Sanità. Eccellenza Lombarda?

Presentiamo qui il libro di Maria Elisa Sator sulla privatizzazione della sanità in Lombardia. Una lettura indispensabile per ritornare a conoscere i fatti della sua progressiva privatizzazione dal 1995 ad oggi, e per poter valutare i progetti di revisione del SSR lombardo che verranno presentati a settembre. ()
Sator
Dove sono finiti in Lombardia i principi di universalismo, equità, uniformità territoriale nella distribuzione dei servizi affermati nella legge istitutiva del SSN n. 833/1978?

Il Covid-19 ha “squarciato un velo” e rimesso in discussione impostazioni date per scontate sull’eccellenza della sanità lombarda. In questo libro “La privatizzazione della sanità lombarda dal 1995 al Covid-19. Un'analisi critica”, Maria Elisa Sartor ribalta l’ottica delle analisi fin ad ora riportate, non più dal punto di vista del marketing, ma da quello del servizio al cittadino, e offre molte nuovi dati e informazioni ancora non disponibili.

Al centro della trattazione il processo di privatizzazione del SSR della Lombardia. Quale strategia dei governi regionali in carica ha orientato questa trasformazione? Quali sono stati gli interventi per ottenere l’ampio sbilanciamento della sanità regionale in favore dei soggetti privati? Siamo stati tutti testimoni degli esiti di questo processo. Il modello di sussidiarietà orizzontale lombardo in sanità viene qui disvelato nella sua vera essenza. Un libro indispensabile per ritornare a conoscere i fatti, per essere in grado di valutare i progetti di revisione del SSR lombardo oggi in campo, per cogliere con consapevolezza ciò che va necessariamente trasformato nell’ottica del rilancio del SSN italiano e dei principi della nostra Costituzione.


Dalla PREMESSA
Il Servizio Sanitario Nazionale italiano (SSN) – come è noto – è costituito da diciannove servizi sanitari regionali e da due servizi sanitari provinciali. Fra questi, soprattutto negli ultimi decenni, il Servizio Sanitario Regionale (SSR) della Lombardia è sembrato sempre primeggiare. Così si leggeva nei giornali.
Non importava quali fossero gli indicatori su cui si basasse la valutazione. Né sembrava allora rilevante porsi il problema di quali fossero le fonti che sfornavano i dati, considerato il contenuto unanime dei giudizi.
Se la Lombardia, soprattutto nella comunicazione generata entro i suoi confini, con la sua sanità sembrava posizionarsi nel confronto con le altre regioni costantemente al primo posto, ecco le ovvie conseguenze di questo fatto: nel passato recente, nelle più diverse occasioni e in tutti gli angoli del Paese si è sempre parlato bene della sanità lombarda.

In pubblico ne parlavano bene – ovviamente – i politici di governo lombardi, che si attribuivano i supposti meriti delle performance di successo, elogiando allo stesso tempo soprattutto i soggetti privati chiamati a giocare con loro la partita. Ne parlavano bene gli opinion leaders, anche di fronti politici opposti, i media nazionali della carta stampata e televisivi, di tutti o quasi gli orientamenti, ed anche i dirigenti degli altri servizi sanitari regionali che apprezzavano, e forse talvolta benevolmente invidiavano, i risultati esibiti da una sanità regionale considerata da tutti di successo.
Per non parlare dei soggetti della sanità privata, i cosiddetti grandi player, che più di tutti non hanno mai smesso di esaltare il proprio ruolo nel SSR della regione. Insomma, questo grande e unanime elogio della Sanità lombarda si è protratto fino a tempi molto recenti.

Anche dagli storici della medicina, per quanto riguarda il passato remoto e prossimo, venivano apprezzamenti senza riserve. Ma va detto che non osano ancora oggi ricostruire del tutto quanto da loro osservato in tempi più recenti. Sono loro stessi ad ammetterlo in qualche momento privato in cui svestono i panni accademici. Dalla metà degli anni ‘90 in poi quindi finiscono per lo più per tacere, a questo proposito, per non contraddire il quadro positivo che hanno da sempre delineato, riferendo però soprattutto dei successi dei luminari/pionieri della medicina in Lombardia. Giudizio – si può dedurre – che non riescono ad estendere ad altri ambiti della sanità regionale di questo ultimo periodo.

Altri autori delle università di management, nel leggere le realtà dei SSR e nel porle a confronto, usano approcci esclusivamente di tipo economicistico utilizzando lessici solo aziendalistici. Di per sé questo non è un fatto negativo. Il punto più problematico è che gli stessi autori sono spesso vincolati da relazioni di consulenza con la dirigenza dei SSR regionali e quindi con difficoltà possono permettersi l’indipendenza, l’imparzialità di giudizio che si richiederebbe ai ricercatori. Ciò si riflette sui contenuti dei loro saggi.
Per lo più hanno scritto anch’essi intorno alla supposta eccellenza del Servizio sanitario della Lombardia, riferendosi all’efficienza del sistema.
Che cosa è mancato al loro metodo o al loro atteggiamento nei confronti degli ambiti di ricerca, se questi sono stati i risultati?

Non sembrano invece essere altrettanto numerosi ed in evidenza gli autori interessati ad occuparsi del SSR lombardo per quello che esso davvero è, dall’ottica del cittadino. Si sente la necessità di analisi che siano in grado di parlare direttamente agli utenti, in modo chiaro e comprensibile. Per quanto possibile, si intende.

Il settore non è fra i più semplici. Ed è così che gli approcci e i lessici aziendalistici sono risultati i più usati per parlare in generale della sanità lombarda. E non ci sarebbe nulla da obiettare in proposito se lo si facesse fra esperti di management, fra direttori delle aziende sanitarie, fra direttori regionali dei diversi SSR. Ma quello che stupisce è che, incredibilmente, tali approcci e lessici siano stati usati anche per parlare ai cittadini, e non solo ai lettori dei quotidiani, ma anche al pubblico degli ascoltatori radiofonici e televisivi. Perché?

Ricordo a questo proposito una trasmissione di Radio popolare di Milano, in onda intorno alle 13 di un giorno feriale di qualche anno fa (non sto quindi parlando di un seminario di management) in cui i tre intervistati, ospiti della trasmissione – un docente esperto di sanità della Bocconi, una dirigente sindacale di vertice della funzione pubblica lombarda e un terzo partecipante, che ora non ricordo – erano chiamati a riferire al microfono su questioni di governance del SSR della Lombardia. Termine che addirittura compariva nel titolo della trasmissione. Tutti e tre si sono messi in sostanza ad osservare la sanità lombarda dallo stesso angolo visuale: il marketing. In particolare, discutendo delle strategie di posizionamento di mercato delle aziende sanitarie lombarde pubbliche (sic) e private, strategie ideate per attrarre nuovi “clienti”. Tutti gli ascoltatori, sollecitati dagli ospiti della trasmissione, si sarebbero dovuti quindi calare - oplà! - nei panni del management sanitario impegnato in una simile missione, senza che una strategia di questo tipo, in un SSN quale il nostro, venisse messa prima di tutto e giustamente in discussione.

Nessuno spunto di riflessione o ragionamento in quella occasione, ricordo, ha assunto pienamente l’ottica del cittadino-utente inteso come portatore di diritti e non come cliente da conquistare. Confesso, ne sono rimasta davvero impressionata. Quello che mi ha colpito, in particolar modo, è stato il grado di penetrazione della cultura aziendalistica e della logica di marketing riferita al SSR della Lombardia, anche con riguardo agli ospedali pubblici, in contesti che avrebbero dovuto richiamare come centrali per il cittadino ben altre impostazioni e altri principi nel rispetto della legge istitutiva del SSN n. 833/1978: universalismo, equità, uniformità territoriale nella distribuzione dei servizi.

Oggi le cose stanno diversamente. Il Covid-19 “ha squarciato il velo” e rimesso in discussione impostazioni date per scontate. Insomma, è il momento di provare a ricomporre il quadro che altri hanno delineato nei modi che ho riferito, includendo nuovi tasselli, riposizionando elementi vecchi e nuovi e provando a leggere in modo diverso quello che appare. Va ricostruito innanzitutto che cosa è accaduto alla sanità lombarda nell’ultimo quarto di secolo, dandosi un angolo di osservazione diverso da quello in genere usato.
Sono, per esempio, da recuperare alcune informazioni non in evidenza o nascoste. Non è un compito facile. Si hanno a disposizione – se va bene – informazioni criptiche, confuse, non complete, talvolta assemblate in modo da risultare poco significative. E il linguaggio da decriptare per il cittadino – quello aziendalistico – si fonde a volte con quello altrettanto non facile da comprendere di tipo medico-scientifico.

Il libro è pensato per offrire molte nuove informazioni ancora non disponibili sul SSR lombardo e per evidenziare alcuni argomenti che sono da sempre trascurati dalla discussione, pur essendo importanti o addirittura centrali per l’efficacia del SSR. È un testo, quello che segue, forse non facile, ma innanzitutto nelle intenzioni rivolto ai cittadini. Anche a coloro che prima del Covid-19 non si sentivano affatto interessati ad argomenti di questo tipo. Ma è indirizzato, non da meno, agli addetti ai lavori, a chi è parte costitutiva della organizzazione sanitaria in senso lato: gli operatori sanitari. I primi – i cittadini – spero abbiano ora una motivazione sufficiente a cercare di capire cosa vi è di “mai detto prima” in questo libro, che riguarda direttamente le loro vite, e che vale la pena di essere colto e compreso proprio per questa ragione. Soprattutto ora che – insieme all’ansia – sembra essersi riacceso l’interesse per il SSN.
Constatiamo giorno dopo giorno ciò che si riflette su di noi dei differenti modi regionali di tutelare la salute. E chiedo loro di armarsi di un po’ di pazienza: non è del tutto facile impadronirsi degli aspetti meno noti della organizzazione sanitaria. Possono però sempre decidere, all’occorrenza, di evitare liberamente quelle parti del libro che ritengono un po’ ostiche. Questa difficoltà sarà da imputare a chi scrive. Spero non evitino invece le parti spinose, ruvide, quelle che colpiscono. Quelle vanno affrontate comunque, per capire e trarne le necessarie conseguenze.


Maria Elisa Sartor - La privatizzazione della sanità lombarda dal 1995 al Covid-19. Un'analisi critica


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