Il problema casa in Zona 3 (e non solo).

Conversazione con Bruno Càttoli, della Segreteria cittadina dell'Unione Inquilini.
Forse è meglio di altre zone, ma i problemi non mancano.
Il patrimonio immobiliare pubblico e i suoi meccanismi.  
ALER si sa, è fallimentare. Ma MM sarà la soluzione?
In vista una controriforma?
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Come stiamo messi in Zona 3 in quanto a emergenza abitativa? Forse meglio di altri, almeno per quanto riguarda le case case di edilizia residenziale pubblica (erp), che in zona sono per la quasi totalità dell'ALER, la famigerata azienda regionale prossima alla bancarotta col suo buco di bilancio da oltre 400 milioni. Si tratta di un patrimonio molto consistente, concentrato in zone urbanisticamente di un certo pregio come Romagna-Moretto-Botticelli, o Lulli-Porpora, o Aselli-Argonne-Canaletto (qui però molti palazzi sono stati in buona parte dismessi e sono passati in mani private), o Amadeo-Inama-Forlanini, oppure più periferiche come Orbetello-Civitavecchia-Narni in zona Cimiano. Dove ALER è proprietaria esclusiva o maggioritaria si vede: i palazzi non sono certo in buono stato perché di manutenzioni se ne fanno poche e il degrado sembra a poco più di un passo. Ma mancano per ora e per fortuna quegli aspetti di disfacimento esteso a interi caseggiati o gruppi di caseggiati che si riscontra invece al Corvetto, o a Quarto Oggiaro o San Siro. Non sono molte neppure le case sfitte, certo sotto la media cittadina, e dunque le occupazioni abusive non vanno oltre qualche caso puntuale, senza caratterizzarsi con la presenza di gruppi di occupanti più o meno organizzati, magari sinti e rom poco accortamente sgomberati da campi abusivi, come nel recente e tutt'altro che risolto caso del Corvetto in cui si è manifestata una diffusa resistenza sociale agli sgomberi con tanto di scontri con la polizia. E neppure si riscontra in Zona 3 la presenza di forme di malavita organizzata, almeno non di quella che aspira a controllare il territorio (molti dicono però che qui risiedono alcuni boss e per questo le acque rimangono tranquille).

Viviamo dunque in un'isola felice? C'è da dubitarne. Ne parliamo con Bruno Càttoli della Segreteria cittadina dell'Unione Inquilini nella loro sede di via Visconti d'Aragona, angolo Amadeo, anche questa dell'ALER manco a dirlo. Purtroppo non dispongono di dati disaggregati per zone di decentramento e l'attività di questa sede copre una vasta area, coincidente con la suddivisione organizzativa della sede ALER di via Andrea Costa, che va da Niguarda al Corvetto. Un patrimonio immenso di circa 20.000 alloggi, una specie di Mezzaluna fertile che nelle mani degli amministratori designati dai vari governi di centrodestra da decenni al governo della Regione è diventato un buco nero in grado di generare un deficit stratosferico. Eppure non costa neanche poco abitarvi. Nel 2007 gli affitti sono aumentati del 60-70 % proprio agli albori della crisi economica, alla faccia della funzione sociale dell'edilizia pubblica. Ciò ha causato, come era facile aspettarsi, anche un'impennata della morosità.

In realtà le norme vigenti danno l'idea di un ginepraio in cui non è facile districarsi. Se da un lato, ci spiega Càttoli, una donna sola con due figli minori e un reddito annuo di 9.000 euro può pagarne 300 al mese comprese le spese per un bilocale di 50 mq (canone molto più basso di quelli di mercato ma comunque altissimo rispetto al reddito) dall'altro una famiglia con un reddito superiore a 90.000 euro può rimanere tranquillamente assegnataria di una casa popolare, pagando un affitto alto ma comunque inferiore all'equivalente di mercato. Dopo pasqua arriverà il censimento dell'ALER con i redditi del 2014 (si fa ogni due anni) che serve all'adeguamento dei canoni. A regola, se per due volte di fila superi il reddito limite, che come detto però è molto alto, dovresti decadere, insomma andare a navigare nel libero mercato. Ma di fatto “le decadenze non sono mai eseguite” ci dice Càttoli. Perché? Perché non conviene: questi assegnatari fortunati pagano molto e mandarli via vorrebbe dire dover poi tirarsi in casa soggetti problematici che per lo stesso bene, se mai pagassero, pagherebbero certamente meno. Realpolitik de noantri forse, ma c'è chi dice che ciò è un bene perché “ci vuole un mix sociale”. Di fatto chi entra vive poi la casa popolare come un bene proprio e magari tramandabile ai propri discendenti.

Poi c'è il problema delle assegnazioni. Il limite di reddito per entrare è di 16.000 euro di ISERP (un indicatore specifico che tiene conto di reddito e situazione famigliare) ma le graduatorie sono fatte anche in base al disagio abitativo e al periodo di residenza in Lombardia (5 e 10 anni). Avere una famiglia numerosa è sì un fattore che ti fa salire in graduatoria ma la Regione, chiaramente per penalizzare le famiglie di origine straniera, ha introdotto dei correttivi con coefficienti divisori più sfavorevoli di quelli dell'ISE. Di fatto adesso vengono assegnati alloggi solo a persone in gravissima difficoltà mentre le liste di attesa delle famiglie “normali” seppure di basso reddito si allungano a dismisura in numero e in durata. Le vere condizioni che valgono l'assegnazione, ci spiega Càttoli (anche se non mancano casi estremi), quelle che ti mettono in una specie di drammatica pole position, sono uno sfratto già eseguito e barriere architettoniche in presenza di disabilità.

Intanto, come è noto, a Milano ci sono circa 9.000 alloggi sfitti, 6.000 di ALER e 3000 del Comune (dati di novembre 2014). Le cause si trovano, secondo Càttoli, nel degrado manutentivo (non ci sono i soldi per rendere gli alloggi abitabili), che comporta anche il blocco delle assegnazioni (anche in presenza di domande accettate e di sfratti esecutivi o addirittura già eseguiti) e del cambio alloggi (un anziano solo che vorrebbe un alloggio più piccolo o una famiglia numerosa che deve stare in un bilocale non ottimizzano certo l'uso del patrimonio). Inoltre c'è da parte di ALER una politica di cessione ad altri enti come il San Raffaele o l'ATM.

A dare un'altra pennellata al quadro c'è anche il tema dell'eccessivo costo dei servizi, con assurdità dovute alla cattiva gestione, alla mancanza di controlli e chissà cos'altro (imprese di pulizia, fornitori di combustibili da riscaldamento ecc) che alzano il costo casa effettivo degli inquilini e riverberano nell'aumento della morosità (+40% negli ultimi anni) specialmente nelle fasce basse di reddito.

L'ultima “trovata” degli strateghi ALER (leggi: centrodestra al governo regionale) sono le dismissioni. C'è un piano per vendere 10.000 alloggi, con diritto di priorità per gli inquilini. Anche qui alla faccia della funzione sociale della casa pubblica. Peccato che l'ultimo piano, quello del 2009, sia fallito miseramente con solo il 10% di adesioni. Ma tant'è: è circolata in questi giorni una lettera, dai contenuti che non è eccessivo definire ricattatori. ALER avvisa gli inquilini di quei 10,000 alloggi che se non comprano entro un tempo stabilito al prezzo stabilito (prezzi fatti dall'Agenzia del Territorio sulle transazioni immobiliari effettive meno il 44%) saranno soggetti alla “mobilità forzata” ossia, secondo una normativa del 2007, potranno essere buttati chissà dove. Figuriamoci. Ora le famiglie soldi non ne hanno, tanto mento le migliaia di anziani pensionati. L'Unione Inquilini ha dato l'indicazione: non ammazzatevi per comperare. Tanto il piano, dice sempre Càttoli, fallirà. É probabile, tanto più che già si parla di un'altra iniziativa. La Regione ha presentato in questi giorni ai sindacati di settore (UI, SICET, SUNIA) un piano che prevede l'entrata dei privati nella gestione del patrimonio ALER. Ma no, guarda che novità: privatizzare. Secondo questo piano, ci dice il nostro interlocutore, l'accesso sarà in base al reddito, con una quota rispettivamente per quelli alti, medi e bassi annullando il meccanismo che regola gli attuali bandi. Col risultato di mettere fine alla logica della casa pubblica come parte essenziale della politica sociale.

Càttoli sostiene che la situazione del patrimonio residenziale pubblico venga “drammatizzata ad arte” per arrivare a far passare la riforma. Ossia il concetto sarebbe: l'edilizia pubblica non regge economicamente e socialmente fa disastri, dunque superiamola. Bravi bene bis. É vero che in ossequio alle politiche di rigore e al fiscal compact voluti dalla Troika (leggi: dal capitale finanziario internazionale) e avvallati da tutti gli ultimi governi ALER non riceve più fondi dal 2007. Ma non sarà anche che l'Ente guidato per anni da gente finita in galera come l'assessore regionale Zambetti, abbia fatto investimenti sbagliati, disperso fondi enormi in superstipendi a incapaci amici degli amici, favorito l'ingresso di corrotti e faccendieri? C'è da chiedersi dove sia mai finita quella Milano solidale, il famoso socialismo meneghino. Già, a proposito: che fa il Comune, la giunta Arancione?

“Come giudicate la mossa di svincolarsi da ALER e affidare il proprio patrimonio residenziale a MM?” chiediamo speranzosi all'esponente dell'Unione Inquilini. Ma la risposta è molto scettica.

MM non ha affatto stabilito una vicinanza con gli inquilini, ci risponde Càttoli, tantomeno con i loro sindacati. Hanno aperto solo due uffici per tutta Milano e il call center, unico modo per entrare in contatto con MM, non è efficiente, ci vogliono mesi per avere un appuntamento. Anche per i sindacati, che hanno come unici referenti i responsabili dei due uffici. MM ha dato molta enfasi mediatica ai famosi scatoloni pieni di documenti lasciati in abbandono da ALER ma di fatto è il sistema informatico, il SEPA, che non funziona, e da questo punto di vista non è cambiato niente. Le assegnazioni sono ancora bloccate, gli alloggi "in stato di fatto" (una modalità per darli in cambio dell'impegno dell'inquilino a ristrutturare in conto affitto) non sono ancora stati assegnati, le graduatorie di dicembre e di marzo non sono ancora uscite. E poi MM “sgombera a manetta” dice Càttoli. Intervengono, come è giusto, sugli sgomberi in fragranza ma “tentano di estenderli anche agli stati di fatto più vecchi, senza tenere conto delle situazioni reali. Ci fa l'esempio di via Ovada a dicembre, di via Ciriè 20 giorni fa. “Vogliono dare l'idea di saper recuperare alloggi”.

E manco a farlo apposta mentre l'esponente del sindacalismo di base fa quest'affermazione suona il telefono: lo informano che è in corso uno sgombero in via Osimo, al Corvetto. Ci parla allora  del commissario Sozzi, poliziotto in forza alla Prefettura ora incaricato MM per la sicurezza. Un funzionario da 100.000 euro all'anno, casa e macchina gratis, ci dice Càttoli. Sarebbe lui che sta gestendo il caso: una ragazza che dovrebbe essere sfrattata. Càttoli chiama un funzionario del Comune, chiede spiegazioni. Sembra che per adesso la cosa sia rientrata e che Sozzi (il nome non tragga in inganno: si tratta certamente di un integerrimo funzionario, a dar credito al Corriere) se ne sia andato: Il caso da flagranza passerà al tavolo di programmazione della Prefettura. Ma l'idea di un problema enorme rimane. E anche quello dell'enorme difficoltà dell'Amministrazione comunale. Perché probabilmente è vero che peggio di ALER non si possa fare e che la scelta di affidare le case comunali a MM, seppure forse un po' tardiva, sia stata la migliore possibile. Ma secondo l'esponente dell'Unione Inquilini la gestione del Comune, in specie dell'assessore al Demanio Daniela Benelli, da cui dipendono le assegnazioni e le decadenze, “è disastrosa”: non c'è mai, non gestisce l'emergenza abitativa, non ha fatto il bando semestrale, il recente bando sulla morosità incolpevole contiene “requisiti astrusi” e per questo si sono registrate solo sette domande di contributo in tutta Milano. E il protocollo di intesa del 2012 stilato col precedente assessore, Lucia Castellano, è stato insabbiato. Il nostro interlocutore inizia ad essere tempestato di telefonate e dobbiamo salutarlo. Volevamo avere un primo contatto, dare un'idea sulla problematica della casa, in zona e non solo, e dovremmo esserci riusciti. Continueremo.


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