitaria per la città di Milano. Case e Ospedali di Comunità, quanti e dove saranno? Quali servizi garantiranno? Ma quale spazio è concesso alle amministrazioni locali per la tutela della nostra salute? E quale il rapporto fra pubblico e privato? ()
milano salute
One health, one planet, one future. Sono parole che hanno risuonato anche durante il recente summit dei G20 dedicato alla salute. La “One Health” è un approccio ideale per raggiungere la salute globale, perché affronta i bisogni delle popolazioni sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e l’ambiente in cui vivono, considerando l’ampio spettro di determinanti che da questa relazione emerge.
Molte parole vengono spese inneggiando a questo nobile concetto, ma in concreto cosa possiamo aspettarci dai Comuni che finora, in Lombardia, sono stati gradualmente messi ai margini dei processi decisionali riguardanti il Servizio Sanitario Lombardo, in larga parte a causa delle riforme di Maroni e di Formigoni.

ATS Milano “too big to work?”
In teoria il Sindaco dovrebbe essere, secondo la legge, garante della salute dei cittadini ma in realtà, non ha molti strumenti per intervenire nelle politiche sanitarie decise dalla Regione e messe in atto dalle strutture pubbliche da essa dipendenti (ATS, ASST ecc.). Le dimensioni della Agenzia per la Tutela della Salute (ATS) metropolitana di Milano sembrano meno adatte alla partecipazione delle riunioni - solo consultive - dei 195 Comuni con più di tre milioni di abitanti (34% della Lombardia) e più di un milione di ammalati cronici. L’ormai tristemente famosa “legge 23”, con la creazione di questa grande Agenzia ha creato una incapacità gestionale di tutto questo ampio territorio, con al centro Milano e una conseguente disarticolazione tra cure primarie, ambulatoriali ed ospedaliere.

Quale ruolo ai comuni e ai municipi?
Durante la pandemia si è visto come i vari settori della macchina sanitaria, pubblica e privata avessero dinamiche proprie, sfasate e a volte con dinamiche opposte. I Comuni, durante la tremenda primavera del 2020, si trovarono stretti tra le richieste disperate dei cittadini e le mancate risposte delle ATS che dichiaravano la loro impotenza. Scusate se ricordo questo, ma si disse allora che le Comunità di cui i Comuni sono la democratica rappresentanza dovessero avere un ruolo importante nella tutela della salute dei cittadini. Non so quale sia stato il ruolo dei Municipi Milanesi in questo periodo pandemico, né quali siano state le iniziative per la salute durante lo scorso mandato. Recentemente mi sembra che qualche Municipio abbia denunciato la carenza dei Medici di Base, ormai così evidente ed allarmante in certe zone della periferia. In futuro è possibile che i Comuni (e i Municipi) potranno assumersi maggiori responsabilità e potere in campo sanitario e assistenziale?

Per rispondere a questa domanda bisogna ricordarci che in questo prossimo autunno importanti decisioni saranno prese in Regione per procedere a quella che viene definita una revisione della Legge 23, ossia una “riforma” dell’attuale assetto del Servizio Sanitario Lombardo.

Il progetto di legge regionale
A fine luglio la Giunta ha presentato il progetto di legge di modifica della legge 23, in accoglimento delle indicazioni del Ministero e di AGENAS che prescrivevano il riallineamento del modello lombardo alle leggi vigenti nazionali. Il percorso di approvazione della nuova legge durerà almeno due mesi e a fine ottobre il testo approderà in Consiglio Regionale per l’approvazione finale.
In questo tempo i partiti politici presenteranno gli emendamenti e contemporaneamente la terza Commissione procederà alle audizioni in Regione di Associazioni, dei cosiddetti portatori d’interesse (erogatori privati, associazioni di utenti, sindacati ecc.) e terrà conto delle proposte di emendamenti espressi nei loro documenti.
I Comuni Lombardi hanno presentato, nei mesi precedenti, le loro rivendicazioni per avere maggiore potere e rappresentanza sembra in parte accolti.

Nessuna autocritica
Nella relazione di presentazione non c’è nessuna autocritica, nessun accenno a quanto successo nel corso di questi tremendi 18mesi. Per la Giunta si tratta solo di apporre le modifiche minime e lasciare intatto nelle sue fondamenta il modello lombardo ossia la parità – dichiarata, confermata e rafforzata - tra le strutture pubbliche e private e la “libertà di scelta”. Anche su questo cercherò di fare una cronaca più dettagliata seguendo punto per punto, se possibile, il dibattito che inizierà la settimana prossima all’interno della Commissione Regionale.

Molti i denari, molta fretta…
Nella proposta di legge sembra che la vera preoccupazione della Giunta sia descrivere la tempistica di attuazione delle Case di Comunità, degli Ospedali di Comunità finanziabili con i fondi del PNRR. Infatti, sempre a fine luglio, altre disposizioni hanno prodotto una prima programmazione degli investimenti dei 700 milioni (quota lombarda per la sanità territoriale). A questi si aggiungerebbero altri 1300 milioni, provenienti dallo Stato. Il piano pluriannuale dell’utilizzo di questi fondi prefigura, per Milano, l’abbandono del progetto del nuovo Ospedale alla Barona e il recupero funzionale degli Ospedali San Carlo e San Paolo. Anche l’Ospedale Sacco beneficerebbe di importanti interventi.

Le Case e gli Ospedali di Comunità
Dai recenti atti regionali:
“le Case della Comunità diventeranno lo strumento attraverso cui coordinare tutti i servizi offerti, in particolare ai malati affetti da patologie croniche. La Casa della Comunità sarà una struttura fisica in cui opereranno team multidisciplinari di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti e potrà ospitare anche assistenti sociali. La numerosità garantirà la presenza capillare su tutto il territorio regionale. All’interno delle Case della Comunità dovrà realizzarsi l’integrazione tra i servizi sanitari e sociosanitari con i servizi sociali territoriali, potendo contare sulla presenza degli assistenti sociali e dovrà configurarsi quale punto di riferimento continuativo per la popolazione che, anche attraverso una infrastruttura informatica, un punto prelievi, la strumentazione polispecialistica permetterà di garantire la presa in carico della comunità di riferimento”.

• gli Ospedali di Comunità quali strutture di ricovero di cure intermedie si collocano tra il ricovero ospedaliero tipicamente destinato al paziente acuto e le cure territoriali. Gli Ospedali di Comunità si collocheranno all’interno della rete territoriale e saranno finalizzati a ricoveri brevi destinati a pazienti che necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica, di livello intermedio tra la rete territoriale e l'ospedale, di norma dotati di 20 posti letto (max. 40 posti letto) a gestione prevalentemente infermieristica. La realizzazione deriverà prioritariamente dalla ristrutturazione o rifunzionalizzazione di strutture esistenti quali ad esempio strutture ambulatoriali o reparti ospedalieri e, laddove necessario, potranno essere realizzate strutture ex novo.


Pubblico e privato
Queste nuove strutture dovrebbero essere i presidi principali a livello territoriale per garantire la continuità assistenziale, per permettere l’integrazione tra cure ospedaliere e territoriali. Quante saranno, dove saranno e quali servizi garantiranno? Curiosità legittime di chi teme un ulteriore incremento degli spazi e dei poteri affidati al privato. Per i Milanesi queste legittime curiosità sono in parte soddisfatte leggendo il progetto presentato lunedì 6 settembre avente per oggetto: “APPROVAZIONE DELLE LINEE DI PROGETTO PER L’ATTUAZIONE DI CASE E OSPEDALI DI COMUNITA’ NELLA CITTA’ DI MILANO” (DGR 5195- 6.9.21). Con mappe e dettaglio, municipio per municipio, si prospettano riutilizzi e nuove costruzioni, ipotizzando anche coinvolgimento finanziario e gestionale con le imprese private mediante appalti e altre forme già ampiamente utilizzate in Lombardia.
Per la Zona tre, nella scheda - qui sotto riportata - mi sembra che ci diano risposte sull’utilizzo futuro del Besta e dell’Istituto Tumori dopo il loro trasferimento (quando ?) a Sesto San Giovanni.

Presente e futuro al Municipio 3
Il Municipio 3 (143.636 abitanti residenti) si estende verso est dal centro cittadino e comprende i diversi quartieri (Cimiano, Rottole-Quartiere Feltre, Buenos Aires-Porta Venezia-Porta Monforte, Città Studi, Lambrate-Ortica, Loreto e Parco Forlanini-Cavriano). I pazienti con una patologia cronica rappresentano quasi il 14,5% della popolazione totale residente, mentre quelli con più di una patologia cronica sono circa il 13,5%; la percentuale di popolazione anziana residente supera la media della città.
Nel territorio del Municipio 3 sono ubicati attualmente i due IRCCS monospecialistici pubblici della Città di Milano (IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta e IRCCS Istituto Nazionale Tumori) per i quali è da tempo prospettato il trasferimento nell’area di Sesto San Giovanni per la realizzazione della Città della Salute. É presente, inoltre, la casa di cura ‘Istituto Clinico Città Studi’.
Al confine fra il municipio 3 ed il Comune di Segrate è situato l’IRCCS privato San Raffaele, che rappresenta uno dei principali poli ospedalieri milanesi. L’offerta sanitaria del Municipio è quindi consistente, ma in fase di evoluzione.

…e l’Istituto dei Tumori, e il Besta?
A fronte di questo quadro generale, si prevede un intervento in due tempi. Fino al completo trasferimento dei poli ospedalieri ‘Istituto dei Tumori’ e ‘Neurologico Besta’ nel nuovo complesso di città della Salute, l’attività sanitaria territoriale dovrà concentrarsi nelle attuali strutture “Doria-Ricordi-Canzio” (CRT 5), che potranno, vista la loro prossimità e con adeguati interventi di sola riqualificazione, costituire una CDC articolata su più edifici (Doria, Ricordi, Canzio e Pecchio) collegati a rete ma con vocazioni e specializzazioni differenti. Si segnala, inoltre, che presso il Poliambulatorio di Doria è già stato avviato nell’anno 2020 una collaborazione con gruppi di MMG. Una volta invece completato il trasferimento dei due IRCCS pubblici, si potrà riqualificare parte delle strutture esistenti per creare una Casa di Comunità con all’interno l’Ospedale di Comunità, redistribuendo l’offerta complessiva su due poli (CDC-ODC “Città Studi”; CRT 6). L’ampiezza degli spazi disponibili potrebbe permettere di configurare un polo territoriale nel quale possano convergere anche strutture diurne dedicate alla salute mentale, alle dipendenze e spazi per l’associazionismo, il volontariato e il terzo settore.

Ma il Comune è stato consultato?
Nel presentare questo progetto, L’Assessore Moratti ha dichiarato che il Comune è stato consultato. Non lo so, né tantomeno mi risulta che Sala abbia sottoscritto questo progetto. Proposto dall’ATS e approvato dalla Regione, senza nemmeno un vaglio da parte della commissione regionale. Sembra l’ulteriore prova di quanto conta una città come Milano nelle decisioni e nella programmazione sanitaria secondo l’attuale Giunta Regionale. Segnale ulteriore della scarsa o nulla considerazione che la Regione ha nei confronti degli Enti locali eletti democraticamente.




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Re: Salute. A che punto siamo in Lombardia?
16/09/2021 Xavier
Ottimo articolo, grazie


 
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