La Scuola al centro del Quartiere - seconda parte

Scuole come luoghi d'identità o fabbriche d'istruzione? Attraverso una diversa gestione degli spazi e la condivisione col quartiere, un possibile nuovo ruolo delle scuole per la rigenerazione urbana. ()
ongar vicinato
In occasione di un grande programma di sviluppo, il Piano Regionale di New York, tornò alla ribalta il tema del quartiere come tassello elementare del mosaico metropolitano. Clarence Perry fu incaricato di studiare specificamente il ruolo dei campi da gioco, ma memore dei suoi antichi studi sul ruolo delle scuole e degli altri spazi pubblici, chiese e ottenne di allargare il campo della ricerca, fino a pubblicare nella seconda metà degli anni '20 lo studio definitivo sulla Unità di Vicinato: un insieme di regole di architettura, urbanistica, convivenza, ambiente, rapporti tra famiglie e spazio fisico-sociale, destinato a cambiare per sempre la progettazione delle nuove zone residenziali.

Il quartiere. Un villaggio nella metropoli
Il tassello del mosaico consisteva in un nucleo di circa 5.000 abitanti, corrispondente secondo la composizione familiare media a un numero di alunni standard per un complesso scolastico, attorno a cui si organizzava tutto il resto del quartiere.
Uno spazio pensato come isolato dalle grandi arterie di comunicazione già percorse dalle automobili, dove la scuola con le sue attività di istruzione, incontro, tempo libero, faceva da luogo di identità molto simile alla piazza o al sagrato della città tradizionale.
La collocazione nel verde pubblico sottolineava questa funzione collettiva e diciamo politica-civica importantissima, e la distanza pedonale calcolata dai margini estremi del quartiere segnati dalle grandi arterie finiva per costruire quella specie di «bolla familiare comunitaria» dentro la metropoli moderna, in fondo proprio quel villaggio che le comunità immigrate e inurbate cercavano da sempre.

Un modello imitato anche in Europa
Presto le regole fissate dallo studio di Clarence Perry diventarono la norma per ogni quartiere di iniziativa pubblica, mista o anche privata, soprattutto quando dopo la seconda guerra mondiale partì la ricostruzione pianificata delle città e la realizzazione di nuovi quartieri e nuclei satellite.
In Gran Bretagna il modello della Unità di Vicinato organizzata attorno al plesso scolastico e di servizi trovò spazio soprattutto nelle New Town pensate per decongestionare le inquinate città industriali (e, insinuano in molti, distribuire la popolazione facendola sfuggire alla minaccia nucleare della Guerra Fredda).
In Italia una interessante applicazione del modello fu quella dei villaggi INA-Casa pensati nel Piano per l'Occupazione Operaia del Ministro Fanfani: la società contadina rurale diventava operaia e urbana, ma ad accogliere le famiglie c'erano già, secondo questa logica, spazi di villaggio adeguati, non anonimi casermoni ma edifici equilibrati attorno a verde, piazze, e soprattutto con al centro il complesso scolastico e di servizio: dove trovarsi, magari consultare l'assistente sociale nel suo ufficio, aspettare l'uscita della scuola e fare spesa nei negozi collocati di fronte.

Cambiano abitudini e stili di vita...
Però gli architetti e urbanisti progettisti non avevano tenuto debito conto del ruolo sempre più centrale dell'automobile, e di come il sociologo Clarence Perry ne avesse tenuto massimo conto proprio come fattore di dispersione comunitaria: usare l'auto, progettare lo spazio per l'auto o senza tener conto dell'auto, poteva distruggere la qualità del quartiere e il ruolo della scuola al suo centro.
Naturalmente per inerzia si continuava a progettare secondo quel modello ideale, gli edifici erano distribuiti secondo le distanze e le funzioni così ben ragionate a inizio '900, ma troppe contraddizioni finivano per minare le basi della Unità di Vicinato attorno alla Scuola.
Per esempio il numero di abitanti non più calcolato sulla base della capacità teorica delle classi, ma su altri criteri di fabbisogno abitativo e sociale. E poi ancora l'abbandono della multi-funzionalità degli edifici, per ragioni burocratiche e sindacali aperti solo negli orari delle lezioni o eccezionalmente usati come seggi elettorali.
Infine, il raggio della distanza pedonale che era stata l'intuizione chiave della sociologia e dell'architettura insieme, vanificato e spezzettato dall'irrompere dell'auto e delle strade di sezione larga.

... e la scuola è al centro di un territorio indifferente
È per certi versi da queste contraddizioni che nascono sia quei complessi scolastici suburbani molto simili a centri commerciali o capannoni industriali, sparsi nel territorio e serviti solo dalla mobilità privata e pubblica su gomma, sia i famigerati affollamenti di macchine di genitori e nonni davanti ai cancelli negli orari di entrata e uscita.
Questioni che vengono via via affrontate con provvedimenti sul traffico, gli arredi, le pedonalizzazioni, i mezzi pubblici, ma forse senza tenere debito conto di un fatto: la Scuola così concepita non si trova più al centro del quartiere, della sua identità, delle sue aspirazioni, delle sue relazioni faccia a faccia. Sta invece al centro di un bacino di territorio indifferente, percorso dalle automobili private, e svolge l'unica funzione di «fabbrica di istruzione», esattamente come un centro commerciale o un grande complesso per uffici.

Un nuovo ruolo
Interessante che a Milano sia stato l'architetto Stefano Boeri, nel suo programma per le primarie dieci anni fa, memore dei propri studi urbanistici, a recuperare lo spunto di un nuovo ruolo delle Scuole per la rigenerazione urbana, ponendole di nuovo come nodi spaziali, sociali, multifunzionali.
Idea rimasta in sospeso, ma che forse oggi riemerge potenzialmente nel dopo pandemia, da tanti spunti diversi: la delega assessorile all'Edilizia Scolastica che vede un nuovo ruolo del Comune di Milano (e non più solo dell'amministrazione scolastica) nella gestione degli spazi, e probabilmente anche nel loro allargamento fisico in condivisione col quartiere.
Proviamo, per esempio e per chiudere la nostra piccola schematica riflessione, a ripensare in quella prospettiva lo studio pubblicato in questo sito sul riuso della Scuola Maroncelli. Non si tratta certo di mettersi ad elaborare subito nuovi radicali progetti, ma di provare a ripensare come potrebbe connotarsi, oggi, una Scuola al Centro del Quartiere.


Per saperne di più:

Clarence A. Perry, «The School as a Factor in Neighborhood Development», intervento alla National Conference of Charities and Correction, Memphis, Tennessee, maggio 1914; New York, Russel Sage Foundation, 1914 – Traduzione di Fabrizio Bottini «La Scuola al Centro del Quartiere»;

Roberto Calandra, «La teoria americana della Neighborhood Unit», Metron, gennaio 1946;

Fabrizio Bottini, «La chioccia assassina scende in caccia al tramonto», Today, 16 dicembre 2016;

«Partecipare sì, ma come. I laboratori progettuali 1», z3xmi.it, 8 luglio 2020.

(immagine di copertina: unità di vicinato con al centro le scuole a Ongar New Town: Patrick Abercrombie, Greater London Plan 1944)


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