Vaccination. A che punto siamo?

I vaccini sono la via d’uscita, ma su un fabbisogno minimo stimato di 100 milioni ne son state consegnate solo 5 milioni di dosi. Ai grandi annunci sono seguite la confusione, le inefficienze, gli appetiti. E in Lombardia dopo il cambio ai vertici e gli annunci trionfali, il piano vaccinale è già fallito e la gran parte dei nostri anziani sta ancora aspettando una chiamata. ()
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L’aumento dei casi positivi in Italia vede la Lombardia ancora ai primi posti in rapporto alla popolazione, quasi come un anno fa.
La variante inglese del virus ha ripreso a correre reinfettando la provincia bresciana, lambendo ormai quella bergamasca. Ambedue martoriate nella scorsa primavera.
A fronte di queste notizie allarmanti che non turbano di certo eminenti politici che vogliono maglie più larghe del lockdown, altre ci indicano almeno la possibile via d’uscita dal tunnel.
I vaccini, già in uso in Italia
(Pfiser, Moderna, Astrazaneca) - dopo le prime vaccinazioni di massa a livello mondiale- sembrano dimostrare la loro efficacia per contenere la diffusione del contagio e dunque prevenire il numero dei ricoveri e dei decessi.

Buone e cattive notizie
Negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Israele le evidenze scientifiche ed epidemiologiche stanno dimostrando abbattimenti della letalità (rapporto decessi su positivi) in forte diminuzione nlle fasce di popolazione particolarmente a rischio: anziani o ammalati cronici. Nonostante le campagne dei dubbiosi e dei novax - anche per questi risultati - la percentuale di popolazione pronte a vaccinarsi sta crescendo. Gli annunci della disponibilità dei vaccini anti-covid, hanno creato aspettative di una pronta uscita dal tunnel in cui il virus ci ha cacciati da un anno.

Dopo queste buone notizie sono state diffuse altre in senso contrario: dapprima ci hanno detto che l’Europa era riuscita ad acquistare un quantitativo più che sufficiente delle dosi dei due vaccini testati come efficaci (Pfiser e Astrazenica). In realtà, in barba a tutti i concetti di solidarietà è avvenuta una corsa all’accaparramento da parte delle nazioni più “ricche”.
Il Canada sembra abbia acquistato un numero di dosi dieci volte quello necessario per vaccinare tutta la popolazione. Israele e Inghilterra sono riusciti ad avere le maggiori disponibilità e la prima sembra avere vaccinato completamente la metà della popolazione (due dosi), la seconda quasi un terzo.

Europa, un vaso di coccio tra vasi di ferro
Ursula Von der Leyen poco prima di Natale proclamò: “Oggi aggiungiamo un importante tassello al successo della strategia europea per affrontare la pandemia. Abbiamo approvato il primo vaccino sicuro ed efficace contro la COVID-19 e presto ve ne saranno altri. Le dosi del vaccino approvato oggi saranno disponibili in tutti i paesi dell'UE, contemporaneamente e alle stesse condizioni. Anche le imminenti giornate europee della vaccinazione segneranno un momento di grande unità: siamo tutti sulla stessa barca. Non poteva esserci modo migliore per concludere questo anno difficile e cominciare a lasciarci la pandemia alle spalle."
Poi ha visto com’è difficile avere a che fare con quattro o cinque giganti farmaceutici e i loro addetti alle vendite.
Il risultato: hanno acquistato, sembra, senza garanzie di produzione e di fornitura con contratti tutt’oggi non trasparenti. Né hanno chiesto e ottenuto brevetti per nuovi impianti di produzione nel territorio dei 27 Paesi. è una storia non esaltante che ha vari colpevoli, ma per noi europei determinerà un considerevole ritardo del completamento della campagna vaccinale. Il paradosso in questo Risiko economico-politico è che la velocità, con cui i vaccini sono stati studiati concepiti e validati, è avvenuta grazie a progetti di ricerca finanziati in parte dagli Stati. È in atto una corsa tra Centri pubblici e privati per la formulazioni di nuovi vaccini, alcuni di prossima attivazione come quello italiano, altri hanno abbandonato la corsa come il Sanofi francese.
Comunque, ad oggi, siamo tutti nella stessa barca europea con solo il 6% di abitanti vaccinati in quasi tutti i 27 Paesi, Germania, Francia e Italia compresi.
Italia, un Paese di anziani
Stando ai dati rilasciati dall’AGENAS (Agenzia Servizio Sanitario Nazionale) sono arrivate più di cinque milioni di dosi e di queste sono state utilizzate il settantadue per cento. I vaccini forniti sono per l’ottanta per cento marcati Pfizer/BioNTech, solo duecentomila Moderna e il rimanente Astrazeneca. Il fabbisogno minimo stimato è almeno cento milioni.
Finora, magari giustamente, le categorie che hanno avuto la precedenza sono state quelle professionali sanitarie, seguite dalle categorie dei dipendenti non sanitari delle strutture sanitarie e dagli ospiti/pazienti delle Residenze assistenziali e dei disabili. La categoria over 80 non ricoverata inizia ora ad essere vaccinata, seguita dall’esercito e dalle forze dell’ordine.
Fatti i conti, dei circa 5 milioni di ultraottantenni residenti, almeno un milione, è stato vaccinato. Ciò dovrebbe ridurre l’alta mortalità riscontrata in questa fascia di popolazione (75% su quasi i 100.000 decessi).
Stando a questi numeri una larghissima parte degli operatori sanitari è stata vaccinata. Stupisce l’entità perché sembra superiore alla somma degli addetti ai servizi sanitari e la presenza tra questi di quasi 80.000 ultrasettantenni e altri 50.000 tra il personale non sanitario. Si può supporre che tra loro ci siano parecchi pensionati non più in attività.
Le regioni in ordine sparso
Ogni Regione sembra avere adottato una propria strategia anche riguardo l’istituzione dei centri vaccinali e ognuna ha varato un suo piano pandemico. Tutte hanno lamentato un rallentamento della fornitura programmata soprattutto da parte di Astrazeneca.
Questo è lo stato della campagna vaccinale in Italia dettata dall’ormai ex Commissario Arcuri, tra crisi di Governo e ascesa alla guida del Governo di Draghi, con l’immancabile differenziazione regionale, l’ardua trattativa con i settantamila Medici di Medicina Generale (conclusasi con un recente accordo, con tutte le difficoltà logistiche (conservazione e trasporto)per permettere l’ordinato accesso ai centri vaccinali situati negli Ospedali e nel territorio.
Dalle iniziali 300.000 vaccinazioni al giorno l’obiettivo è sceso a 100.000.

Cambio ai vertici
Ora Arcuri è stato sostituito da un generale esperto in logistica. Cambio anche nella Direzione della protezione civile. Sapranno mettere ordine e soprattutto garantire un rispetto delle disposizioni nazionali. Si sono già viste prove di orgoglio regionalista con tentativi di acquisto diretto sul “mercato”. Tutto ai fini di propaganda politica quasi mai per dare informazioni corrette alla popolazione.
Non che tra gli esperti ci siano opinioni concordi per rispondere ad una semplice domanda: quale periodo massimo deve passare tra la prima e la seconda dose? L’intervallo prescritto tra le due somministrazioni è di una ventina di giorni sia per il vaccino Pfiser sia per Moderna, mentre per quello marcato Astrazeneca non sembrano esserci prescrizioni così rigide (fino a due mesi). Tanto per aumentare l’incertezza ora molti tecnici e decisori politici propongono di cominciare ad utilizzare una sola dose nella speranza di avere quantità di vaccini per la seconda. Sembra questo possibile con Astrazeneca ed è la scelta effettuata dal Governo Inglese.

In Lombardia, il flop del “ghe pensi mì”
È in corso la vaccinazione degli over 80. Le prenotazioni sono partite il 15 febbraio e le somministrazioni il 18 febbraio. Ci si prenota collegandosi alla piattaforma dedicata vaccinazionicovid.servizirl.it. La richiesta di adesione per gli over 80 può essere inserita anche da un familiare o caregiver della persona da vaccinare. In alternativa possono fornire supporto per l'inserimento dei dati il Medico di Medicina Generale che resta il riferimento clinico e sanitario principale a cui fare riferimento e la rete delle farmacie.
Questo in teoria perché alla prova pratica il nuovissimo trio Moratti/Bertolaso/Pavesi sembra già brillare per inefficienza. Grande confusione è subentrata ai trionfali annunci, dopo la pubblicazione del piano vaccinale del 24 febbraio, in cui il supertecnico (Bertolaso) con mappe e piantine sfoggiava le sue geometriche strategie. Dopo dieci giorni la baldanza del “ghe pensi mì” è già sfiorita tra il ruggire rinnovato del virus e il cambio repentino dei colori regionali tendenti al rosso con l’impennata dei nuovi contagi (oltre 4000 al giorno) e l’inizio forse della temuta terza ondata cavalcata dalla mutazione “inglese” del virus.

Un Piano dopo l’altro
Un nuovo piano è stato fatto il 2 marzo con la moltiplicazione dei punti vaccinali e la scelta di utilizzare le dosi disponibili residue anche i cittadini dei comuni a cavallo tra le provincie bergamasche e bresciane.
Altra scelta, da molti discussa, è l’erogazione solo della prima dose procrastinando nel tempo la seconda. A tutt’oggi la fase che prevedeva di vaccinare i 700.000 abitanti ultraottantenni è rallentata, anche perché i vaccini Pfiser e a MODERNA scarseggiano.
Proprio questa fascia di popolazione è corsa DILIGENTEMENTE a prenotarsi o a farsi prenotare (circa 500.000 prenotazioni) ma ad oggi, solo 70.000 sono gli ultranziani che hanno ricevuto la prima dose e di questi solo ben pochi la seconda.

I disagi e le proteste
Per non parlare delle avventure e dei disagi che molti di loro hanno vissuto prima di essere vaccinati. Chiamati poche ore prima, magari di notte, o avvisati di recarsi a decine di Kilometri dal proprio domicilio, come se fossero tutti automuniti, autosufficienti e in forze.
La propaganda di febbraio che prometteva un servizio pronto e accogliente si è dimostrata ancora una presa in giro per gli interessati e per le famiglie che dovevano accompagnarli.
Gli insegnanti di ogni ordine e grado sono anch’essi rimasti al palo e hanno levato le loro proteste.
Solo un centinaio è stato vaccinato, mentre in altre regioni i loro colleghi sono stati immunizzati a migliaia.

Questo, da noi, lo "stato dell'arte" di un'operazione epocale che sta avvenendo in tutto il mondo, in modo non certo equo e molto spesso determinata dalle condizioni economiche dei rispettivi popoli. E sullo sfondo abbiamo già visto lo scatenarsi di egoismi nazionalisti, d’incapacità politiche e delle strategie commerciali delle compagnie farmaceutiche orientate al loro profitto.




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Re: Vaccination. A che punto siamo?
13/03/2021 VITTORINO
La tanto propagandata efficienza lombarda si è scontrata con la realtà.
Nell'organizzazione e numero vaccinati siamo stati ampiamente superati, non solo dal Lazio ma anche da altre Regioni.
Direi basta con proclami e parole, guardiamo i fatti e, direi, ad ognuno il suo mestiere.
Non lasciamo in mano ai politici l'organizzazione e l'operatività sul campo che deve competere ai Tecnici. Basta nomine politiche ai vertici di Aziende pubbliche.


Re: Vaccination. A che punto siamo?
11/03/2021 Alberto Gaetano Locatelli
Aldo Gazzetti sia più preciso e non ideologicamente fancazzista.


 
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