La “miglior innovazione sociale in Europa” per il 2012.
Parola di Bei, Banca Europea degli investimenti. Un premio di prestigio andato, in apparenza,
a ….un grosso appartamento di Milano, via Simone d’Orsenigo, perfettamente arredato
con stanze colorate e di design e due grandi sale. Una per il lavoro in comune
e l’altra, dopo una piccola sala da pranzo, per i bambini, piena di cuscini
colorati e di giochi. Uno spazio di coworking un po’ speciale, Piano C.
Ma anche qualcosa di più, e ben di più, che ha fruttato all’iniziativa il
premio europeo. Qualcosa che nasce dall’esperienza della sua fondatrice,
Riccarda Zezza, professionista e manager. Una carriera nelle multinazionali. Ma
anche giovane madre con due bambini. E tanti, troppi salti mortali fatti,
ogni giorno, per conciliare negli anni passati i figli piccoli con il lavoro. Fino a decidere di licenziarsi. E di
lavorare, da imprenditrice solo su questa esperienza critica per tante come lei.
Di qui, oltre un anno fa, la nascita (con altri cinque soci) di
Piano C. Uno spazio a misura di giovani professioniste e mamme che non vogliono rinunciare al
proprio lavoro, e relegarsi soltanto tra le mura domestiche, in un pericoloso
auto-isolamento.
Di qui il progetto del grande appartamento di Simone
d’Orsenigo. Al classico (ormai) spazio di coworking con i suoi grandi tavoli
condivisi, la rete wi-fi, l’adiacente sala (segmentabile) per tenere incontri,
riunioni, eventi anche l’inedita area per i bimbi. Una sala colorata per
giocare e imparare, il Cobaby, con apposite educatrici mentre la mamma lavora.
E una cucina, dall’aria familiare, per poi ritrovarsi assieme a pranzo.

In più, anche salette per le riunioni riservate. E spazi permanentemente
affittati da startup e associazioni. Come “Valore D”, avviata da più aziende
per la promozione del lavoro femminile.
Ad oggi una trentina di professioniste (più, anche, qualche
papà) fanno parte della comunità di Piano C. Cowork, Cobaby, Community sono le
tre polarità. Pagando abbonamenti intorno ai 125 euro a
trimestre, solo per i giorni della settimana prescelti, vanno là e lavorano, mentre i bimbi giocano sotto l'occhio attento delle educatrici. E soprattutto
si scambiano idee, e spesso opportunità, con gli altri coworker.
Come una giovane mamma di professione traduttrice, con bimba di
un anno, arrivata a Piano C subito dopo la maternità. E con in mano quasi
nulla, piccole collaborazioni. Ma poi coinvolta, sul posto,
da altri soggetti di Piano C a progetti di maggior respiro.
Non solo networking più o meno informale, però. Il quarto
pilastro dell'iniziativa è il portafoglio di servizi. Un primo blocco è costituito
da quelli classici per il sostegno alle startup o ai giovani professionisti:
commercialista, assistenza legale, ricerca bandi, consulenza finanziaria e di
marketing, formazione sul digitale.
Ma quello che davvero rende unica l’attività del team di
Zezza è il sistema di servizi mirato sulle donne professioniste. Soprattutto
per quelle che stanno attraversando il periodo forse più delicato della loro
vita professionale. Il dopo maternità. In cui, molto spesso, le aziende
licenziano o tagliano i contratti di collaborazione, l’incertezza logora le
giornate, la visibilità sul futuro è ai minimi, i bambini richiedono tempo e
tanta attenzione, la fatica per rimettersi in corsa è estrema. Specie se le
giovani mamme restano isolate e senza aiuti.
Di qui programmi su misura Come Maam
(Maternity as a Master), un progetto formativo sviluppato insieme alla società
di consulenza Inspire, che partirà il 17 dicembre, per sviluppare nelle giovani
madri una cultura della maternità come sviluppo ulteriore della personalità, come
rafforzamento sia personale che nel lavoro.
Un ciclo di conferenze e di lavoro in gruppo, inizialmente proposto alle aziende, a cui si
affiancano programmi mirati (più costosi). Come “Back to work”, specifico per il periodo di maternità e con
elementi su misura caso per caso, per ricostituire o sviluppare nuove
competenze lavorative, prepararsi al rientro al lavoro con formatori specifici e seguire
poi attivamente il percorso di auto rafforzamento di Maam.
In pratica il “core” di Piano C (unico in questo in Europa)
è quello di fornire, sulla piattaforma “fisica” di coworking e di cobaby,
strumenti psicologici e professionali per contrastare ogni forma di fuoriuscita
dal lavoro, di emarginazione delle giovani professioniste. Al punto che sono spesso i mariti a
invogliare la moglie – come è successo – a uscire dalle mura di casa e di
tornare a lavorare, anche su cose apparentemente piccole, negli spazi
condivisi. Per interagire con architette, specialiste del web, consulenti di
comunicazione e di marketing.
Così l’iniziativa milanese pensa a se stessa quasi come a un
servizio sociale calibrato sulla maternità. Al punto da rendersi disponibile ad
appoggiare repliche in ogni punto d’Italia. Fino a creare una rete. E la giuria europa ha pienamente notato questo potenziale diffusivo.
Oggi i fondi del premio della Bei, sono stati investiti in
nuovi spazi. Il passo successivo previsto da Piano C è di utilizzarli per vere
e proprie startup, con un crescente ruolo da incubatore, e un programma
chiamato StartHer. Startup al femminile, ovviamente. Come è nel Dna di Piano C.
Beppe Caravita
(continua)
La prima puntata sugli incubatori e il coworking la trovate qui.
(Via Ampère, Bikes of Fire)
Incentivi al coworking in zona 3
La direzione delle politiche del lavoro del Comune di Milano invita i cittadini alla presentazione dell’Avviso Pubblico per la Costituzione di un elenco qualificato di soggetti fornitori di servizi di coworking nella città di Milano.
Erogazione di incentivi economici a favore di giovani coworkers.
Presso l’auditorium di via Valvassori Peroni 56
Mercoledì 4 dicembre dalle 18 alle 20
Ore 18.00 Presentazioni istituzionali
Ore 18.10 Illustrazione dell’Avviso Pubblico a cura del settore Innovazione Economica
Ore 18.30 Presentazione dei fornitori dei servizi di coworking accreditati in zona 3 e dei progetti dei coworkers