Libertà di scelta delle cure sanitarie

Riaffermata dall’assessora Moratti come principio su cui poggia la proposta per la nuova legge 23, la “libertà di scelta” si fonda sull’idea che quello della salute sia un “mercato” come tutti gli altri. Si permette così lo sviluppo di forti appetiti dei privati senza prevedere alcuna programmazione e organizzazione preventiva dei servizi sanitari.

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nuovo Galeazzi
In seno al Consiglio Regionale e la sua terza Commissione, il 1 giugno è iniziato, come forse sapete, il percorso di revisione o di sviluppo della Legge 23. A tappe forzate sono iniziate le audizioni delle organizzazioni, sindacati, istituzioni pubbliche e private, associazioni di utenti ecc. L’innesco è stato il documento e la delibera sfornata dalla Giunta in cui si prefiguravano le “linee evolutive della legge 23”. E’ interessante vedere questa processione di portatori d’interessi e di sequele di lamentele e di richieste soprattutto su come utilizzare la futura pioggia di miliardi e a chi affidare la gestione delle prossime case di comunità orientate da centrali territoriali e supportate dagli ospedali di comunità previsti dal ormai famoso PNRR.
L’uscita incerta dal tunnel pandemico, la revisione della legge 23, l’utilizzo dei fondi del PNRR per la missione 5 e 6 sono i temi che sono discussi all’interno del Consiglio Regionale ma è certo che la maggioranza non vuole mettere in discussione i due pilastri ideologici del Modello Lombardo: la libertà di scelta e la politica a favore delle strutture private.

Moratti (1 giugno in terza commissione presentazione revisione legge 23 )
“….Sempre nei principi che hanno ispirato e ispirano la revisione della 23, manteniamo il principio che è sempre stato un patrimonio del Servizio Sociosanitario lombardo, vale a dire la libera scelta, quindi la tutela della libera scelta del cittadino nell’identificare e nell’intraprendere il proprio percorso di diagnosi e cura, sia nella scelta delle strutture sanitarie e sociosanitarie sia nella scelta del personale e naturalmente la garanzia della libertà di scelta anche nel percorso legato alla cura delle patologie croniche. Un altro pilastro del Sistema lombardo è la convivenza del pubblico e del privato, che peraltro ha portato anche ad un innalzamento della qualità complessiva. Rispetto al rapporto pubblico/privato abbiamo previsto l’equivalenza, l’integrazione e la sussidiarietà dell’interno del Sistema Sanitario Regionale dell’offerta sanitaria e sociosanitaria delle strutture pubbliche e delle strutture private accreditate…..

Niente di nuovo sul tema della scelta, infatti già nel 97:
Quanto al tema della libera scelta dei cittadini Formigoni ha ribadito che ''abbiamo ritenuto che la sanità dovesse cambiare dal basso, dal momento in cui il bisogno incontra la sua risposta. In sintesi: a partire dal fatto che il cittadino deve essere libero di scegliere il medico, lo specialista, il laboratorio o la struttura, si è cercato di individuare e ricostruire le condizioni per cui questo potesse realizzarsi''.

L’homo œconomicus
Il principio, si può dire, fu posto tra le prime pietre del modello lombardo e grazie al quale il cittadino diventa consumatore, “homo œconomicus” che sceglie chi lo deve assistere in base alla sua capacità e conoscenza. L’insieme di queste scelte individuali determinerebbe la domanda complessiva rispetto ad una offerta di servizi prontamente organizzata dagli erogatori pubblici e privati.
Questo “motorino” ideologico ha fatto da paradigma alla privatizzazione crescente sostenuta dai soldi pubblici. La privatizzazione, per dirla in breve, è il crescente e massiccio ricorso dell’erogazione dei livelli di assistenza a strutture private seguendo l’altro principio: “il privato lo fa meglio in maniera più efficiente con risultati provati di efficacia in termini di salute. “
Figurarsi se la Moratti non sia d’accordo con quest’altro principio ben adottato nel corso del suo scorso regno alla guida del Comune di Milano.

Principio di legge o interpretazione?
Gli ingenui, tra cui mi metto anch’io, potrebbero chiedersi: ma questi principi da dove vengono, qual è la loro fonte? Sono tra quelli declinati dalla Costituzione repubblicana o da qualche legge nazionale oppure da interpretazioni della prima e delle seconde. Anche nella legge 23 si trovano dove si dichiara nell’art 2 “Scelta libera, consapevole e responsabile dei cittadini di accesso alle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, per la cura e la presa in carico, in un'ottica di trasparenza e parità di diritti e doveri tra soggetti pubblici e privati che operano all'interno del SSL.

Saccenti giuristi potrebbero rispondere così: La «libertà di scelta del luogo di cura», ovvero la libertà di scelta del soggetto erogatore delle prestazioni da parte degli utenti del Servizio sanitario nazionale, costituisce, prima che un principio affermato nella legislazione statale in materia di tutela della salute, uno specifico aspetto della libertà di cura garantita dall’art. 32 Cost. quale particolare dimensione del diritto fondamentale alla salute 1 . In essa sono distinguibili due profili fondamentali: la libertà di scelta fra operatori pubblici e privati (i quali possono essere legati al SSN da accordi per la remunerazione delle prestazioni erogate o viceversa operare al di fuori dell’organizzazione del SSN); e la libertà di scelta dell’operatore a prescindere dai limiti territoriali, comprendente la libertà di scegliere di fruire delle prestazioni erogate da soggetti aventi sede in una Regione diversa da quella di residenza (presupposto della mobilità sanitaria interregionale) o all’estero (presupposto della mobilità sanitaria internazionale).

Anche nella legge 833/78 (istitutiva del SSN) c’è un cenno, ma soprattutto è nella legge 502 del 1992 dove si fa esplicito riferimento nel disegno, poi compiuto successivamente, di un sistema aperto e concorrenziale nel quale bastava essere accreditato per erogare prestazioni a carico del SSN. I meccanismi concorrenziali e la libera scelta avrebbero garantito, in sostanza, la qualità del servizio.

Il “libero mercato” della salute
In quel tempo allora tutti entusiasti ad abbracciare questa declinazione sanitaria delle leggi di mercato che governano il mondo. Le leggi italiane furono ampiamente influenzate dalle innovazioni di stravolgimento del welfare pubblico già adottate in Inghilterra dalla Signora Thatcher e a sua volta importate dal modello statunitense di Reagan.

Ora, le frotte di chi crede a questi meccanismi ideali di mercato sono ridotte e nessuno in quei due Paesi crede che funzioni così bene, salvo i fanatici del libero mercato. Negli Stati Uniti la spesa sanitaria pro capite è di 10.000 dollari (metà a carico dello Stato) e ogni famiglia deve trovare almeno 20.000 dollari all’anno per assicurarsi una copertura assistenziale minima. In Inghilterra la fede nella concorrenza tra trust pubblici come garanzia di qualità ed efficienza è da tempo in soffitta.

La ministra Bindi nel 2000, o giù di lì, (anche prima altri ministri con provvedimenti legislativi), mise una museruola alle applicazioni entusiaste favorenti il quasi mercato sanitario anche perché, ad esempio in Lombardia, l’accreditamento selvaggio e la scelta libera determinarono un’esplosione di spesa e un moltiplicarsi di contenziosi tra il pubblico e privato.
Il pubblico (ASL) poteva ricorrere al privato, secondo la nuova normativa, con discrezionalità e lo stesso accreditamento doveva essere rilasciato (dalla Regione) solo in base ad una programmazione delle attività e ai volumi definiti nell’accordo contrattuale.

Solo nel 2003 la Lombardia fece decollare gli accordi contrattuali con i gestori privati per quanto riguardava i ricoveri e le prestazioni ambulatoriali. Solo che gradualmente nei contratti, non si indicarono più le quantità e le tipologie di prestazioni ma solo un budget complessivo come tetto di spesa regionale. Definito questo il privato poteva avere una certa libertà di produzione di determinate prestazioni maggiormente remunerative o con minore necessità di personale per ricoverato.

Il meccanismo dei budget annuali
Il meccanismo dei budget annuali di fatto funzionano come razionamento della spesa e solo per i Lombardi. Ad ottobre e novembre il budget si esaurisce e ogni anno le liste di attesa di allungano. Gli accessi alle cure diventano sempre più aleatori e si basano più che sulla libera scelta sulla capacità individuale di spesa o di copertura assicurativa sostitutiva.
Ecco che allora il principio, tanto affascinante, della libera scelta diventa un miraggio quando l’assistenza viene razionata in modo occulto, oppure l’accesso equo nei tempi e nei modi e correlato al portafoglio.

Anche i padri (anglosassoni) della teorizzazione della libera scelta, con il corollario della concorrenza e del mercato sanitario ideale, pensavano ad una libera scelta in due fasi: la seconda effettuata con la mediazione del medico, stante l’imperfetta conoscenza delle opzioni sanitarie in rapporto ai propri sintomi. Infatti tutti o quasi possono esercitare la libera scelta per selezionare la frutta o le zucchine ma se non si conosce cosa occorre come è possibile scegliere.
In questo senso la funzione del Medico di Medicina generale sarebbe fondamentale per organizzare il percorso e risolvere il problema acuto. Ancora di più nel caso di patologie croniche e ancora di più per avere un primo intervento nel caso dello tsunami pandemico.

Ecco che allora riecheggia nelle orecchie il grido impotente di Gallera e di Fontana “ state a casa” (rangèves… in dialetto milanese) oppure il suono occupato dei vari call center o telefoni dei medici. Questo dramma di completo scollegamento tra domanda e offerta assistenziale dovrebbe insegnare quanto sia necessaria la programmazione e l’organizzazione preventiva dei servizi sanitari, la preparazione degli operatori e i piani pandemici non solo di carta.



Nell'immagine di apertura: il nuovo Galeazzi che sta sorgendo sul terreno dell'ex Expo concesso dal Comune per soli 25 milioni. L'Istituto sarà attivabile al massimo fra un anno (600 posti letto) mentre Ospedali Pubblici come il San Paolo e il San Carlo sono in degrado e lo stesso Policlinico giace in perenne stato di ristrutturazione. Il Galeazzi (IRCCS) è del Gruppo San Donato, già proprietario del San Raffaele e ormai tra i primi gruppi ospedalieri europei. Ed è notizia di ieri (22 giugno) l'acquisizione di una vasta superficie per il raddoppio dell'università e ospedale San Raffaele a Sesto San Giovanni, nell'ex Area Falck, in terreno bonificato a spese del pubblico.

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