Città della salute? Meglio investimenti mirati su Città studi e la ricerca


Per la rappresentanza sindacale dell'Istituto dei tumori la priorità è mantenere a Città Studi un forte presidio sanitario avanzato e una destinazione dei fondi pubblici alla ricerca e alle dotazioni di personale mancanti.
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INT milano

La storia del progetto di trasferimento di Besta e Tumori è argomento di discussione da quasi tre lustri su diversi tavoli istituzionali: Ministeri, Regione, Comune, Provincia, Partiti politici, INPS, INAIL, Associazioni e Territorio, oltre alle Organizzazioni Sindacali ne hanno dibattuto senza che, ad oggi, sia stata posata la fatidica “prima pietra”. Nel frattempo l’Istituto Besta ha dovuto ricorrere a 5 sedi distaccate per poter svolgere la propria attività mentre le degenze sono assolutamente inadeguate dal punto di vista strutturale. L’Istituto Tumori, avendo ricollocato i laboratori di ricerca si trova ad avere a disposizione circa 1/5 dell’area edificata, ormai dismessa, che andrebbe riconvertita. I due Istituti hanno così subito una sorta  di  declino strutturale ed organizzativo, al quale si cerca di porre rimedio attraverso investimenti ed interventi solo a carattere straordinario piuttosto che di effettiva programmazione. Le vicende note, che hanno portato alla sottoscrizione di vari Protocolli di Intesa e Accordi di Programma e il recente scioglimento del Consorzio, unite all’inasprirsi della peggiore crisi economica dal secondo dopoguerra, ci portano a nutrire qualche dubbio sulla effettiva realizzazione di un progetto di tale portata e sulla effettiva disponibilità di un finanziamento così cospicuo.

Il recente impegno di spesa regionale per alcune decine di milioni, oltre che a preservare e riqualificare l’esistente, dovrà essere mirato al mantenimento della competitività degli Istituti e pone anche altri quesiti che da sempre stanno a cuore a pazienti,  cittadini, lavoratori e alla RSU dell’Istituto Tumori. La prima domanda che ci poniamo è se sia realistico e necessario spostare un Istituto come l’INT, la seconda è relativa al destino delle sedi attuali, tenuto conto che, specialmente per INT, buona parte delle strutture è relativamente recente e un intero blocco di 9 piani è stato inaugurato nel 1996. La terza è che la zona in cui sono adesso le due strutture è fra le più popolate di Milano e verrebbe privata di servizi sanitari pubblici di elevata qualità.  

A queste domande, valutando bene i costi e i benefici dell’operazione, i tempi, le problematiche connesse alle bonifiche nel caso che arrivi a buon fine il progetto di costruzione ex-novo, la RSU dell’Istituto prova a dare una risposta che integra e supera quanto già in parte previsto negli Accordi di Programma: la destinazione di quanto già esistente a progetto di sanità territoriale con valenza anche extra-regionale, che serva da volano per i due Istituti. Tutti i servizi a destinazione sanitaria che ci auspichiamo restino a Città Studi (quali ad esempio diagnostica, prevenzione, ambulatori, cure di II livello, sale operatorie per interventi di day surgery, prelievi e laboratori analisi, etc.) continuano ad utilizzare il brand di Besta e Istituto Tumori ed il relativo personale (eventualmente incrementato secondo le necessità). Inoltre, dato l’invecchiamento della popolazione, è prevedibile un incremento della domanda di sanità pubblica per geriatria e cronicità. Risulta evidente l’opportunità di riutilizzo di strutture a destinazione sanitaria già esistenti e relativamente recenti.

Veniamo ora ad altri aspetti fondamentali nella discussione sul Progetto: la salvaguardia dell’identità dei due Istituti e la salvaguardia degli elevati livelli di eccellenza sia in ambito clinico-assistenziale che di ricerca.

Gli investimenti promessi da Stato e Regione per la costruzione della Città della Salute e della Ricerca, se sono reali e non solo “sulla carta”, dovranno essere destinati, in caso di mancata realizzazione del Progetto, esclusivamente al rilancio di Besta e Tumori. I due Istituti hanno dimostrato in questi anni di essere centri di riferimento di livello internazionale sia per quanto riguarda la clinica, che per gli eccezionali livelli raggiunti nel campo della ricerca di base, traslazionale, epidemiologica e clinica. Per questo motivo sarà opportuno valutare obiettivamente le reali necessità di organico dei due IRCCS che nella loro finalità hanno anche quella di creare innovazione e sviluppo e quindi, nel sistema di calcolo del fabbisogno, non possono essere parametrate con altre strutture sanitarie regionali che non hanno le medesime finalità istituzionali.Già oggi è evidente lo scollamento tra dato imposto e reale fabbisogno (sia in assistenza che in ricerca).  

Grandi risultati sono stati ottenuti in ambito clinico-assistenziale. L’Istituto è da sempre un punto di riferimento internazionale per protocolli innovativi in ambito chirurgico, medico e terapeutico oltre che per progetti legati alla prevenzione sia primaria che di popolazione. I livelli assistenziali garantiscono un elevato standard qualitativo. Un patrimonio che deve assolutamente essere salvaguardato.

Infine, per quanto riguarda INT, nei Dipartimenti di Ricerca da oltre 10 anni non vi è nessuna possibilità di turn over per il personale dirigente e del comparto. Attualmente meno di 100 tra tecnici ed amministrativi e una quarantina di ricercatori strutturati sono garantiti da contributi (Ricerca Corrente e 5 per mille) che, per la loro stessa natura, non sarebbero utilizzabili per pagare costi strutturali. Dal marzo 2011 attendiamo che l’accordo tra Regione e Ministero della Salute porti a definire una adeguata dotazione organica per la Ricerca e che tutto il personale del SSN sia pagato come avviene per ogni dipendente di qualsiasi altro ente sanitario lombardo, cioè con i fondi ad essi destinati dal SSN e non con i fondi relativi alla ricerca corrente. Secondo la RSU ci sono margini per ottenere finalmente quanto stiamo chiedendo da anni, ne sono una prova i recenti investimenti regionali nell’ambito della Ricerca e l’utilizzo di alcuni fondi con ampio margine discrezionale. Tutto ciò ci permette di affermare che questo sia il momento più adatto per definire, una volta per tutte, la questione, ottenendo nel contempo una allocazione più oculata, rigorosa ed efficace dei fondi a margine discrezionale.

Questi sono i punti che ci sembra necessario mettere con forza sul tavolo in occasione della discussione di un progetto di primaria importanza per il futuro della sanità pubblica, della ricerca e del territorio metropolitano.


                                                                 

Pasquale Brunacci  e   Alberto Evangelista (Rsu Istituto dei Tumori)


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