Il trittico di via Jommelli. La chiesa armena

Via Jommelli è un gioiellino nel cuore di Casoretto che, nell’arco di una ventina di metri, snocciola tre realtà diversissime tra loro ma tutte ricche di interesse, tanto da meritare ciascuna una narrazione autonoma, che punta e punterà brevemente il focus su questa piccola via. ()
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La comunità armena
La prima tappa si muove tra il civico 30 e il civico 35, dove, fino allo scorso anno (la chiusura è avvenuta nel maggio 2021) sorgeva lo storico Atelier Serapian, sede del laboratorio artigiano della famiglia di maestri pellettieri che dal 1945 ha confezionato borse di raffinatissima fattura destinate al mercato di tutto il mondo.

I Serapian sono stati un simbolo amatissimo di Via Jommelli ma anche di una parte dell’identità di Via Jommelli, quella della Comunità Armena. È proprio fuggendo dal genocidio perpetrato dai Turchi ai danni del popolo armeno che i fratelli Stefano e Aramays Serapian approdano in Italia, dapprima a Venezia e poi a Milano; ed è qui che dal 1958, proprio di fronte all’ex laboratorio, ha sede l’unica Chiesa Apostolica Armena in Italia.

Costruita nel 1957 secondo i canoni classici dello stile armeno, con la tipica pianta a croce greca e la cupola conica, consacrata un anno dopo, la Chiesa fu voluta dai fratelli Onnik e Sarkis Diarbekirean, giunti a Milano negli anni 1920 per sfuggire al massacro e per questo dedicata ai Quaranta Martiri di Sebaste. Nel 1985 nel cortile della Chiesa è stato posto un Khachkar (tradizionale cippo funerario scolpito) in memoria delle vittime del genocidio del 1915. La Chiesa è attualmente guidata da Padre Tirayr Hakobyan ed ha un consiglio di fiduciari eletto da una comunità che a Milano conta circa 1.000 persone, rappresentando la più numerosa d’Italia e insieme una delle più antiche componenti etniche della città.


L'immagine in apertura - La Chiesa Apostolica Armena, dove è possibile partecipare al vespro in italiano il sabato alle 18:00 e alla celebrazione in lingua armena la domenica alle 11:00

L'immagine accanto - Il Khachkar esterno alla Chiesa di Via Jommelli, posto in memoria delle vittime del genocidio armeno


Due parole sul Genocidio
Il Metz Yeghern (grande male), come lo chiamano gli Armeni della diaspora, inizia il 24 aprile 1915 con l'arresto di più di 2.000 persone nella sola Istanbul. A questa seguono persecuzioni e stermini lungo tutta l’area anatolica (oggetto delle brame turche) ai danni di una popolazione radicata nel territorio dal VII secolo a.C. Alla base della persecuzione l’imminente crollo dell’Impero Ottomano e il timore di un’alleanza tra gli Armeni Cristiani e gli Ortodossi. Il nuovo fronte nazionalista turco, da cui nel 1923 scaturisce la Repubblica Turca, identifica nell’intellettuale benestante armeno un nuovo nemico e dà il via ad uno sterminio che, nelle persecuzioni prima e nei campi di concentramento poi, sarà di grande ispirazione per l’imminente olocausto ebraico. È una pagina terribile della nostra storia più recente, ma ad oggi la Turchia non ha mai ammesso il genocidio nei confronti del popolo armeno.

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