Le Brigate volontarie per l’emergenza: per una Milano migliore, diversa, solidale, che non si ferma

Torniamo dalle Brigate volontarie per l’emergenza per capire cosa è cambiato durante il secondo lockdown. Quali i nuovi bisogni? Quali le persone in difficoltà? Quali le novità nell’organizzazione di questi ragazzi? ()
Caravaggio Le sette opere di misericordia
Da marzo non si sono mai fermati. Il loro contributo ha reso meno drammatica la situazione durante il primo lockdown. Hanno ricevuto encomi e messaggi di supporto ma poco aiuto concreto dalle istituzioni. Sono i ragazzi delle Brigate Volontarie dell’Emergenza. Incontriamo Matteo, Martine ed Emilio della Brigata Scighera, operante in zona 3 e in parte anche in zona 2 e 4.
Li avevamo sentiti durante la prima ondata della pandemia (Le Brigate volontarie dell'emergenza, Patrizia Sollini, z3xmi.it). Li re-incontriamo adesso per sapere come sta andando.

Ci raccontano che tanto è cambiato rispetto ai primi mesi dell’anno. Innanzitutto nei bisogni delle persone. Nel primo lockdown spesso si necessitava di assistenza psicologica, magari solo di compagnia da parte di anziani e singoli. Ora le esigenze sono di natura più materiale. Si ha bisogno di cibo, di pannolini per i bambini, di abbigliamento.
È cambiata la tipologia delle persone che li contattano: non più singole persone, ma quasi sempre gruppi familiari. “Famiglie non solo straniere ma anche italiane, famiglie giovani, spesso con figli disabili, madri sole” ricorda Emilio. Talvolta nuclei nei quali la madre, con il suo lavoro in nero, rimane da un giorno all’altro l’unica fonte di reddito a causa della perdita del lavoro da parte del marito. “La gente sta proprio male” ci dice Martine “e questo la spinge a superare la vergogna di dover chiedere un aiuto”.
È cambiato, aspetto fondamentale, il rapporto stesso con le famiglie. “Se prima si trattava di un sostegno una tantum adesso è nato un percorso di affiancamento nella vita quotidiana”. Grazie a questo lavoro continuo di conoscenza, costruito sulla fiducia e sulla presenza costante, oggi i ragazzi conoscono bene ognuna di queste famiglie e le loro necessità. Per cui gli stessi pacchi alimentari contengono esattamente quello di cui i destinatari hanno bisogno.
Questa è la realtà che i ragazzi delle brigate si trovano ad affrontare. Ed in questo contesto sono divenute presenze preziose e costanti nella vita del quartiere. Tra le 90 e le 100 sono le famiglie che ricevono pacchi alimentari ogni settimana dalla Brigata Scighera.

Cambiamenti ci sono stati anche all’interno della Brigata stessa. Sono aumentati di numero le persone che danno una mano. Oggi sono una cinquantina i ragazzi che ogni giorno scendono nelle strade per dare una mano. Erano trenta nel primo lockdown. È cambiata la composizione stessa delle Brigate. Ai ragazzi dei centri sociali si sono aggiunti tanti studenti, soprattutto universitari, tante persone disoccupate o in cassa integrazione. Grazie agli appelli lanciati alle scuole, oltre agli studenti, anche alcuni insegnanti hanno iniziato a dare una mano.
Perché mentre nel primo lockdown grande era lo spaesamento e forse anche la convinzione che presto tutto sarebbe tornato alla normalità, con la seconda ondata è diventata forte la consapevolezza di una crisi gigantesca che chiama in causa tutti e chiede a ognuno di fare la propria parte. In questo straordinaria è anche la reazione della cittadinanza che, nelle collette alimentari che i ragazzi organizzano, consegnano “valangate” di derrate alimentari. “Non si può più far finta di niente”, nota Martine, “il malessere è così grande che si muovono tutti”.
Dopo la chiusura a giugno del progetto MilanoAiuta promosso dal Comune di Milano, i ragazzi delle Brigate volontarie hanno continuano a lavorare promuovendo, insieme ad Emergency, l’iniziativa “Nessuno escluso”. Grazie a questo progetto i prodotti raccolti attraverso le collette vengono ora integrati con le derrate alimentari che arrivano dalle aziende e gestite dalla stessa Emergency.

Nonostante il sindaco Sala li avesse definiti “gli angeli di Milano”, in questi mesi la grande assente è stata proprio l’Amministrazione comunale. “Non avendo mai avuto una sede fisica abbiamo in più occasioni cercato di trovare, anche tramite le amministrazioni territoriali, una sede in cui operare. Ci è sempre stato dato due di picche, non abbiamo mai avuto delle risposte chiare”, ricorda Matteo. La situazione è diventata talmente ingestibile che ad un certo punto, con decisione unanime, i ragazzi hanno deciso di occupare uno stabile abbandonato da anni. Soltanto a quel punto lo Stato si è fatto finalmente vivo, ma con lo sguardo severo delle forze dell’ordine. Rabbia e delusione trapelano dalle parole di Matteo: “nel giro di sei giorni siamo finiti sgomberati dalle forze dell’ordine con i pacchi di Emergency in bella vista. É stato un momento molto molto triste per noi e credo per tutta la città”.

Ma l’energia e la passione di questi ragazzi non può essere fermata. Il loro obiettivo è quello di permettere che questa loro storia possa continuare anche dopo che i vari progetti pensati specificatamente per l’emergenza sanitaria giungeranno a conclusione. Perché se la pandemia prima o poi verrà superata, purtroppo non finirà invece l’emergenza sociale ed economica di persone sempre più ai margini della società. “Poiché il nostro desiderio è quello di non chiudere gli occhi sui bisogni delle persone, dice Martine, stiamo cercando di darci delle forme di esistenza che possano durare nel tempo”
Ad esempio stanno sperimentando modalità attraverso le quali permettere alle famiglie stesse di fare rete e di diventare sostegno l’una per le altre. Stanno ampliando la la tipologia di beni che forniscono non limitandosi alle derrate alimentare ma allargando l’aiuto che portano anche all’abbigliamento, ai prodotti per l’infanzia, etc.
Hanno appena lanciato un progetto di crowdfunding. L’obiettivo è quello di raccogliere delle risorse per dare continuità al loro progetto. Perché, spiegano, “il bisogno delle persone non si interrompe. I rapporti che abbiamo costruito entrando nell’intimità e nella dignità delle persone non si possono fermare”.

Per chi desidera partecipare al progetto di crowdfunding questo il link.
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