La riforma “impossibile”

È stato presentato dall’assessora Moratti il Progetto di Legge che, superando la famigerata legge 23, dovrebbe riformare il Servizio Sanitario Lombardo, che tante debolezze ha mostrato in questa pandemia. Molte le attese, ma la “libertà di scelta” e la “concorrenza” tra pubblico e privato, i pilastri del modello lombardo, non vengono in alcun modo toccati. ()
REGIONE Lombardia
Chi si aspettava una effettiva riforma dell’assetto del Servizio Sanitario Lombardo ad opera della Giunta Fontana sarà rimasto forse deluso. Il progetto di legge presentato giovedì scorso non è una riforma, un profondo cambiamento ma solo una revisione, una messa a punto.
La pandemia con la sua sequela di lutti e di strascichi drammatici, si dicevano in molti, sarebbe stata una lezione indimenticabile e avrebbe determinato una profonda revisione del modello lombardo tanto fragile e impreparato allo ”tsunami”.
Invece l’oblio sembra essere stato continuamente ricercato da chi governa la Regione e con esso l’esame delle cause dell’inadeguata risposta assistenziale.

I recenti sviluppi
La ormai famosa legge 23, la cui sperimentazione era scaduta a dicembre 2020 doveva, per prescrizione governativa, essere rivista. Ecco che a maggio vengono presentate delle “linee di sviluppo” oltre i tempi prescritti.
Agenas, l’agenzia governativa, a dicembre, aveva mandato la sua ricetta per mettere le “toppe” principali all’assetto difforme della Lombardia rispetto alla legislazione nazionale. Ora a Maggio, per bocca del suo direttore Mantoan, benevolmente diede l’assenso ai propositi espressi dalla vice presidente Moratti.
Iniziò così il 1 di giugno una fase di consultazione e di ascolto di tutti i portatori d’interessi esistenti nel Sistema Sanitario e Sociosanitario Lombardo.

Gli stakeholders
Nei due mesi successivi la terza commissione consiliare (deputata dalla legge a presentare il progetto di legge definitivo) ha avuto modo di ascoltare le osservazioni, le rivendicazioni e le richieste di un centinaio di soggetti rappresentativi degli utenti, delle categorie professionali e imprenditoriali del settore.
Alcuni molto ascoltati, in quanto presentavano proposte di cambiamento o di mantenimento dell’assetto normativo, altri meno in quanto esprimevano solo problematiche categoriali. Molti hanno rappresentato la loro funzione come fondamentale e indispensabile per la cura del cittadino.
I rappresentanti dei Comuni (Anci) hanno fatto presente il ruolo strategico dei Comuni, trascurato se non negato dalla legge 23.
La voce grossa, in senso lato, si è ascoltata da parte delle associazioni degli erogatori e gestori privati. AIOP, Agespi, ARIS ecc.. In coro hanno esaltato il ruolo del privato nella fornitura assistenziale ai cittadini.

Il potere dei privati
Per loro, concorde la Giunta Fontana, non vanno modificati i pilastri del modello lombardo: la libertà di scelta e la “concorrenza” tra pubblico e privato. Il riconoscimento, su un piano di parità coi soggetti pubblici, degli erogatori privati è ormai ritenuto sacrosanto, indiscutibile. Nei cinque anni della vigenza della legge 23, il settore privato si è allargato, si è rafforzato con proprie autonome strategie attraendo finanziamenti anche esteri, in assenza o quasi di una programmazione di un governo della Regione.
Questi centri di potere, non solo economico, determinano l’offerta assistenziale senza una direttiva che non sia quella dei propri obiettivi o interessi che dichiarano coincidenti con le finalità pubbliche della difesa del bene comune della salute. Poche critiche sono state fatte a questo rapporto pubblico/privato, anzi molti portatori d’interessi profit o non profit, hanno avanzato l’esplicita aspettativa di essere i futuri gestori delle strutture di prossima istituzione con i finanziamenti del P
NRR: le case di Comunità, le Centrali Operative Territoriali e gli Ospedali di comunità. Va registrata, forse voce nel deserto, la posizione critica dei sindacati dei pensionati della CGIL, CISL, UIL.

Il testo presentato
Alla fine, come ha detto un consigliere del PD, dalla montagna è uscito il topolino ossia il progetto di legge di revisione della legge 33 del 2009 (che era stata a sua volta cambiata con la legge 23).
Il testo è indecifrabile per i non addetti ai lavori, in quanto sono un elenco di modifiche e d’integrazioni della legge vigente. Non a caso, trattandosi di una revisione e non di una riforma, si è voluto mantenere anche i testi fondamentali della riforma originaria del 1997 che aveva già allora avuto carattere sperimentale e di rottura con i principi e gli assetti della legge istitutiva del Servizio sanitario Nazionale (Legge 833 del 1978).
Non potevano certamente sconfessare i dettami di Formigoni e “l’evoluzione” di Maroni (legge 23), non potevano non aderire ai richiami della lettera di Speranza (dicembre 2020) e allo stesso tempo non dovevano essere impreparati alla grande ripartizione dei progetti derivanti dalla linea europea di finanziamento (PNRR). Per cui la Giunta, alla fine, non ha ascoltato coloro che nel suo seno non volevano alcuna revisione ed ha trasformato la presentazione del PDL in una operazione di propaganda e di ricerca della verginità perduta macchiata dalla pandemia.

Nuove audizioni a settembre
Arrivati alla pausa estiva e sull’onda dei successi vaccinali enfatizzati, si aprirà a settembre un nuovo ciclo di audizioni nella commissione terza con i soggetti già auditi ed altri che i consiglieri richiederanno. Le audizioni dovrebbero avere per oggetto il testo presentato anche per sollecitare emendamenti specifici da parte dei consiglieri. Lavoro non facile visto il tempo ristretto che vorrebbe che il testo definitivo per la discussione in aula sia licenziato per la fine di ottobre.
Nel mese di settembre poi si proseguirà con l’ascolto delle associazioni degli utenti e del volontariato. Una massiccia propaganda già iniziata con conferenze e iniziative della giunta o dei partiti della maggioranza.
La stessa presentazione del progetto di legge, in pompa magna, avvenuta il 22 luglio, è la prova del ruolo che vuole svolgere la vice Presidente Moratti e lo stesso Fontana quali innovatori e difensori della salute dei lombardi.

Dalla relazione introduttiva
Per dovere di cronaca e quale saggio dei contenuti riportiamo alcuni passi della brevissima relazione illustrativa che ha accompagnato il progetto di legge:

Il presente PDL, anche in risposta alle indicazioni del Ministero della Salute, di Agenas nonché a quanto previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza introduce, in sintesi, le seguenti principali prescrizioni:
- istituisce i dipartimenti di prevenzione, costituiti quali articolazioni delle ASST con funzioni di governo ed erogazione delle prestazioni per la tutela della salute della popolazione;
- istituisce i distretti, costituiti quali articolazioni delle ASST, con funzioni di governo ed erogazione delle prestazioni distrettuali, prevedendo un adeguato coinvolgimento dei sindaci;
- istituisce i dipartimenti di salute mentale, costituiti quali articolazioni delle ASST, con il compito di gestire la domanda legata alla cura, all'assistenza e alla tutela della salute mentale nell'ambito del territorio di riferimento;
- istituisce la figura del direttore di distretto selezionato ai sensi della normativa vigente;
- assegna alle ASST l’attuazione degli atti di indirizzo, di pianificazione e di programmazione regionali con le connesse attività di programmazione ed organizzazione dei servizi a livello locale, sulla base della popolazione di riferimento;
- attribuisce alla Regione la funzione di accreditamento istituzionale delle strutture pubbliche, private e dei professionisti che ne facciano richiesta;
- assegna alla Regione, tramite l’Agenzia di controllo, funzioni di vigilanza e controllo degli erogatori privati accreditati di valenza regionale o extraregionale con cui ha stipulato gli accordi contrattuali;
- istituisce il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive a supporto della gestione delle emergenze epidemiche e pandemiche nella logica del principio one health;
- sviluppa le reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale, al fine di rafforzare l'assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi socio-sanitari;
- individua gli ospedali di comunità, le case della comunità e le centrali operative territoriali.



L’articolo 1 introduce tra i principi guida della programmazione, gestione e organizzazione del SSR l’approccio one health finalizzato ad assicurare globalmente la protezione e la promozione della salute, tenendo conto della stretta relazione tra la salute umana, la salute degli animali e l’ambiente e la valorizzazione dell’attività sportiva e motoria quale parte integrante dei percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione e quale elemento fondamentale di un corretto stile di vita.

Rafforza inoltre:
- l’equivalenza e integrazione all’interno del SSL dell’offerta sanitaria e sociosanitaria delle strutture pubbliche e delle strutture private accreditate,
- la promozione dell’innovazione tecnologica ed organizzativa del SSR con la collaborazione di soggetti pubblici e privati,
- la medicina territoriale attraverso l’innovazione organizzativa e gestionale in relazione all’evoluzione dei bisogni di salute della popolazione;
- il potenziamento e sviluppo della medicina digitale;
- la multidisciplinarietà e l’interdisciplinarietà e integrazione nei percorsi di cura.


L’articolo 5 consolida il ruolo di guida del sistema sanitario regionale da parte della Regione. In particolare, l’Assessorato al Welfare sarà sempre più connotato da un ruolo di governo forte anche mediante l’irrobustimento della funzione di indirizzo nei confronti delle Agenzie di tutela della salute e degli erogatori pubblici e privati.
Le funzioni principali della Regione, quindi, sono così sintetizzabili:
- politiche sanitarie e sociosanitarie;
- programmazione strategica generale;
- adozione del piano sociosanitario regionale;
- indirizzi per la programmazione dei bisogni sanitari e sociosanitari, dei fabbisogni delle risorse umane, degli acquisti e degli investimenti;
- sviluppo dell’innovation comunication tecnology (ICT);
- osservatorio epidemiologico regionale;
- accreditamento delle strutture sanitarie pubbliche e private.



Come si può intravedere molti obiettivi e azioni condivisibili, come l’adozione del Piano Sanitario Regionale e il rafforzamento del ruolo della Regione e dell’Assessorato Welfare (ruolo Governo Forte). La loro realizzazione era già prescritta nella legge 23. Oltre a quanto scritto nel PDL o alle magnificazioni propagandistiche che ormai sono rituali, avremo modo di verificare l’ennesima montagna di promesse non mantenute. Alcuni commenti dei consiglieri di opposizione (PD e M5S) ridimensionano la “riforma” che non c’è, che cambia qualcosa ma non riforma nulla.

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