Quando votare non basta più
È da poco online una nuova piattaforma di consultazione e dialogo fra i cittadini e il Comune di Milano. Insieme al nuovo Regolamento per la Partecipazione rappresenta “l’eredità” che questo assessorato lascia alla prossima consiliatura. Ne parliamo con Fiorella De Cindio e Oliverio Gentile, fondatori di Rete Civica di Milano.
(Patrizia Sollini)18/01/2021
Da qualche tempo, senza grandi clamori, è online Milano Partecipa, una piattaforma di partecipazione su cui i milanesi possono informarsi, confrontarsi, discutere e anche modificare il Piano Aria Clima di cui la città sta per dotarsi, contribuendo così all’iter decisionale.
Fra pochi giorni, sulla stessa piattaforma e con le stesse modalità, sarà pubblicato anche il Nuovo Regolamento alla Partecipazione che prima di essere presentato in consiglio comunale per la votazione potrà essere conosciuto, analizzato e dibattuto dai cittadini che vogliano partecipare al processo deliberativo.
Due fatti significativi che, dopo le esperienze del Bilancio Partecipativo e dei patti di collaborazione, avviano a Milano nuove modalità di partecipazione che prevedono anche l’utilizzo di strumenti digitali.
Di questa piattaforma, delle sue logiche e funzionalità, ma anche e soprattutto del valore della “partecipazione digitale” e della cultura che sottende all’attivazione di questi strumenti parliamo con Fiorella De Cindio, docente di informatica alla Statale e presidente di Rete Civica di Milano*, e con Oliverio Gentile, con lei co-fondatore di RCM nel ’94 e community manager di questa rete che dal 2007 è diventata PartecipaMi.
D. Voi avete una lunga esperienza nel portare le Istituzioni e i cittadini di Milano nel mondo della rete.
Dal ’94 fino ad oggi; senza dimenticare la campagna per le amministrative del 2016 quando con tuo marito Beppe Caravita, socio fondatore di z3xmi, vi siete battuti con i radicali per portare nella campagna elettorale i temi della partecipazione digitale.
Fiorella De Cindio. Sì, nel ‘94 eravamo proprio agli esordi dell’epoca digitale! Fondando RCM volevamo mettere a disposizione dei cittadini un ambiente digitale in cui dialogare. Ma non una rete qualunque, volevamo una rete con certe caratteristiche di condivisione di conoscenza, buon comportamento… in modo che fosse piacevole per tutti restare e discutere con gli altri. Un presupposto, non un dettaglio, che sarebbe molto importante riconsiderare ora.
Abbiamo iniziato quasi subito a collaborare con le Istituzioni Locali, anche se con fasi alterne da parte dell’Amministrazione, noi non abbiamo mai smesso di credere nelle potenzialità degli strumenti digitali per una partecipazione informata dei cittadini alla gestione del bene comune, e se in questa consiliatura Milano ha un assessorato alla partecipazione forse un po’ di merito va anche all’impegno in quella campagna.
D. C’è un dibattito sull’avere un assessorato alla partecipazione o no.
Fiorella De Cindio. Perché si rischia di confinare lì ogni attività di partecipazione, mentre gli altri assessori continuano a procedere come sempre. Io credo sia una buona cosa, però l’assessore alla partecipazione dovrebbe avere un ruolo centrale, legato al potere politico, al sindaco e con un mandato forte che permetta di interagire con tutti gli assessorati, dall’urbanistica ai servizi civici, perché la partecipazione è una cosa trasversale e i cittadini non possono pensare che se chiedono qualcosa in un ambito c’è ascolto e dall’altro gli si chiude la porta in faccia.
D. Finché i cittadini non s’impossessano di queste nuove forme di partecipazione forse è difficile che amministratori e politici le tengano in conto. Secondo la vostra esperienza che cosa è necessario perché queste pratiche siano accolte, usate e cercate.
Fiorella De Cindio. In una battuta ci vuole ciccia per gatti. Le nostre esperienze ci dicono che c’è una parte della città che è interessata e vede in una piattaforma di partecipazione civica con certe caratteristiche uno spazio proprio che interessa.
Però il salto di qualità (e anche di quantità) può avvenire se la partecipazione ha poi un riscontro.
E non parlo solo dell’online, che anzi può favorire la partecipazione informata mettendo a disposizione materiali informativi che abilitano la partecipazione.
Noi ormai viviamo in un modo ibrido in cui le dimensioni dell’on e offline sono entrambe costantemente presenti. Se quello che io faccio online ha un effetto tangibile nella vita di tutti i giorni allora faccio uno sforzo per informarmi e partecipare. Ma devo vedere il risultato concreto.
Un esempio di attualità: tutti si sono lamentati per Immuni e poi si sono scatenati sul cash back. Ora immaginate che le due app fossero state collegate: certo che Immuni si diffondeva! Non sarebbe stato corretto, è vero, ma questo dimostra che se c’è un vantaggio chiaro le persone sono portate a superare il divario digitale, specie in una città come Milano.
Naturalmente non significa che non ci siano sacche di popolazione che farebbero fatica, ma persino le persone nelle RSA nel momento in cui devono parlare con i propri figli imparano ad usare il tablet!
D. La fatica. Interagire sui social con un like, un +1, un “mi fido” è molto facile, ma partecipare in maniera informata e intelligente richiede fatica. Qual è la grande ricompensa?
Fiorella De Cindio. È avere la propria voce ascoltata. “Il poter contare”. C’è un grande disagio da parte dei cittadini che si sentono poco ascoltati. Già nel ‘94 RCM si proponeva di “avvicinare i cittadini alle Istituzioni” e ciò che allora era una fessurina, ora è diventato un baratro.
All’apertura del 2nd World Forum for Democracy del 2013, organizzato dal Consiglio d’Europa a Strasburgo, Mary Kaldor, docente della London School of Economics, per definire la democrazia disse “un cittadino si sente di vivere in un contesto democratico se può partecipare sulle cose che a lui interessano”. E non sono tutte, non sono sempre! Ma se io vivo a Città Studi vorrei poter dire qualcosa se mi tirano giù gli alberi di Via Bassini, se vivo in Val di Susa vorrei dire qualcosa se mi scavano la valle. Se questo non succede, difficilmente avrò una percezione positiva della politica perché laddove avevo qualcosa da dire nessuno mi ha ascoltato.
D. Negli ultimi anni qualche esperienza a Milano è stata fatta. Penso ai patti di collaborazione, ma soprattutto alle due edizioni del Bilancio partecipativo.
Oliverio Gentile. Noi abbiamo gestito la seconda edizione del Bilancio Partecipativo, quella del 2017/18, fatta con questa consiliatura, nell’ambito del progetto europeo Empatia. Più contenuta della prima dal punto di vista dei budget a disposizione (40.000€ per la gestione del processo contro i 200.000€ della prima, e 500.000€ a Municipio contro il milione dell’edizione precedente)
Abbiamo sviluppato uno strumento ad hoc, sulla piattaforma openDCN, quella di PartecipaMi. E abbiamo fatto tutto in modo trasparente: tutti vedevano tutto, i cittadini hanno partecipato direttamente, senza facilitatori o altri intermediari. Alla fine son stati finanziati 12 progetti, votati da 18.000 cittadini con oltre 40.000 voti (ogni partecipante poteva esprimere fino a 3 preferenze).
Fiorella De Cindio. Per me è un dispiacere che sia stato fatto un solo bilancio partecipativo. Anche se c’è una motivazione ragionevole: per fare una seconda istanza di bilancio partecipativo è necessario che i progetti decisi nella prima siano per lo meno in stato di avanzata realizzazione. Ma questo, avendo scelto di lavorare su progetti che prevedono opere pubbliche, risulta difficile, perché si entra in un iter di realizzazione complesso con necessità di bandi di gara, piani triennali ecc. che inevitabilmente rallentano tutto.
Chi è coinvolto nei progetti approvati ha avuto la possibilità di rendersi conto che c’è la volontà di portarli a termine. Ma si tratta di una comunità piccola anche rispetto a quelli che hanno votato. Secondo me si potrebbero attivare Bilanci Partecipativi non necessariamente su opere pubbliche, e magari anche con cifre inferiori ai 500.000€ destinati a servizi realizzabili più rapidamente.
D. L’esperienza fatta dimostra dunque che la partecipazione digitale offre molte possibilità…
Fiorella De Cindio. Partecipazione digitale è un termine molto generico in cui rientrano cose molto diverse. Dalle petizioni dal basso su change.org (che raramente incidono davvero), alle primarie dei partiti o le consultazioni del M5s su Rousseau, dalle consultazioni del Comune di Milano sul Piano Aria Clima ai Bilanci Partecipativi.
I cittadini hanno diversi livelli e stili di partecipazione, soprattutto diversi interessi e quindi diverso coinvolgimento. Il “just one click”, il +1 o un “mi fido” sono attività molto semplici, ma possono essere una funzionalità importante, utile e democratica dentro un sistema software che gestisce e facilita diversi livelli di partecipazione e favorisce il salto di livello.
Per esempio, nel bilancio partecipativo il primo livello è fare che le persone leggano, si informino. Il secondo è spingerli a fare click, cioè a dire che quel progetto piace di più di un altro. È chiaro che in questo contesto quel click ha già un valore maggiore del semplice like su Facebook.
Il passo successivo è fare in modo che ricevano anche delle notifiche su quel progetto e poi che partecipino alla sua messa a punto in modo chela volta dopo saranno magari loro stessi a presentare una proposta.
In questo senso c’è un salto di livello. Quindi la differenza fra l’avere un singolo strumento o una piattaforma che raccoglie tante funzionalità, e quella di Milano Partecipa è una piattaforma di questo genere, permette di fare le attività iniziali su cui tutti hanno ormai una buona confidenza, ma poi lentamente favorire livelli di coinvolgimento maggiori.
D. Se una Amministrazione vuole dialogare con i cittadini che piattaforma deve scegliere? con quali caratteristiche?
Fiorella De Cindio. La prima condizione, ormai data per scontata, è che queste piattaforme siano a codice aperto.
Ma il sw aperto è davvero efficace se inserito in una comunità di sviluppatori perché solo così continuerà ad aggiornarsi e a migliorarsi. Ogni modifica della piattaforma software deve essere condivisa con la comunità altrimenti si rischia di diventare rapidamente un ramo a sé che non si avvale più dei miglioramenti. Questo è un problema molto serio anche su Decidim, la piattaforma ora in uso. Bisognerebbe rafforzare il rapporto e la presenza delle varie istanze italiane nella comunità di sviluppatori.
D. Decidim è la piattaforma di Milano partecipa. Come nasce questa scelta?
Fiorella De Cindio. Negli ultimi 15 anni c’è stata una crescente attenzione su piattaforme software che riuniscono vari strumenti a supporto della partecipazione. Uno di questi progetti è stato Empatia che è stato la cornice del secondo bilancio partecipativo in cui noi eravamo coinvolti come Fondazione e come Università, gestito dal software è poi quello su cui gira PartecipaMi.
Un altro progetto più o meno parallelo come anni è stato il progetto D-cent che nasce molto legato al movimento degli Indignados e realizza una piattaforma software che viene adottata a Madrid, con il nome di Consul, e si plasma intorno alle esigenze della città di Madrid.
Fra pochi giorni, sulla stessa piattaforma e con le stesse modalità, sarà pubblicato anche il Nuovo Regolamento alla Partecipazione che prima di essere presentato in consiglio comunale per la votazione potrà essere conosciuto, analizzato e dibattuto dai cittadini che vogliano partecipare al processo deliberativo.
Due fatti significativi che, dopo le esperienze del Bilancio Partecipativo e dei patti di collaborazione, avviano a Milano nuove modalità di partecipazione che prevedono anche l’utilizzo di strumenti digitali.
Di questa piattaforma, delle sue logiche e funzionalità, ma anche e soprattutto del valore della “partecipazione digitale” e della cultura che sottende all’attivazione di questi strumenti parliamo con Fiorella De Cindio, docente di informatica alla Statale e presidente di Rete Civica di Milano*, e con Oliverio Gentile, con lei co-fondatore di RCM nel ’94 e community manager di questa rete che dal 2007 è diventata PartecipaMi.
D. Voi avete una lunga esperienza nel portare le Istituzioni e i cittadini di Milano nel mondo della rete.
Dal ’94 fino ad oggi; senza dimenticare la campagna per le amministrative del 2016 quando con tuo marito Beppe Caravita, socio fondatore di z3xmi, vi siete battuti con i radicali per portare nella campagna elettorale i temi della partecipazione digitale.
Fiorella De Cindio. Sì, nel ‘94 eravamo proprio agli esordi dell’epoca digitale! Fondando RCM volevamo mettere a disposizione dei cittadini un ambiente digitale in cui dialogare. Ma non una rete qualunque, volevamo una rete con certe caratteristiche di condivisione di conoscenza, buon comportamento… in modo che fosse piacevole per tutti restare e discutere con gli altri. Un presupposto, non un dettaglio, che sarebbe molto importante riconsiderare ora.
Abbiamo iniziato quasi subito a collaborare con le Istituzioni Locali, anche se con fasi alterne da parte dell’Amministrazione, noi non abbiamo mai smesso di credere nelle potenzialità degli strumenti digitali per una partecipazione informata dei cittadini alla gestione del bene comune, e se in questa consiliatura Milano ha un assessorato alla partecipazione forse un po’ di merito va anche all’impegno in quella campagna.
D. C’è un dibattito sull’avere un assessorato alla partecipazione o no.
Fiorella De Cindio. Perché si rischia di confinare lì ogni attività di partecipazione, mentre gli altri assessori continuano a procedere come sempre. Io credo sia una buona cosa, però l’assessore alla partecipazione dovrebbe avere un ruolo centrale, legato al potere politico, al sindaco e con un mandato forte che permetta di interagire con tutti gli assessorati, dall’urbanistica ai servizi civici, perché la partecipazione è una cosa trasversale e i cittadini non possono pensare che se chiedono qualcosa in un ambito c’è ascolto e dall’altro gli si chiude la porta in faccia.
D. Finché i cittadini non s’impossessano di queste nuove forme di partecipazione forse è difficile che amministratori e politici le tengano in conto. Secondo la vostra esperienza che cosa è necessario perché queste pratiche siano accolte, usate e cercate.
Fiorella De Cindio. In una battuta ci vuole ciccia per gatti. Le nostre esperienze ci dicono che c’è una parte della città che è interessata e vede in una piattaforma di partecipazione civica con certe caratteristiche uno spazio proprio che interessa.
Però il salto di qualità (e anche di quantità) può avvenire se la partecipazione ha poi un riscontro.
E non parlo solo dell’online, che anzi può favorire la partecipazione informata mettendo a disposizione materiali informativi che abilitano la partecipazione.
Noi ormai viviamo in un modo ibrido in cui le dimensioni dell’on e offline sono entrambe costantemente presenti. Se quello che io faccio online ha un effetto tangibile nella vita di tutti i giorni allora faccio uno sforzo per informarmi e partecipare. Ma devo vedere il risultato concreto.
Un esempio di attualità: tutti si sono lamentati per Immuni e poi si sono scatenati sul cash back. Ora immaginate che le due app fossero state collegate: certo che Immuni si diffondeva! Non sarebbe stato corretto, è vero, ma questo dimostra che se c’è un vantaggio chiaro le persone sono portate a superare il divario digitale, specie in una città come Milano.
Naturalmente non significa che non ci siano sacche di popolazione che farebbero fatica, ma persino le persone nelle RSA nel momento in cui devono parlare con i propri figli imparano ad usare il tablet!
D. La fatica. Interagire sui social con un like, un +1, un “mi fido” è molto facile, ma partecipare in maniera informata e intelligente richiede fatica. Qual è la grande ricompensa?
Fiorella De Cindio. È avere la propria voce ascoltata. “Il poter contare”. C’è un grande disagio da parte dei cittadini che si sentono poco ascoltati. Già nel ‘94 RCM si proponeva di “avvicinare i cittadini alle Istituzioni” e ciò che allora era una fessurina, ora è diventato un baratro.
All’apertura del 2nd World Forum for Democracy del 2013, organizzato dal Consiglio d’Europa a Strasburgo, Mary Kaldor, docente della London School of Economics, per definire la democrazia disse “un cittadino si sente di vivere in un contesto democratico se può partecipare sulle cose che a lui interessano”. E non sono tutte, non sono sempre! Ma se io vivo a Città Studi vorrei poter dire qualcosa se mi tirano giù gli alberi di Via Bassini, se vivo in Val di Susa vorrei dire qualcosa se mi scavano la valle. Se questo non succede, difficilmente avrò una percezione positiva della politica perché laddove avevo qualcosa da dire nessuno mi ha ascoltato.
D. Negli ultimi anni qualche esperienza a Milano è stata fatta. Penso ai patti di collaborazione, ma soprattutto alle due edizioni del Bilancio partecipativo.
Oliverio Gentile. Noi abbiamo gestito la seconda edizione del Bilancio Partecipativo, quella del 2017/18, fatta con questa consiliatura, nell’ambito del progetto europeo Empatia. Più contenuta della prima dal punto di vista dei budget a disposizione (40.000€ per la gestione del processo contro i 200.000€ della prima, e 500.000€ a Municipio contro il milione dell’edizione precedente)
Abbiamo sviluppato uno strumento ad hoc, sulla piattaforma openDCN, quella di PartecipaMi. E abbiamo fatto tutto in modo trasparente: tutti vedevano tutto, i cittadini hanno partecipato direttamente, senza facilitatori o altri intermediari. Alla fine son stati finanziati 12 progetti, votati da 18.000 cittadini con oltre 40.000 voti (ogni partecipante poteva esprimere fino a 3 preferenze).
Fiorella De Cindio. Per me è un dispiacere che sia stato fatto un solo bilancio partecipativo. Anche se c’è una motivazione ragionevole: per fare una seconda istanza di bilancio partecipativo è necessario che i progetti decisi nella prima siano per lo meno in stato di avanzata realizzazione. Ma questo, avendo scelto di lavorare su progetti che prevedono opere pubbliche, risulta difficile, perché si entra in un iter di realizzazione complesso con necessità di bandi di gara, piani triennali ecc. che inevitabilmente rallentano tutto.
Chi è coinvolto nei progetti approvati ha avuto la possibilità di rendersi conto che c’è la volontà di portarli a termine. Ma si tratta di una comunità piccola anche rispetto a quelli che hanno votato. Secondo me si potrebbero attivare Bilanci Partecipativi non necessariamente su opere pubbliche, e magari anche con cifre inferiori ai 500.000€ destinati a servizi realizzabili più rapidamente.
D. L’esperienza fatta dimostra dunque che la partecipazione digitale offre molte possibilità…
Fiorella De Cindio. Partecipazione digitale è un termine molto generico in cui rientrano cose molto diverse. Dalle petizioni dal basso su change.org (che raramente incidono davvero), alle primarie dei partiti o le consultazioni del M5s su Rousseau, dalle consultazioni del Comune di Milano sul Piano Aria Clima ai Bilanci Partecipativi.
I cittadini hanno diversi livelli e stili di partecipazione, soprattutto diversi interessi e quindi diverso coinvolgimento. Il “just one click”, il +1 o un “mi fido” sono attività molto semplici, ma possono essere una funzionalità importante, utile e democratica dentro un sistema software che gestisce e facilita diversi livelli di partecipazione e favorisce il salto di livello.
Per esempio, nel bilancio partecipativo il primo livello è fare che le persone leggano, si informino. Il secondo è spingerli a fare click, cioè a dire che quel progetto piace di più di un altro. È chiaro che in questo contesto quel click ha già un valore maggiore del semplice like su Facebook.
Il passo successivo è fare in modo che ricevano anche delle notifiche su quel progetto e poi che partecipino alla sua messa a punto in modo chela volta dopo saranno magari loro stessi a presentare una proposta.
In questo senso c’è un salto di livello. Quindi la differenza fra l’avere un singolo strumento o una piattaforma che raccoglie tante funzionalità, e quella di Milano Partecipa è una piattaforma di questo genere, permette di fare le attività iniziali su cui tutti hanno ormai una buona confidenza, ma poi lentamente favorire livelli di coinvolgimento maggiori.
D. Se una Amministrazione vuole dialogare con i cittadini che piattaforma deve scegliere? con quali caratteristiche?
Fiorella De Cindio. La prima condizione, ormai data per scontata, è che queste piattaforme siano a codice aperto.
Ma il sw aperto è davvero efficace se inserito in una comunità di sviluppatori perché solo così continuerà ad aggiornarsi e a migliorarsi. Ogni modifica della piattaforma software deve essere condivisa con la comunità altrimenti si rischia di diventare rapidamente un ramo a sé che non si avvale più dei miglioramenti. Questo è un problema molto serio anche su Decidim, la piattaforma ora in uso. Bisognerebbe rafforzare il rapporto e la presenza delle varie istanze italiane nella comunità di sviluppatori.
D. Decidim è la piattaforma di Milano partecipa. Come nasce questa scelta?
Fiorella De Cindio. Negli ultimi 15 anni c’è stata una crescente attenzione su piattaforme software che riuniscono vari strumenti a supporto della partecipazione. Uno di questi progetti è stato Empatia che è stato la cornice del secondo bilancio partecipativo in cui noi eravamo coinvolti come Fondazione e come Università, gestito dal software è poi quello su cui gira PartecipaMi.
Un altro progetto più o meno parallelo come anni è stato il progetto D-cent che nasce molto legato al movimento degli Indignados e realizza una piattaforma software che viene adottata a Madrid, con il nome di Consul, e si plasma intorno alle esigenze della città di Madrid.
Decidim, si stacca da Consul, si autonomizza, con l’idea di fare una piattaforma più flessibile, che non contenga nel suo codice tutti quei vincoli disegnati sulle esigenze specifiche di una particolare città. E infatti Decidim non solo viene adottato a Barcellona, ma si afferma come una piattaforma di ampio utilizzo intorno a cui cresce una comunità di sviluppo - Metadecidim. Dopo Barcellona viene adottato - tra gli altri - a Helsinki, Orsay, Nanterre, Nancy, Città del Messico, da diverse regioni in Spagna e Francia, da varie organizzazioni (30 città, 12 regioni e 22 organizzazione). Una iniziativa di parlamentari francesi per raccogliere proposte dei cittadini per la gestione dell’emergenza Covid. ha visto la partecipazione di oltre 17.000 cittadini che, su 11 aree tematiche, hanno avanzato oltre 8000 proposte su cui, nell’insieme, si sono raccolti oltre 100.000 consensi.
Anche in Italia Decidim ha un certo numero di installazioni interessanti; oltre a quella di Milano, c’è quella per le consultazioni del governo (parteciPa.gov.it) , quella della regione Puglia (partecipazione.regione.puglia.it), insomma cominciano ad esserci un po’ di esperienze significative.
Oliverio Gentile. Il concetto base di Decidim è il processo partecipativo strutturabile in varie fasi e componibile con i componenti/strumenti che mette a disposizione la piattaforma. I principali sono: proposte, che comprende anche la possibilità chiedere pareri puntuali su testi (è lo strumento utilizzato per le osservazioni al Piano Aria e Clima e per quelle al Regolamento sulla Partecipazione); bilanci partecipativi; questionari; incontri; dibattiti; rendicontazioni; blog.
Negli strumenti si possono attivare: voti, supporti (intesi come "Mi piace") e commenti. In Decidim sono stati introdotti anche processi predefiniti per gestire consultazioni, assemblee e iniziative dal basso.
Anche in Italia Decidim ha un certo numero di installazioni interessanti; oltre a quella di Milano, c’è quella per le consultazioni del governo (parteciPa.gov.it) , quella della regione Puglia (partecipazione.regione.puglia.it), insomma cominciano ad esserci un po’ di esperienze significative.
D. Che caratteristiche e funzionalità ha Decidim?
Negli strumenti si possono attivare: voti, supporti (intesi come "Mi piace") e commenti. In Decidim sono stati introdotti anche processi predefiniti per gestire consultazioni, assemblee e iniziative dal basso.
Una caratteristica importante è che non c’è una moderazione a priori, tutti i contributi vengono pubblicati ed eventualmente disapprovati a posteriori, solo se violano le regole di netiquette o regole interne.
Sul portale realizzato per il Comune di Milano, per accedere, è richiesto lo SPID o l'autenticazione con l'account del portale, e questa è la modifica più significativa, forse l’unica, rispetto alla versione oggi usata dalla Decidim-community; per il resto sono rimasti abbastanza nell’alveo della progettazione condivisa.
A livello di funzionalità, ognuno ha il proprio account. La privacy è molto curata; ognuno in qualsiasi momento può chiedere di essere rimosso dal sistema con tutti i suoi dati, anche se rimangono i suoi contributi pubblici, ma anonimizzati.
Ciascuno può impostare le notifiche come preferisce, così se il cittadino fa o vede una proposta che gli interessa, può scegliere di seguirla. C’è la possibilità di menzionare altri partecipanti, come avviene su FB, nel caso si vogliano coinvolgere altre persone interessate a quel tema. E l’interessato riceverà una notifica.
Il Comune di Milano, per questione di privacy, ha scelto di mostrare di default come nickname, il solo nome seguito da un numero progressivo nel caso di cittadini con lo stesso nome. Se un cittadino vuole comparire anche con il cognome – per farsi riconosce nel dibattito pubblico -- può modificare autonomamente il proprio nickname.
A livello di funzionalità, ognuno ha il proprio account. La privacy è molto curata; ognuno in qualsiasi momento può chiedere di essere rimosso dal sistema con tutti i suoi dati, anche se rimangono i suoi contributi pubblici, ma anonimizzati.
Ciascuno può impostare le notifiche come preferisce, così se il cittadino fa o vede una proposta che gli interessa, può scegliere di seguirla. C’è la possibilità di menzionare altri partecipanti, come avviene su FB, nel caso si vogliano coinvolgere altre persone interessate a quel tema. E l’interessato riceverà una notifica.
Il Comune di Milano, per questione di privacy, ha scelto di mostrare di default come nickname, il solo nome seguito da un numero progressivo nel caso di cittadini con lo stesso nome. Se un cittadino vuole comparire anche con il cognome – per farsi riconosce nel dibattito pubblico -- può modificare autonomamente il proprio nickname.
Quello che secondo me manca in Decidim rispetto alle nostre piattaforme è che non esiste, nei dibattiti, la possibilità di allegare documenti da parte dei partecipanti e nello strumento di raccolta proposte si può allegare un solo file. Questo limita la possibilità di avere una partecipazione davvero informata. I cittadini possono accedere ai documenti che l’amministrazione mette a disposizione, ma non possono contribuire ad arricchire la conoscenza condivisa sui vari argomenti. E questa a mio avviso è la grossa pecca di Decidim rispetto alla piattaforma su cui si era svolto il bilancio partecipativo 2018, dove i partecipanti potevano allegare tutti i file utili sia nei dibattiti che nelle proposte.
D. E l’autenticazione con lo SPID può costituire una barriera?
Fiorella De Cindio. Quella dell’autenticazione è una parte fondamentale della strategia per una partecipazione civica, ma bisogna bilanciare il tipo di autenticazione – più o meno forte – con il livello di partecipazione, per evitare di introdurre barriere che scoraggiano la partecipazione. Per fare un commento a una proposta è forse eccessivo pretendere un’autenticazione con lo SPID, possono bastare email confermata e password, evitando però che una stessa persona si possa collegare con le sue quattro email, come accade su change.org. L’autenticazione con lo SPID dovrebbe corrispondere ad un effettivo potere decisionale, come ad esempio contribuire a decidere quale proposta di un Bilancio Partecipativo finanziare.
Questa gradualità nella autenticazione fa parte di quel ragionamento di consentire livelli di partecipazione diversi e favorire l’evoluzione a quelli più elevati.
D. Torniamo al vostro intento iniziale regole condivise, modalità civili… una progettazione dell’uso della rete ai fini civici, sociali, di correttezza e di condivisione della conoscenza. I social, si sono affermati sul livello più basso. Forse far evolvere questi comportamenti è compito di chi ci sta sulla rete.
Fiorella De Cindio. È vero, dovremmo investire di più su una educazione consapevole all’uso delle tecnologie digitali e magari creare nuove piattaforme. La cancelliera Merkel un po’ di anni fa, aveva suggerito di creare un Social Network Europeo. Barca l’ha ripreso l’anno scorso in un’intervista su Il Fatto Quotidiano. Dopo le recenti vicende ‘intorno’ alla cancellazione dell’account di Trump da parte di Facebook e Twitter questo dibattito sta forse tornando in auge.
Ogni tanto penso che ci sarebbe un’iniziativa molto semplice per cambiare le cose: bisognerebbe affermare che un comune, o un’altra amministrazione pubblica, non può avere come unico spazio di dialogo libero - sia pure opportunamente regolato - con i cittadini una pagina FB. Perché un comune italiano dovrebbe usare la piattaforma di Zuckerberg, che è una piattaforma, con regole proprie soggetta alla legislazione statunitense (o forse dello Stato in cui stanno i server)?
Così come si è introdotta una legge che impone alla PA di usare software open source, non è possibile un provvedimento che dice che le piattaforme di interazione e partecipazione delle Istituzioni non possono essere piattaforme gestite da aziende private che lo fanno per profitto?
Oliverio Gentile. Quelli sono strumenti fatti ad hoc per clienti e non per cittadini sovrani. Dopo gli ultimi fatti degli Stati Uniti, dovrebbe riemergere l’esigenza di qualcosa di civico.
Fiorella De Cindio. Deve esserci uno spazio per i cittadini per partecipare che non sia la polemica sterile su Facebook. Ma ci vuole coerenza e continuità.
Un esempio. È stato rilasciato dal governo l’elenco dei siti su cui si vuole fare stoccaggio delle scorie nucleari ed è stata avviata una consultazione su questa cosa. Ma quando l’ho cercata su partecipa.gov.it ho scoperto che è su un’altra piattaforma realizzata dalla società che ha scritto quel documento. Se si è creato un ambiente digitale di dialogo e consultazione coi cittadini, perché sia credibile bisogna usarlo!
D. E tornando a Milano… Ci avete già detto dello SPID. Ma rispetto alle altre funzionalità, cosa ci attende per Milano Partecipa?
Oliverio Gentile. I prossimi bilanci partecipativi, così come tutti i processi partecipativi che il Comune di Milano vorrà attuare di qui in avanti, dovrebbero confluire su questa piattaforma che dovrà supportare tutti gli istituti di partecipazione previsti dal nuovo regolamento. Naturalmente supponendo che l’assessorato alla partecipazione sopravviva ad un prossimo cambio di giunta.
Nell’immediato futuro, alla possibilità di fare osservazioni sul Piano aria e clima, si aggiungerà la possibilità di commentare il nuovo regolamento sulla partecipazione. Sono in via di sviluppo e in rilascio lo strumento per le petizioni e per i referendum. Si tratta di altri due strumenti che supportano iniziative di partecipazione che partono dalla cittadinanza. Man mano si attiveranno strumenti a supporto di tutti gli istituti di partecipazione previsti dallo statuto e dal regolamento comunale.
D. In conclusione, una tua considerazione finale sulla situazione e sulle prospettive della partecipazione a Milano
Fiorella De Cindio. Credo che sia un fatto molto importante che il comune oggi abbia una sua piattaforma di partecipazione che è sicuramente una delle più significative che ci sono in giro, usata anche dal governo e da un sacco di città in Europa. È un buon punto di partenza.
Mi piacerebbe che la discussione su Piano clima e Regolamento della Partecipazione rappresentassero davvero l’inizio di una pratica di partecipazione che diventi un impegno della nuova amministrazione su qualunque progetto.
Visto che adesso c’è la piattaforma e c’è un regolamento (che speriamo sia approvato entro questa consiliatura), ci sono tutte le condizioni perché la prossima amministrazione porti avanti questo impegno.
Tuttavia, un buon software e un buon regolamento non bastano. Diventa cruciale la progettazione di ogni singolo processo partecipativo: la definizione del contratto di partecipazione che chiarisce cosa i cittadini si possono attendere a fronte della loro partecipazione e anche la scelta dello strumento, o meglio del processo, più consono a favorire ciascuna iniziativa di partecipazione.
Ogni volta si deve attentamente valutare se è più efficace, rispetto al risultato che si vuole raggiungere, raccogliere le proposte dai cittadini, attivare una consultazione, oppure far commentare un testo (come succede ora nel caso del Piano clima) o una loro combinazione in un processo complesso. Si tratta di una scelta che deve tenere presente l’impegno che un processo partecipativo comporta tanto per i cittadini che per i funzionari del Comune che devono seguirlo.
D. E l’autenticazione con lo SPID può costituire una barriera?
Fiorella De Cindio. Quella dell’autenticazione è una parte fondamentale della strategia per una partecipazione civica, ma bisogna bilanciare il tipo di autenticazione – più o meno forte – con il livello di partecipazione, per evitare di introdurre barriere che scoraggiano la partecipazione. Per fare un commento a una proposta è forse eccessivo pretendere un’autenticazione con lo SPID, possono bastare email confermata e password, evitando però che una stessa persona si possa collegare con le sue quattro email, come accade su change.org. L’autenticazione con lo SPID dovrebbe corrispondere ad un effettivo potere decisionale, come ad esempio contribuire a decidere quale proposta di un Bilancio Partecipativo finanziare.
Questa gradualità nella autenticazione fa parte di quel ragionamento di consentire livelli di partecipazione diversi e favorire l’evoluzione a quelli più elevati.
D. Torniamo al vostro intento iniziale regole condivise, modalità civili… una progettazione dell’uso della rete ai fini civici, sociali, di correttezza e di condivisione della conoscenza. I social, si sono affermati sul livello più basso. Forse far evolvere questi comportamenti è compito di chi ci sta sulla rete.
Fiorella De Cindio. È vero, dovremmo investire di più su una educazione consapevole all’uso delle tecnologie digitali e magari creare nuove piattaforme. La cancelliera Merkel un po’ di anni fa, aveva suggerito di creare un Social Network Europeo. Barca l’ha ripreso l’anno scorso in un’intervista su Il Fatto Quotidiano. Dopo le recenti vicende ‘intorno’ alla cancellazione dell’account di Trump da parte di Facebook e Twitter questo dibattito sta forse tornando in auge.
Ogni tanto penso che ci sarebbe un’iniziativa molto semplice per cambiare le cose: bisognerebbe affermare che un comune, o un’altra amministrazione pubblica, non può avere come unico spazio di dialogo libero - sia pure opportunamente regolato - con i cittadini una pagina FB. Perché un comune italiano dovrebbe usare la piattaforma di Zuckerberg, che è una piattaforma, con regole proprie soggetta alla legislazione statunitense (o forse dello Stato in cui stanno i server)?
Così come si è introdotta una legge che impone alla PA di usare software open source, non è possibile un provvedimento che dice che le piattaforme di interazione e partecipazione delle Istituzioni non possono essere piattaforme gestite da aziende private che lo fanno per profitto?
Oliverio Gentile. Quelli sono strumenti fatti ad hoc per clienti e non per cittadini sovrani. Dopo gli ultimi fatti degli Stati Uniti, dovrebbe riemergere l’esigenza di qualcosa di civico.
Fiorella De Cindio. Deve esserci uno spazio per i cittadini per partecipare che non sia la polemica sterile su Facebook. Ma ci vuole coerenza e continuità.
Un esempio. È stato rilasciato dal governo l’elenco dei siti su cui si vuole fare stoccaggio delle scorie nucleari ed è stata avviata una consultazione su questa cosa. Ma quando l’ho cercata su partecipa.gov.it ho scoperto che è su un’altra piattaforma realizzata dalla società che ha scritto quel documento. Se si è creato un ambiente digitale di dialogo e consultazione coi cittadini, perché sia credibile bisogna usarlo!
D. E tornando a Milano… Ci avete già detto dello SPID. Ma rispetto alle altre funzionalità, cosa ci attende per Milano Partecipa?
Oliverio Gentile. I prossimi bilanci partecipativi, così come tutti i processi partecipativi che il Comune di Milano vorrà attuare di qui in avanti, dovrebbero confluire su questa piattaforma che dovrà supportare tutti gli istituti di partecipazione previsti dal nuovo regolamento. Naturalmente supponendo che l’assessorato alla partecipazione sopravviva ad un prossimo cambio di giunta.
Nell’immediato futuro, alla possibilità di fare osservazioni sul Piano aria e clima, si aggiungerà la possibilità di commentare il nuovo regolamento sulla partecipazione. Sono in via di sviluppo e in rilascio lo strumento per le petizioni e per i referendum. Si tratta di altri due strumenti che supportano iniziative di partecipazione che partono dalla cittadinanza. Man mano si attiveranno strumenti a supporto di tutti gli istituti di partecipazione previsti dallo statuto e dal regolamento comunale.
D. In conclusione, una tua considerazione finale sulla situazione e sulle prospettive della partecipazione a Milano
Fiorella De Cindio. Credo che sia un fatto molto importante che il comune oggi abbia una sua piattaforma di partecipazione che è sicuramente una delle più significative che ci sono in giro, usata anche dal governo e da un sacco di città in Europa. È un buon punto di partenza.
Mi piacerebbe che la discussione su Piano clima e Regolamento della Partecipazione rappresentassero davvero l’inizio di una pratica di partecipazione che diventi un impegno della nuova amministrazione su qualunque progetto.
Visto che adesso c’è la piattaforma e c’è un regolamento (che speriamo sia approvato entro questa consiliatura), ci sono tutte le condizioni perché la prossima amministrazione porti avanti questo impegno.
Tuttavia, un buon software e un buon regolamento non bastano. Diventa cruciale la progettazione di ogni singolo processo partecipativo: la definizione del contratto di partecipazione che chiarisce cosa i cittadini si possono attendere a fronte della loro partecipazione e anche la scelta dello strumento, o meglio del processo, più consono a favorire ciascuna iniziativa di partecipazione.
Ogni volta si deve attentamente valutare se è più efficace, rispetto al risultato che si vuole raggiungere, raccogliere le proposte dai cittadini, attivare una consultazione, oppure far commentare un testo (come succede ora nel caso del Piano clima) o una loro combinazione in un processo complesso. Si tratta di una scelta che deve tenere presente l’impegno che un processo partecipativo comporta tanto per i cittadini che per i funzionari del Comune che devono seguirlo.
Per gli uni e per gli altri, e per chi fa le scelte di progettazione, le prime esperienze saranno una sorta di palestra di apprendimento che necessita di un contesto che favorisce la fiducia reciproca: non deve essere più possibile che ci siano iniziative di partecipazione che non prevedano l’uso significativo di un ambiente online o ne propongano uno diverso da quello ora adottato. Non perché Decidim sia perfetto, ma perché è importante creare una consuetudine alla partecipazione e una comunità di cittadini che partecipano dando il loro contributo attivo al governo della città.
*Rete Civica di Milano nasce nel ’94 e nel ’98 diventa Fondazione; i soci fondatori sono Regione Lombardia, Provincia di Milano, Camera di Commercio, Università Statale di Milano e l’associazione di Libera Informatica Civica da cui era nata; il Comune di Milano aderisce nel 2013 come socio onorario.
Nel 2001 l’Ambrogino d’Oro attesta l’importanza del lavoro svolto. Nel 2007 nasce PartecipaMI, naturale evoluzione dell’iniziativa fatta per le comunali del 2006 per la quale RCM aveva messo a disposizione dei cittadini e dei candidati un ambiente pubblico in cui interagire in campagna elettorale.
PartecipaMi è un ambiente telematico gratuito che offre un forum permanente sulla città strutturato in nove sezioni, una per ogni Municipio, dove lo strumento più utilizzato in tutti questi anni è stata la discussione informata sviluppata sulla piattaforma openDCN (Open Deliberative Community Network).
L’iniziativa vive unicamente con le quote annuali dei suoi 7.000 cittadini registrati che la finanziano dal 2014, da quando cioè la Provincia di Milano, oramai Città Metropolitana, ha erogato l’ultimo contributo pubblico.
*Rete Civica di Milano nasce nel ’94 e nel ’98 diventa Fondazione; i soci fondatori sono Regione Lombardia, Provincia di Milano, Camera di Commercio, Università Statale di Milano e l’associazione di Libera Informatica Civica da cui era nata; il Comune di Milano aderisce nel 2013 come socio onorario.
Nel 2001 l’Ambrogino d’Oro attesta l’importanza del lavoro svolto. Nel 2007 nasce PartecipaMI, naturale evoluzione dell’iniziativa fatta per le comunali del 2006 per la quale RCM aveva messo a disposizione dei cittadini e dei candidati un ambiente pubblico in cui interagire in campagna elettorale.
PartecipaMi è un ambiente telematico gratuito che offre un forum permanente sulla città strutturato in nove sezioni, una per ogni Municipio, dove lo strumento più utilizzato in tutti questi anni è stata la discussione informata sviluppata sulla piattaforma openDCN (Open Deliberative Community Network).
L’iniziativa vive unicamente con le quote annuali dei suoi 7.000 cittadini registrati che la finanziano dal 2014, da quando cioè la Provincia di Milano, oramai Città Metropolitana, ha erogato l’ultimo contributo pubblico.
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