Città della Salute, un caso esemplare - prima parte

Cattive politiche sanitarie, interessi pubblici e privati a svantaggio dei cittadini. Ecco come buttare soldi pubblici e non risolvere i problemi. ()
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La pandemia da Coronavirus come sappiamo ha colpito in modo particolarmente duro la Lombardia e messo in grave crisi il sistema sanitario della nostra regione. Molte le cause e fra di esse una delle principali è stata identificata nell’eccessivo peso attribuito agli ospedali, privilegiati da Regione Lombardia rispetto alla medicina territoriale e ai medici di famiglia. In questa strategia di ospedalizzazione spinta del sistema sanitario lombardo, strategia che si esprime anche con l’enorme peso attribuito alla sanità privata convenzionata, rientra anche un progetto di cui si parla da quasi vent’anni senza che sia stato ancora realizzato nulla e che ci riguarda da vicino: creare una “Città della salute e della ricerca di Milano”, dove dovrebbero confluire due strutture di eccellenza del nostro Municipio 3, l’Ospedale neurologico Besta e I’Istituto nazionale dei tumori, entrambi con sede in Città Studi.

La drammatica situazione dei due istituti

Nel frattempo il Besta che era già in grave crisi per carenza di spazi quando si cominciò a parlare del suo trasferimento quasi vent’anni fa appunto, sta letteralmente scoppiando e l’Istituto nazionale tumori, che già si era allargato al suo interno, inizia ad avere anch'esso problemi di spazio, tanto che si parla di una ristrutturazione di aree della vecchia ala degli anni Venti dismessa da tempo. Scelte sbagliate per motivi politici, legali, di interessi economici, che hanno causato colpevoli ritardi, rischiano di danneggiare seriamente due strutture sanitarie tra le più prestigiose del nostro paese.

Proviamo qui una ricostruzione, forzatamente semplificata, di fatti, interessi, opposizioni, contrasti, vicende legali e giudiziarie tra la fine degli anni ’90 e il 2020.

Una città della salute a Sesto

Le aree un tempo occupate dalle ex acciaierie Falck - 1.500.000 mq con gli stabilimenti Unione, Concordia, Vittoria, Vulcano definitivamente smantellati nel 1996, e da allora in attesa di trasformazione - sono da oltre vent’anni al centro di progetti più o meno concreti e investimenti significativi. Diverse proprietà, affiancate da un gran numero di tecnici e progettisti si sono avvicendate negli anni, prospettando nuovi scenari, più o meno realistici. L’ultimo in ordine di tempo e che ormai da molti anni si sta tentando di realizzare tra mille difficoltà è appunto la “Città della salute e della ricerca di Milano”.

La prima idea era stata il Sacco

Si cominciò a parlare di Città della salute quando negli anni ’90 l’Ospedale Besta iniziò a soffrire per carenza di spazi. Si pensò subito di mettere insieme due eccellenze in zona, che già condividevano alcuni laboratori di servizio, il Besta appunto e I’Istituto nazionale dei tumori (che d’ora in poi chiameremo INT per brevità). I due ospedali, essendo specialistici, necessitavano di operare accanto a una grande struttura generalista, quindi il progetto fu esteso all’Ospedale Sacco. Mettere insieme le competenze e i servizi del Sacco, dell’INT e del Besta poteva rappresentare la soluzione dei problemi di spazio e logistica in particolare del Besta, e contemporaneamente fornire l’occasione per riqualificazioni e ampliamenti di entrambi. Siamo già nel 2006. Ma il progetto non decolla per diversi motivi, legati alla scelta del Sacco, ma anche alle resistenze ‘locali’ dei sindacati, dei cittadini della zona e del Consiglio di Zona 3 di allora.

Ma l’INT ne aveva davvero bisogno?

Contro questo progetto si era già espressa la rappresentanza sindacale dell’INT, sostenendo che era illogico uno spostamento dato che si erano appena fatti grossi investimenti come l’Amadeo Lab, per arricchire la sua dotazione di ricerca e laboratori. Il Besta, con un direttore di stretta fede formigoniana, taceva. L’idea originale, con la collocazione strategica nell’area Vitalba-Roserio al confine tra Novate Milanese e Milano, viene abbandonata a fine 2011: si scopre che l’area non ha i requisiti necessari, perché la attraversa un torrente che ne mette a rischio la stabilità idrogeologica, e in secondo luogo mancavano le infrastrutture di trasporto. Risultato: cinque anni gettati al vento e tanti denari sperperati in progettazioni e studi di fattibilità inutili.

Logiche politiche o sanitarie?

Inizia allora un gioco tra Comune e Regione su dove collocare la Città della salute tra due ipotesi: la ex caserma Perrucchetti, proposta dal Comune, e l’area ex Falck di Sesto San Giovanni, offerta dal sindaco Oldrini e appoggiata dalla Regione, entrambe a basso costo di acquisto ma con necessità di bonifiche, in particolare la seconda. Dal gioco, sempre più politico, che si intreccia con logiche immobiliari, sono rigorosamente esclusi i responsabili operativi dei due istituti, mentre è via via più chiaro che lo spostamento ha senso solo se consente di affiancare un ospedale generalista alle due strutture mono-specialistiche di Città Studi. È altrettanto chiaro che, mentre il Besta non ha più spazio e ha già esternalizzato molte attività, l’INT può ancora crescere. Risulta anche lampante che i due istituti,riconosciuti come eccellenze a livello internazionale, non hanno ricerca in comune né presentano possibili sinergie operative in ambito sanitario o scientifico perché sono dedicate a due ambiti totalmente distinti: oncologia e neurologia. Per converso, data la loro avanzata specializzazione, trarrebbero entrambi vantaggio dall’affiancamento a un ospedale generalista.

Altro aspetto rilevante è il forte impatto sull’indotto economico che l’allontanamento dei due istituti provocherà per la Zona 3 e in particolare per il quartiere di Città Studi, che da tempo ormai si è attrezzato per accogliere i pazienti e le loro famiglie che provengono da tutt’Italia.

Anche il compianto Gigi Campolo, primario emerito di Niguarda e attivo sui temi della sanità, entra nel dibattito firmando con altri colleghi una lettera al Corriere della Sera in cui la questione della Città della Salute viene di fatto ribaltata: non un progetto calato dall’alto e orchestrato dalla Regione, ma un progetto che mette al centro delle scelte sul futuro del Besta e dell’INT i reali requisiti sanitari e di sviluppo dei due istituti, ovvero le esigenze dei malati e di chi vi lavora. Siamo all’inizio degli anni 10 e Formigoni spinge e stanzia 232 milioni per la 'soluzione Sesto'.

Incontri e riflessioni sul tema rafforzano sempre di più la convinzione dei cittadini attivi di Città Studi che l’operazione è perseguita esclusivamente a fini immobiliaristici. Troppo appetibile è la gigantesca area ex-Falck, ma anche troppo complicata da ‘valorizzare’ senza un intervento pubblico, anche per l’enorme problema delle bonifiche necessarie per riconvertirla.

E il Comune di Milano?

L’assessore Majorino chiede più tempo per valutare le possibili soluzioni anche con i lavoratori (si parla sempre della ex caserma Perrucchetti, ma anche di Niguarda e, perché no, del Policlinico che è in fase di ristrutturazione). Il consulente sanitario di Pisapia, Giuseppe Landonio, coinvolto sul tema, preferirebbe che l’Istituto dei tumori restasse dov’è: per ristrutturarlo bastano 80 milioni, dice Landonio. E il Besta potrebbe spostarsi nei padiglioni presto vuoti di Niguarda, che sta iniziando anch’esso una fase di grande ricostruzione e sviluppo. Qui potrebbe esserci una Città della Salute, pronta entro il 2014, tre anni prima del progetto allora proposto per Sesto con obiettivo 2017. E il piano Landonio, anche decisamente più economico, trova l’appoggio dei sindacati.

Altre ipotesi

Nel frattempo si profila anche una soluzione CERBA (Centro europeo di ricerca biomedica avanzata) proposta dall’immobiliarista Manfredi Catella, che ritroveremo anni dopo al centro delle più importanti operazioni immobiliari milanesi. Catella parla della Città della salute come di un grande progetto scientifico e non immobiliare, e ha la garanzia di Umberto Veronesi. L’idea di Catella sarebbe di candidare un’area al Parco Sud che avrebbe anche meno bisogno di bonifiche.

Dal territorio una voce contro

È così che, unica istituzione politica a farlo, tra il 2012 e il 2014 l’amministrazione in carica del Consiglio di Zona 3, insieme ai sindacati di Besta e INT e a un gruppo di medici, pone con forza il problema della localizzazione: a chi giova, a cosa giova, cosa danneggia? Chi spinge così fortemente per la soluzione ex Falck-Sesto, che appare sempre più inidonea al progetto? Quali sono gli interessi in ballo? Un’altra domanda è: che fine farà tutta la struttura che rimane lì, a Città Studi? Amadeo Lab, nuovo, Cascina Rosa, concessa per 90 anni, sale operatorie nuove. C’è un piano per lasciare a Città Studi almeno una struttura ambulatoriale? Nel giugno 2012 Il Consiglio di Zona 3 convoca una sua seduta straordinaria nell’aula magna dell’Istituto dei tumori, un consiglio monotematico sul tema del trasferimento dei due ospedali, alla presenza di medici, personale sanitario e amministrativo, sindacalisti. La posizione dei gruppi consiliari di maggioranza e del presidente Sacristani è unanime e si riassume in alcune richieste al Comune di Milano, sostenute con voto favorevole anche da larga parte della minoranza:

- che l’amministrazione comunale si faccia interprete presso Regione Lombardia (il presidente Formigoni) affinché sia sospesa fino a settembre la decisione sulla scelta dell’area per poter meglio valutare il mantenimento in forme nuove dei due istituti in Città Studi;

- in subordine che il Comune sostenga almeno la permanenza in Zona 3 dell’INT, con le opportune opere di assestamento ristrutturando vecchi edifici di proprietà dell’istituto (via Ponzio, Cascina Rosa).

Una timida resistenza

Il Comune di Milano con l’assessore alle Politiche sociali Majorino e il sindaco Pisapia tenta una timida resistenza contro il trasferimento a Sesto, appare palesemente un errore riproponendo un’ultima volta la soluzione della ex-caserma Perrucchetti. Possiamo leggere molti dettagli al proposito negli articoli scritti al’epoca e successivamente dal nostro collaboratore Beppe Caravita e che trovate nei riferimenti agli articoli correlati a fondo pagina. In Consiglio comunale Carlo Monguzzi del Partito Democratico tenta un’estrema resistenza : “L’INT non ha urgente bisogno di spazi - dice nel suo intervento - mentre ne ha bisogno urgente il Besta, ma, essendo mono-specialità (NdR: vedi il precedente intervento di Campolo), ha bisogno di accorparsi a un grosso ospedale generalista di alto livello (Niguarda, Policlinico, entrambi con ampi spazi in ristrutturazione). L’INT e il Besta non hanno interazioni scientifiche né tecniche (NdR: come avevamo già visto), quindi l’unico senso per metterli insieme è il fine immobiliaristico.” Di fatto gli interessi immobiliari in ballo sono enormi, Formigoni e Sesto premono. Con l’eccezione di Monguzzi e Majorino (e di Lucia De Cesaris che afferma debolmente “che sarebbe un delitto perdere lo stanziamento regionale di 232 milioni, investiti però con più attenzione”), il PD milanese tace, mentre quello sestese è molto attivo nello spingere per risolvere il suo problema dell’area ex-Falck.

Il progetto immobiliare è approvato

Alla fine Pisapia cede e si ritira dal tavolo opponendo solo qualche timida dichiarazione critica. Così rimane solo Sesto in lizza e Formigoni si affretta a firmare l’accordo a giugno del 2012. L’area ex Falck costerà milioni in bonifiche. Il Comune di Milano è stranamente paralizzato, non è capace di opporre con forza una soluzione più intelligente e più economica. Si crea un fronte politico Milano-Sesto a favore della soluzione Falck trasversale al PD, dai sindaci di Sesto Oldrini e poi Chittò, al PD milanese, al sindaco di Milano Pisapia. E la spuntano Formigoni e Sesto che sperano di risolvere il gigantesco problema del riuso dell’enorme area Falck, la più grande da riqualificare in tutta Europa. Una resa per Milano. L’idea forte di Sesto è passata: usare la Città della salute come spunto per il gigantesco progetto immobiliare sulla grande area ex-siderurgica, firmato nel 2007 da Renzo Piano, per risolvere il grande problema territoriale di Sesto.

(continua)


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