Democrazia partecipativa. Il Bilancio Partecipativo

Lo strumento è stato applicato dal Comune di Milano in due tornate, e oggi rientra tra gli strumenti di democrazia deliberativa del nuovo regolamento per la partecipazione. Sembra a tutti tutto chiaro, ma forse non è così. Si poteva fare meglio? Dagli incontri del Laboratorio di democrazia partecipata di Lambrate qualche spunto di riflessione per il dibattito che si svolgerà in Consiglio comunale. ()
bilancio partecipativo
La prima considerazione nasce da un doppio appuntamento; il primo quello promosso dal Laboratorio di democrazia partecipata di Lambrate che ha voluto, nella modalità dell’auto formazione, raccontare gli strumenti previsti dal nuovo regolamento del comune di Milano; il quarto ed ultimo appuntamento era dedicato appunto al bilancio partecipativo. La serata ha visto una netta riduzione dei partecipanti al confronto rispetto alle altre tre serate. Il secondo appuntamento è quello promosso direttamente dal comune di Milano che attraverso una platea di esperti ha voluto anch’esso presentare gli strumenti deliberativi del regolamento; tutti tranne il bilancio partecipativo.

Che cosa ne possiamo dedurre?
A prima vista possiamo pensare che molti pensano di conoscere lo strumento; sulla base di quanto già visto. E che quindi sia poco utile perdere del tempo su questo fronte. La seconda idea che sovviene è che al comune di Milano lo strumento va bene così come è stato organizzato nell’ultima tornata, dopo aver messo a punto alcuni aspetti critici rispetto alla prima esperienza.

Come funziona
Come è organizzato il Bilancio Partecipativo del comune di Milano? Visto che molti già lo conoscono riassumiamo qui i principali passaggi. Il comune rende pubblico il procedimento attraverso il “patto di partecipazione”, al cui interno sono anche definite le risorse che ha deciso di mettere a disposizione.
I cittadini, in forma individuale o accorpata, sviluppano delle prime idee di trasformazione di uno spazio di loro interesse. Queste idee vengono sostenute da una rete di “fans”. Le idee con il maggior numero di sostegni passano alla verifica, congiunta, tra proponenti e uffici competenti del comune così da definire il “progetto”.
I progetti vengono poi sottoposti all’attenzione della cittadinanza che attraverso tre voti può scegliere quelli di maggior interesse. Il progetto che per ogni Municipio riceve più voti, compresi dei bonus per la coerenza sia con gli obiettivi fissati da ogni Municipio sia con criteri di accessibilità, viene realizzato. In caso per la realizzazione non venga richiesta l’intera somma a disposizione anche il secondo progetto più votato sarà inserito nelle opere da realizzare.

I risultati
Gli output (prodotti) che la seconda fase del Bilancio partecipativo ha prodotto sono stati 12 progetti finanziati, selezionati a partire da 242 idee candidate, votati da 17.000 milanesi. Il progetto finanziato con più voti ottenuti ne ha registrati 2.000, quello finanziato con il minor numero di voti ne ha ottenuti poco meno di 1.000.
Gli outcome (effetti) che ad oggi sono registrabili sono: un chiaro portale dedicato al progetto e agli aggiornamenti, 1 solo progetto concluso tra i 12 finanziati.
Insomma, un nuovo spazio nel rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, che può essere annoverato dall’amministrazione comunale come di “successo”. E infatti nel testo di aggiornamento del regolamento sulla partecipazione questo è l’unico strumento che non ha ricevuto un “lifting” dall’amministrazione comunale e dal pool di esperti convocati per supportare l’aggiornamento.

Eppure…
Eppure lo stesso assessore aveva evidenziato alcuni limiti dell’esperienza, tra le quali la più preoccupante (anche per le cose che proveremo a dire di seguito) è l’aver registrato che il target dei partecipanti è stato in sostanza ristretto alla fascia di popolazione acculturata e benestante.
Forse questo aspetto non si poteva sperare di migliorarlo nella revisione del regolamento, o forse si….

Innanzitutto cosa si sarebbe potuto fare. Ad esempio chiedere, prima dell’avvio della revisione del regolamento, a chi avesse partecipato alle tornate precedenti spunti e suggerimenti. Oppure, ma anche contemporaneamente a ciò, mettere in campo strategie per affrontare i temi critici registrati.

Evoluzioni possibili
Sarebbe però stato possibile, se l’amministrazione avesse voluto e/o se qualcuno degli esperti convocati avesse agito in tale direzione, anche ripensare lo strumento. Trovando in alcuni suoi aspetti fondativi, quelli raccontati, tra gli altri, nel bel testo “Cosa è e come si fa un bilancio partecipativo” a cura di ONU-HABITAT, elementi per “evolverlo”.

Una prima direzione poteva essere quella di mettere al cuore del processo un più forte impegno per spiegare alla cittadinanza la costruzione del bilancio comunale così da rendere possibili interventi su di esso. Magari per poter rendere possibile porre qualche dubbio sull’interesse collettivo alla produzione di capitale pubblico, usato anche a favore dei progetti sostenuti dal Bilancio partecipativo, grazie alla incessante occupazione di suolo da parte di nuove edificazioni “verticali”.

Una seconda direzione poteva spingere l’ente pubblico a definire le aree di criticità nella città per indirizzare l’organizzazione della progettualità sociale a risolvere quei problemi.
Il criterio fondante con cui è stato pensato in origine il Bilancio Partecipativo è infatti far uscire dal proprio angolo le componenti più marginali presenti in città. Non favorire la partecipazione dei benestanti ad una sorta di master class. L’attenzione si sarebbe potuta quindi porre, rivedendo il regolamento, per favorire forme di cooperazione cittadina, per spingere chi “ha già molto” a collaborare per alleviare i problemi di chi “ha poco”. Cioè a favorire la coesione sociale e la costruzione di “comunità”.

Evoluzioni probabili
Si proseguirà anche nei prossimi anni invece ad assistere ad una poco interessante competizione. Una “garetta” spesso asimmetrica, in cui chi ha molti problemi e poche relazioni si vede immancabilmente battuto, quando trova lo spazio per partecipare, da chi sta bene e ha le relazioni per procacciarsi dei voti. A pensare male si potrebbe dire che la classe dirigente ha facilità a riconoscere e premiare nella società chi opera con le loro stesse modalità. Forse per ottenere qualche vantaggio indiretto.

E la città “più fragile”?
Un ulteriore indizio di tutto ciò è che la componente della popolazione immigrata, che non vota, non ha preso parte alle due edizioni precedenti e probabilmente neanche a quelle future. Eppure sono spesso queste fasce di popolazione “giovane e attiva” quelle che necessiterebbero di un aiuto a costruire progetti di inclusione, “loro” progetti. Non miglioramenti estetici “offerti” loro da “anime buone”, spesso incanutite. L’esempio dell’abbellimento di via Padova, esito di un incrocio tra il Bilancio partecipativo e il piano Quartieri è un buon esempio di questa idea della partecipazione che a priori “esclude” l’improbabile e che invece “mette al lavoro” i cittadini per rafforzare obiettivi propri dell’amministrazione pubblica.

… e i servizi urbani?
Un aspetto rilevante, qualitativo, che il nuovo regolamento non pare affrontare pienamente è la questione della possibilità di allestire delle proposte per dei servizi urbani, e non solo delle opere pubbliche. Formalmente questo è possibile, purtroppo il borsino dei costi per stimare il valore dei progetti è riferito solo ad opere pubbliche. Che corrispondono al 100% dei progetti finanziati. Eppure siamo certi, anche sulla scorta di altre esperienze di Bilancio partecipativo attivate in contesto nazionale, che è anche nella formulazione di questi spazi di welfare “auto progettato” che la città più “fragile” avrebbe necessità di esprimersi.

Solo lo 0,1%!
Infine c’è la questione dei denari. In media il bilancio partecipativo mette in gioco circa l’uno per cento delle somme riportate sotto il capitolo degli investimenti. Il bilancio del comune di Milano ha circa 4 miliardi di euro nella voce conto capitale, questo significa che i 4,5 milioni messi a disposizione per il Bilancio partecipativo nel triennio corrispondono a circa solo lo 0,1%.

Lo spazio che il comune ha attivato per raccogliere proposte di miglioramento della bozza di regolamento tramite Partecipami, non concedeva lo spazio per stravolgere quanto deliberato dalla giunta. Quindi prendendo a prestito una citazione di Adolf Loos, queste considerazioni potrebbero risultare “parole nel vuoto” che, però, sono state condivise e puntualizzate dai partecipanti al seminario organizzato dal Laboratorio di democrazia partecipata e che qualcuno potrebbe usare come spunto nel dibattito che si svolgerà in consiglio comunale.

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