La scuola al tempo del Covid. Riflessioni dal Circolo Don Milani

È la seconda volta che i docenti si trovano ad affrontare la complessità di conciliare tempistica e norme necessarie per un positivo esito dell'anno scolastico. Le oggettive difficoltà, corollario di questa crisi epidemica, aprono tuttavia a possibili cambiamenti positivi. ()
Il  futuro dipende dal presente
L'uso del digitale nell'insegnamento, pur essendo già utilizzato da anni in particolari ambiti, con il Covid è diventato lo strumento della didattica a distanza. Esperimento mai prima rodato, non poteva essere esente da difficoltà.
Il giorno 28 gennaio il circolo PD tematico Scuola Don Milani ha organizzato un incontro da remoto. Sono stati toccati molti temi interessanti, che vengono esposti succintamente, rimandando alla raccolta degli incontri del circolo Scuola Don Milani.
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Sono intervenuti docenti e direttori didattici: Lorena Peccolo dirigente scolastica, Giuseppe Bonelli provveditore, Fabio Pizzul consigliere regionale e genitore, Laura Ferretti dirigente scolastica. Moderatrice, Mina Facchi.

Esami di Stato, partecipazione delle famiglie, innovazioni didattiche, autonomia scolastica e individuale, Istituti tecnici e Professionali sono stati i principali argomenti dell'incontro.

Le complicazioni che la DAD ha creato all'attività didattica, non riguardano solo la progettazione delle lezioni, l'organizzazione delle verifiche e della valutazione, ma anche il problema su come affiancare le famiglie che incontrano problemi di device, spazi, tempi e possibilità di seguire i figli.

Il lato positivo è la spinta dei genitori a partecipare alla scuola dei loro figli, il lato negativo riguarda gli studenti che non hanno un sufficiente background a casa e si sono quindi sentiti inadeguati e questo è un problema che va ben oltre la socializzazione.

Le principali conseguenze del lockdown al momento riguardano lo svolgimento degli esami di Stato e delle lacune da recuperare.

Ogni alunno dovrà avere un piano individuale di recupero delle lacune nelle materie di studio e questo comporterà ulteriore aggravio di lavoro e di organizzazione per gli insegnanti e per la scuola, perché alla maturità occorre riferirsi all'iter dei 5 anni di studio del discente.

Di conseguenza il piano di recupero richiede di essere integrato alla programmazione del docente, il quale dovrà procedere a ragionevoli sottrazioni, guardando cosa uno studente deve realmente acquisire, in modo da ritagliare un percorso personale.

Questa situazione, di lacune da colmare e recupero da programmare, potrebbe anche essere l'occasione per sviluppare al meglio l'autonomia della scuola, prevista già da 20 anni, per cui ogni scuola può decidere l'organizzazione di una linea di corsi scolastici e relativa revisione di tutto l'impianto organizzativo, compresi i corsi di recupero, con l'attenzione volta alle esigenze specifiche della zona.

La scuola potrebbe, per esempio, decidere di registrare tutta la parte di lezioni cattedratiche da vedere a casa, dedicando il lavoro in classe per sviluppare moduli, - temi che coinvolgono più materie e più docenti e richiedono attività di lavoro di gruppo agli studenti, allargando e approfondendo le conoscenze a scuola, permettendo così a tutti di arricchire le conoscenze e partecipare -. Ciò vale anche per i laboratori, che hanno la necessità di rinnovarsi.

L'esame prevede 5 fasi: una prova scritta, il commento critico di un testo stabilito con l'insegnante e un colloquio di non meno di un'ora che valuti le competenze, l'alternanza scuola e lavoro, la valutazione degli ultimi 3 anni, le conoscenze su “Cittadinanza e Costituzione”. Questi passaggi non sono un pro forma. Vanno ben verificate le competenze durante il colloquio, mentre prima, invece, ci si preoccupava soprattutto degli scritti. Anche questo richiede ai docenti di modificare il punto di vista . Durante il colloquio d'esame lo studente deve essere al centro dell'attenzione e devono essere valorizzate e verificate anche le esperienze acquisite durante questo periodo di lockdown. L'alternanza scuola lavoro, punto critico di questo periodo, può essere fatto a distanza con l'impresa simulata.

Pochi docenti hanno però organizzato didattica innovativa, la DAD deve essere perfezionata. E' importante quindi auto-aggiornarsi anche in rete.

Ci sono difficoltà oggettive, per esempio, su come archiviare le verifiche, o valutare certe competenze trasversali, se tenute in modo innovativo, altro problema è la tenuta dei tempi d'attenzione, particolarmente difficile per i più piccoli e per i disabili.

L'accelerazione alla trasformazione portata dalla DAD può essere l'occasione per affrontare il problema dell'autonomia individuale dei giovani, della capacità critica e del senso di responsabilità individuale. Cresciamo generazioni di ragazzi poco abituati a lavorare da soli, sono troppo diretti e mancano di autonomia, che, se non viene consolidata, diventa perdita di una parte importante di sé. In Italia ci sono retaggi culturali che rendono difficile sviluppare le proprie capacità.

Gli ITIS, per esempio, sono istituti per ragazzi non interessati alla speculazione teorica. Ma quale possibilità d'iniziativa hanno gli studenti in classe, dove ancora vince la retorica? Devono invece poter lavorare in gruppo e progettare attività attinenti al corso di studio.

Per gli istituti professionali infine sarà veramente difficile arrivare all'esame finale a causa dell'impossibilità di effettuare i laboratori; infatti chi ha soprattutto capacità manuali, non potrà essere valorizzato, mentre il colloquio deve tendere a evidenziare le proprie capacità.

Queste scuole, gestite dalla Regione, sono purtroppo considerate di basso profilo e tenute in bassissima considerazione, anche se in realtà sono formative e utili a seconda di come vengono programmate.

La Regione ha un'offerta formativa - ovvero programmazione dei corsi - non all'altezza. Vengono usati fondi europei per l'apprendistato, che devono essere rendicontati pena la perdita dei fondi e la regione costringe i centri a farlo con indicazioni molto vincolanti. Invece di programmare la didattica formativa, la regione passa la palla ai centri che tengono in classe studenti non certo facili, che finirebbero altrimenti per strada.

In conclusione, viste tutte le difficoltà in cui versa la scuola, sia per cause contingenti, che storiche, non si può non essere d'accordo con il Provveditore quando dice: “ci dobbiamo sorprendere di quello che funziona nella scuola, non di quello che non funziona”.


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