Riconoscimento delle Unioni Civili: intervento di Anna Scavuzzo
La società è cambiata ed è necessario “elaborare forme di garanzia per i
diritti e i doveri che sorgono dai legami differenti da quelli
matrimoniali, ivi comprese le unioni omosessuali”. Lo afferma Anna
Scavuzzo nel suo intervento in Consiglio Comunale sulla delibera che
istituisce anche a Milano il Registro delle Unioni Civili. Il dibattito è
stato ricco di interessanti contributi: Anita Sonego (Presidente Comm. Pari Opportunità), Marillisa D'Amico (PD), Marco Cappato (Radicali), Patrizia Quartieri (SEL), Anna Scavuzzo (riportato di seguito).
(Anna Scavuzzo)24/07/2012
Dopo aver ascoltato tutti gli interventi che mi hanno preceduta – molti dei quali ho condiviso, altri meno - non mi soffermerò a riprendere i dettagli di un argomento già ampiamente affrontato e approfondito in questo dibattito.
Mi limito a constatare che la società odierna è caratterizzata da una pluralità di forme di vita associata, di convivenze frutto di dinamiche sociali o economiche, scelte di tipo affettivo.
Questo non accade solo in Canada, in Francia o negli Stati Uniti.
Accade anche in Italia, accade in particolare nella nostra città.
In molti casi queste relazioni di convivenza costituiscono unʼoccasione di realizzazione delle persone e delle loro relazioni, e offrono la possibilità di creare un tessuto di rapporti sociali più forte di quello che potremmo immaginare in una società disgregata e individualista.
Esse ci appaiono - anzi, sono - meritevoli di rispetto (guai a definirle incivili) e di un riconoscimento istituzionale, oltre che di tutela.
Istituire il registro delle unioni civili esprime la volontà di dare questo riconoscimento e questa tutela.
In modo particolare mi riferisco a quanti non hanno alternative, per esempio le coppie di persone omosessuali.
Mi è stato chiesto, giustamente, di affrontare questa delibera con coscienza, e – come già ha richiamato il consigliere Cappato – posso dire che tutti i voti che mi trovo a esprimere sono voti per me espressi secondo coscienza.
Dopo aver approfondito lʼargomento ed esserci confrontate, in coscienza ritengo, riteniamo (e non siamo le sole) di poter dire che non è male che persone decidano, in luogo di relazioni fragili oppure occasionali, di convivere con una certa stabilità. Perché dovrebbe allora essere male che tali relazioni siano riconosciute e tutelate?
La presente delibera richiama questi concetti in modo chiaro, ribadendo che tale riconoscimento è proposto secondo modalità rispettose tanto dellʼarticolo 2 della Costituzione, quanto dellʼarticolo 29. Le presidenti Sonego e DʼAmico lo hanno ribadito anche nei loro interventi a illustrazione della delibera.
Le parole della Corte Costituzionale ci aiutano a far chiarezza.
A partire dall’istituzione del registro si potrà valutare se e come sarà necessario o utile modificarne il regolamento, migliorarlo, potenziarlo.
Il significato politico di quest’atto amministrativo ha suscitato dubbi e perplessità, anche e soprattutto nell’ambiente cattolico, cui anche noi consigliere della Lista Civica apparteniamo: ci pare sia un ulteriore forte richiamo perché si operi per l’adeguamento della disciplina giuridica all’effettiva sostanza dell’evoluzione sociale: e cioè la richiesta di elaborare forme di garanzia per i diritti e i doveri che sorgono dai legami differenti da quelli matrimoniali, ivi comprese le unioni omosessuali.
Non sono, non siamo, contrarie all’istituzione di un registro delle unioni civili anche nella nostra città. Tutt’altro.
La sede più opportuna per discutere una normativa che abbia valenza di Legge non è questa, e lo sappiamo: il registro, però, è un atto amministrativo che avrà valenza nelle materie di competenza del Comune e come tale lo sosteniamo.
Intervento un Consiglio Comunale di Milano – 23 Luglio 2012
Anna Scavuzzo
Presidente Gruppo Consiliare Milano Civica per Pisapia
Milano, 23 Luglio 2012
Articoli o termini correlati
Non è stato facile preparare questo intervento e corrisponde al
vero il passaggio in cui dico che ci è costato un lungo lavoro di confronti, letture
e ragionamenti.
Ho cercato di entrare nel merito del provvedimento e non allargare
in questa sede il dibattito agli aspetti legislativi - prettamente di
competenza parlamentare - sebbene sia convinta che il confronto che si
sta avviando a livello locale possa contribuire a far emergere
posizioni, paure, convinzioni, richieste.
Mi limito ad aggiungere solo una considerazione:
nessuna di noi si arroga il diritto di rappresentare né i cattolici né i
credenti, personalmente sono (e mi sento) parte di una Chiesa che è
Popolo di Dio, non ho difficoltà a dirlo anche pubblicamente e non sono
avvezza a crociate o vilipendio della religione e dell'istituzione,
tutt'altro. Allo stesso tempo sono convinta delle cose che - in coscienza - ho scritto e detto, e mi auguro di essere riuscita a esprimerle in modo efficace.
Non mi ritengo né un'eretica né una scismatica: quindi ciò che ho
affermato non vuole essere la posizione di una cristiana che si mette
fuori dalla Chiesa o che rifiuta le indicazioni che i Vescovi propongono
ai fedeli, bensì un contributo per accogliere diversi punti di vista
anche all'interno della Chiesa medesima.
Spero che si comprenda dalle parole che uso e da ciò
che scrivo che non c'è nessuna presunzione di autonomia e
autoreferenzialità, ma anzi, la disponibilità a proseguire un confronto
su questi temi anche al di fuori del recinto politico.
Con rispetto e disponibilità al confronto, anche all'interno dell'ambiente cattolico.
Buona lettura,
Anna
Dopo aver ascoltato tutti gli interventi che mi hanno preceduta – molti dei quali ho condiviso, altri meno - non mi soffermerò a riprendere i dettagli di un argomento già ampiamente affrontato e approfondito in questo dibattito.
Mi limito a constatare che la società odierna è caratterizzata da una pluralità di forme di vita associata, di convivenze frutto di dinamiche sociali o economiche, scelte di tipo affettivo.
Questo non accade solo in Canada, in Francia o negli Stati Uniti.
Accade anche in Italia, accade in particolare nella nostra città.
In molti casi queste relazioni di convivenza costituiscono unʼoccasione di realizzazione delle persone e delle loro relazioni, e offrono la possibilità di creare un tessuto di rapporti sociali più forte di quello che potremmo immaginare in una società disgregata e individualista.
Esse ci appaiono - anzi, sono - meritevoli di rispetto (guai a definirle incivili) e di un riconoscimento istituzionale, oltre che di tutela.
Istituire il registro delle unioni civili esprime la volontà di dare questo riconoscimento e questa tutela.
In modo particolare mi riferisco a quanti non hanno alternative, per esempio le coppie di persone omosessuali.
Mi è stato chiesto, giustamente, di affrontare questa delibera con coscienza, e – come già ha richiamato il consigliere Cappato – posso dire che tutti i voti che mi trovo a esprimere sono voti per me espressi secondo coscienza.
Dopo aver approfondito lʼargomento ed esserci confrontate, in coscienza ritengo, riteniamo (e non siamo le sole) di poter dire che non è male che persone decidano, in luogo di relazioni fragili oppure occasionali, di convivere con una certa stabilità. Perché dovrebbe allora essere male che tali relazioni siano riconosciute e tutelate?
La presente delibera richiama questi concetti in modo chiaro, ribadendo che tale riconoscimento è proposto secondo modalità rispettose tanto dellʼarticolo 2 della Costituzione, quanto dellʼarticolo 29. Le presidenti Sonego e DʼAmico lo hanno ribadito anche nei loro interventi a illustrazione della delibera.
Le parole della Corte Costituzionale ci aiutano a far chiarezza.
[rif. “Per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico.
In tale nozione è da annoverare anche lʼunione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello
stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” (138/2010)].
Tutto ciò premesso, non ritengo – non riteniamo - che ritardare la decisione di istituire il registro delle unioni civili possa permettere di formulare proposte giuridicamente più valide o che trovino una miglior sintesi a livello locale.
A partire dall’istituzione del registro si potrà valutare se e come sarà necessario o utile modificarne il regolamento, migliorarlo, potenziarlo.
Il significato politico di quest’atto amministrativo ha suscitato dubbi e perplessità, anche e soprattutto nell’ambiente cattolico, cui anche noi consigliere della Lista Civica apparteniamo: ci pare sia un ulteriore forte richiamo perché si operi per l’adeguamento della disciplina giuridica all’effettiva sostanza dell’evoluzione sociale: e cioè la richiesta di elaborare forme di garanzia per i diritti e i doveri che sorgono dai legami differenti da quelli matrimoniali, ivi comprese le unioni omosessuali.
Non sono, non siamo, contrarie all’istituzione di un registro delle unioni civili anche nella nostra città. Tutt’altro.
La sede più opportuna per discutere una normativa che abbia valenza di Legge non è questa, e lo sappiamo: il registro, però, è un atto amministrativo che avrà valenza nelle materie di competenza del Comune e come tale lo sosteniamo.
Intervento un Consiglio Comunale di Milano – 23 Luglio 2012
Anna Scavuzzo
Presidente Gruppo Consiliare Milano Civica per Pisapia
Milano, 23 Luglio 2012