Fili sospesi (prima parte)

Vite ed esperienze degli stranieri emigrati a Milano raccontate nell’incontro "Comunità, Cura & Coesione Sociale", nell'ambito del recente SocialMi3, il Forum delle Politiche sociali del Municipio 3. A confrontarsi con cittadini ed esponenti delle istituzioni locali sul travaso dalla vita vissuta al volontariato e alla politica, i rappresentati di cinque associazioni e altrettante comunità straniere, ma anche di tre diverse generazioni, ognuna con la sua storia. ()
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Cinque persone, primo giro di interventi per presentarsi ma è già molto più di questo. È seguirle lungo il filo sospeso della vita migrante che ognuna di loro ha vissuto direttamente o come appartenente alla seconda generazione, teso fra un “prima” e un “adesso”. “Prima” è la difficoltà, la separazione, il viaggio, l’arrivo, inserimento, precarietà, spesso la discriminazione. E “adesso” è l’impegno per le comunità straniere che ognuna di loro rappresenta.

A chiamarle all’incontro è una persona che dello stesso impegno è autorevole rappresentante, Rahel Sereke - consigliera di maggioranza in Municipio 3 (unica eletta in tutta Milano della formazione Milano Unita, “ala sinistra” della coalizione del sindaco Sala) - e da anni attivista di riferimento della comunità eritrea a Porta Venezia e nell’Associazione Cambio Passo. Ma riprendiamo dall’inizio. Seguiamo i fili con ordine, ne vale la pena, per il calibro delle persone e il livello degli interventi. Lo comprendono senza dubbio le persone presenti, qualche decina per la verità, che ascoltano attente.

Avvia l’incontro l’assessore alle politiche sociali Filippo Rossi (in forza PD), inserendolo in continuità con gli altri incontri del Forum delle politiche sociali di Municipio che hanno toccato altri temi centrali, giovani, anziani, situazione carceraria, il contrasto all’omotransfobia. E fissa il punto in alto: articolo 3 della Costituzione, “rimuovere gli ostacoli…”. La Carta sprona senza ambiguità alla lotta contro le disuguaglianze, al cambiamento concreto per la garanzia dei diritti per tutte e tutti. E - aggiunge Rossi – la privazione dei diritti si ritorce contro, va a favorire illegalità, sommerso, disagio sociale. Ambizione dell’incontro è quindi individuare cosa si può fare a livello locale per “rimuovere gli ostacoli” come la Costituzione richiede.

Riprende il concetto, Rahel Sereke. Milano è città plurale, ma barriere e recinti separano le persone, le loro vite, le esperienze. Occorre cambiare il linguaggio, per riavviare, rinnovare il dialogo, “mettere in grassetto” le parole, quelle che danno il titolo all’evento: comunità, cura e coesione sociale. E le persone che lei introduce incarnano appieno le esperienze e portano la competenza maturata nelle associazioni in cui operano, la testimonianza dell’impegno per i diritti e per la dignità delle persone delle comunità che rappresentano. I fili sospesi si intrecciano, possono collegare, formare la rete. Ecco una prima risposta, “mettere in rete” è nelle possibilità d’azione dell’istituzione Municipio.

Lo rimarca nel suo saluto la Presidente del Municipio 3 Caterina Antola, apprezzando lo spirito dell’incontro e la sensibilità di chi l’ha voluto, l’assessore Rossi, la presidente della commissione Polo e la consigliera Sereke. E indica azioni già alla portata dell’istituzione che presiede: l’ascolto, l’azione di partenariato, favorire il collegamento tra le associazioni, supporto nell’adesione a bandi. Sottolinea, il forum, questo incontro, è una partenza, avviarsi in un percorso.

Seguono gli interventi, introdotti e collegati da Rahel Sereke.
Tra gli ospiti era atteso Don Virginio Colmegna della Casa della Carità, bloccato da un impegno imprevisto. L’assenza è surrogata, con efficacia, da Silvia Dumitrache, dell’associazione donne rumene in Italia ADRI, che condivide dal computer portatile un video, Speciale TG di qualche anno fa, un viaggio in Romania, con lo stesso Colmegna, intervistato. Pronuncia parole - come è uso fare - scolpite nella pratica di una vita intera al servizio della Comunità, della Cura, della Coesione sociale. E appunto, usa l’espressione dei “fili sospesi”, per descrivere la situazione che collega le madri migrate in Italia per fare le badanti e i figli rimasti in Romania, l’abbandono, la fragilità del legame a distanza. La necessità di trasformare i fragili fili in ponti, di dignità, di prossimità. Dumitrache descrive tutta la fatica di donne che lasciano in Romania il loro essere madri per aiutare le nostre qui.

Ainom Maricos, dell’associazione Movimenti Cittadini del Mondo, ripercorre la catena migratoria che lega diverse generazioni e comunità. Ripercorre la sua personale vicenda: è in Italia da oltre 40 anni, anni ’70, porta Venezia, comunità eritrea, ritrovare lì la propria casa pur nella difficoltà. Ma poi il superamento del “ghetto”, trova la forza per uscire, lotta per i diritti delle donne, tutte italiane e straniere, alla pari, con l’UDI a Milano, a Roma con il sindacato e oggi come presidente di Movimenti Cittadini del Mondo, una “rete” di associazioni che si occupa dei diritti delle persone migranti. Si commuove ricevendo la parola da Rahel, con lo sguardo di chi vede proseguire in lei lo stesso impegno. La parola chiave nel suo intervento è prossimità…

Salto generazionale. Parla Sihem Boutobba. Seconda generazione. Associazione AMEB, Mother and Child Care. Ma anche presidente della consulta studentesca a livello nazionale.
Risuonano parole dure, per denunciare il disagio intergenerazionale, la precarietà che pagano le fasce deboli della popolazione, i giovani tra queste. La scuola decade a luogo della discriminazione, sin dall’atto della scelta. Perché innegabilmente le scuole hanno reputazioni diverse. Perché diverse sono le disponibilità economiche delle famiglie degli studenti. L’irraggiungibilità delle scuole considerate migliori, di “seria A”, spesso più centrali, è già nel costo dei trasporti inabbordabile per molte famiglie di origine migrante.
Oggi lo straniero è colpevole o commiserabile, una narrazione deviata non solo dalla generica ignoranza ma anche dal racconto dell’immigrazione sui media. Cambiare le parole… l’educazione civica nelle scuole ha un ruolo chiave.
Lo “straniero” anche se nato in Italia fa esperienza di una doppia assenza, nel paese d’origine e in Italia, dove rimane invisibile o relegato nel “margine”. L’indifferenza è il coltello che scava questo doppio vuoto.

Prende la parola Yessica Avelar, dell'associazione Mujeres Migrantes in Italia Cristianas (AMMIC),
in Italia dal 1999. Sottolinea come nella sua esperienza hanno e possono avere grande importanza i contatti tra le chiese, tra le comunità che intorno ad esse si costituiscono. I fili sospesi di don Colmegna divengono “ponti”, che andrebbero valorizzati. Gioca un ruolo chiave la mediazione culturale: spontaneamente chi si è già inserito fa da mediatore ai nuovi arrivati o per i propri genitori. Ma non sempre questo avviene e il municipio o il comun dovrebbero aiutare. Agire, cambiare, trasformare… queste le azioni da concretizzare per superare gli ostacoli come indicato dall’assessore Rossi.

L’intervento che segue è dell’unico ospite maschile, Daniel Ilfai dell’associazione Cambio Passo APS. Aggiunge ancora un tassello al mosaico già ricchissimo di spunti.
Cambio Passo si occupa delle persone senza fissa dimora, cui porta assistenza in strada, un’équipe per portare aiuto culturale e linguistico, e di progetti di inclusione e accoglienza. Lo fa sin dall’emergenza dei profughi del conflitto siriano nel 2015. Lo ha fatto durante la pandemia con le brigate di mutuo soccorso. Daniel mette in luce una criticità. La progettualità delle istituzioni spesso è carente nell’accorgersi delle realtà informali, finisce per escludere le azioni informali e le associazioni che le intraprendono, nonostante queste arrivino laddove le grandi organizzazioni sono assenti, o gli interventi formali - vincolati a band o ritagliati per corrispondere in toto ai requisiti burocratici - sono tardivi, poco capillari, per nulla flessibili e quindi spesso inefficaci per raggiungere le persone che soffrono il disagio. Ha valore considerare strumenti anche semplici. Un esempio? Cambio Passo sulla base di una mappatura dei servizi in Municipio 3, ha elaborato una Guida sui servizi alla persona presenti sul territorio tradotta nelle lingue delle comunità straniere di Milano, alcune copie sono in sala, è davvero ben fatta a detta di tutti.
Torna il concetto di “fare rete”, i “fili intrecciati”, i “ponti” indicati da Yessica: si concretizzano in rapporti che le associazioni sono in grado di sviluppare – Daniel cita ad esempio le collaborazioni tra la loro piccola associazione e quelle più strutturate e ampie come Naga, ASGI, Emergency.
L’altro aspetto critico - segnalato in più di un’occasione agli assessorati del Comune - è quello dell’emergenzialità: non si progetta a medio-lungo periodo, si reagisce prontamente alle situazioni di crisi – com’è stata quella del 2015 - ma manca capacità di costruire una visione più strutturata e ampia. Si è visto bene – esemplifica Daniel – nelle vicende di Porta Venezia legate a movida e sicurezza. Pur capendo le difficoltà quotidiane degli uffici della Questura che ha avuto modo di conoscere direttamente.

Il primo giro si conclude già con importanti spunti per potenziali proposte concrete.


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