Il Piano Strade Aperte, aria pulita

Un piano eco-sostenibile per la mobilità futura, piste ciclabili da attuare in tempi brevi, un’occasione da non perdere per respirare meglio a Milano. ()
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Il piano "Strade aperte" annunciato dal Comune di Milano e illustrato dall’assessore Granelli nei giorni scorsi ha fatto notizia ed è stato commentato dal The Guardian, l’autorevole quotidiano modello di giornalismo libero e indipendente, in prima linea per la difesa del clima e della sostenibilità ambientale.
Un piano definito dal giornale inglese tra i più ambiziosi concepiti dalle grandi città internazionali nell’attuale situazione di emergenza: 35 km di piste ciclabili rese disponibili entro l’estate grazie ainterventi di immediata e semplice realizzazione, creando corsie preferenziali per cicli, monopattini elettrici e pedoni, lavori a basso costo da approntare in tempi brevi in concomitanza con le restrizioni al traffico imposte dal Coronavirus.

Il piano mette insieme numerosi vantaggi ed è importante che venga attuato subito approfittando dell’avvio della 'fase 2' e della ripresa graduale delle attività produttive. Se si potrà in parte continuare a svolgere il lavoro da casa, in parte andare in ufficio o in fabbrica con la bici, e in parte utilizzare i trasporti pubblici sarà certo più agevole e fattibile il distanziamento sociale che viene imposto. Eintanto potremo apprezzare i vantaggi di una drastica riduzione del traffico cittadino.

Potremmo davvero pensare di prolungare e, speriamo, mantenere l'ottima qualità dell’aria nelle strade cittadine che stiamo oggi constatando.
Non scordiamoci che l’area metropolitana milanese è una della zone più inquinate d’Europa però è bastato un mese e mezzo di blocco del traffico per riscontrare un cambiamento sostanziale, pur con gli impianti di riscaldamento ancora in funzione, non al massimo come durante i mesi più freddi, ma comunque sempre in esercizio. In base a studi scientifici accreditati si è rilevato che la concentrazione di inquinanti presenti nell’aria può contribuire alla diffusione del virus. Resta comunque il fatto che la riduzione dello smog cittadino è una necessità improrogabile; la pausa e il ripensamento imposti oggi offrono un’opportunità per attuare quei provvedimenti che in tempi normali non abbiamo saputo attuare a salvaguardia della salute nostra e dei nostri figli.

Sono decenni che si discute dello smog in città, sono state introdotte l’area C, l’area B, le zone a traffico limitato ZTL, palliativi che tuttavia non hanno affatto risolto il problema.
I risultati di una drastica riduzione del traffico auto abbiamo potuto constatarli ora, purtroppo a causa del Coronavirus.
Milano, città di pianura, offre le condizioni migliori per l’utilizzo delle bici. Se verrà dotata di una rete di piste ciclabili come quella ipotizzata dal piano "Strade aperte", diventerà possibile raggiungere il posto di lavoro in tempi ragionevoli e senza troppi disagi, mitigare l’affollamento sui mezzi di trasporto pubblico e ridurre sensibilmente il traffico urbano. Non ci sono altre vie per ottenere un reale miglioramento dell’aria e l’occasione che ci offre il Coronavirus non va dunque sprecata.

Non si tratta però solo di migliorare la qualità dell’aria, ma di ripensare in un’ottica nuova il nostro modo di vivere e il sistema che lo ha determinato. Questa pandemia sta mettendo in discussione non solo lo stile di vita a cui ci siamo abituati, ma gli scompensi, le distorsioni e le inadeguatezze sul piano sociale ed economico di questo stile. Se davvero vogliamo creare le condizioni per un ambiente cittadino vivibile, non possiamo limitarci alle piste ciclabili, dobbiamo cambiare mentalità e fare in modo che la scala di valori e le priorità da perseguire diventino parte di un patrimonio comune e condiviso.

Per questo il piano "Strade aperte" può assumere una valenza che va oltre il fine immediato, purché serva non solo ad affrontare un’emergenza ma ad attuare un cambio di prospettiva e di visione delle esigenze dei cittadini.
Non è possibile accettare ad esempio che la salute venga affidata a un modello come quello attuale, che ha cancellato la sanità pubblica a servizio del territorio, ignorando che prevenzione e cura devono essere un obiettivo primario svincolato da mire di profitto e di speculazione sulla salute del cittadino. La pandemia è dilagata in Lombardia a causa dello smantellamento della sanità territoriale, attenta alle esigenze dei cittadini e quindi basata sul medico di famiglia, e non è stata contenuta e mitigata a causa della sistematica riduzione di mezzi, risorse e personale in capo al servizio pubblico.

E nemmeno è accettabile oggi che mobilità e servizi di trasporto, nella complessità e importanza che hanno assunto in rapporto alla nostra esistenza quotidiana, siano organizzati prescindendo da una gestione pubblica svincolata dalla ricerca del profitto come fine ultimo del servizio. È assolutamente preoccupante la deriva verso una privatizzazione sempre maggiore nel settore trasporti in corso da decenni a questa parte, con le tragiche conseguenze che si sono poi verificate.

Siamo ad una svolta? È assolutamente necessario.
L’uscita dalla crisi e la rinascita sociale ed economica dipenderanno ad ogni buon conto dalle azioni dei governanti, dalla classe politica, dai cittadini. Ognuno dovrà fare la propria parte.

Il Sindaco di Milano ha lanciato un documento aperto al contributo della città con una serie di proposte per la ripartenza dopo l'emergenza sanitaria, di cui si parla in quest'altro articolo. Si è rivolto alla cittadinanza chiedendo di fornire osservazioni e contributi per il ritorno ad una 'nuova normalità'.
Il sostegno dei cittadini al piano Strade aperte è un'opportunità da cogliere per tornare a una 'nuova normalità' diversa da quella vecchia.
Su numerose questioni che riguardano il futuro della città resta sempre aperto il confronto con comitati, associazioni, gruppi di cittadini e il 'dopo Coronavirus' offre anche una buona occasione per rinnovare la partecipazione in un nuovo clima trasparente e collaborativo.


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Re: Il Piano Strade Aperte, aria pulita
07/05/2020 davide
cara Redazione,
innanzitutto speravo che la mia "provocazione" stimolasse qualche lettore magari ciclista, o futuro tale, a prendere posizione. Non intendevo aprire un contraddittorio con voi, per quanto piacevole.
Nello specifico, e per concludere i miei contributi a questo articolo, dico che l’argomento che ho cercato di trattare, forse non facendomi ben comprendere, era il tema della qualità delle politiche pubbliche e dei loro effetti sul reale (in qs caso le piste ciclabili in fase di realizzazione in C.so Venezia e probabilmente in c.so Buenos Aires - v.le Monza).

Difendere questo tipo di intervento (usando un'iperbole) è un po' come chi ha difeso le case popolari realizzate attraverso la prefabbricazione, spazi abitativi di bassa qualità forniti alle classi subalterne dal sistema, durante l’emergenza post bellica. Milioni di persone sono state costrette ad abitare in condizioni deplorevoli per tutta la vita. Con qualche potente che avrà potuto ben difendersi dicendo loro “ma io la casa te l’ho data”. Quando De Carlo a Terni nella progettazione partecipata del quartier Matteotti dice agli operai “voi dovete chiedere di più” parla esattamente di questo: della redistribuzione della qualità (prego guardate l’intervista collegata al recente articolo sul caso qui pubblicato).

Purtroppo una conferma di questo l’ho avuta oggi, giovedì 7 maggio; alle ore 15.00; al ritorno in bici da Chiesa Rossa dove abita mia mamma ho deciso di percorrere c.so Venezia. Qui ho trovato un’autoambulanza che soccorreva una ciclista caduta sulla nuova ciclabile; a causa di uno dei tanti scalini che sono presenti nei passaggi dalla sede stradale al marciapiede ha probabilmente perso il controllo della ruota anteriore ferendosi il gomito. Se questo per voi è un buon modo di promuovere la ciclabilità...
Sarebbero state diverse, più curate, più a misura di ciclista se co progettate. Forse più rispettate dagli automobilisti se anche loro coinvolti (sempre oggi ho contato almeno un paio di vetture parcheggiate sopra).

Sempre rispetto alla “partecipazione” spiace infine apprendere dal Tgregione di mercoledì 6 che ciò che ho “predetto” nel precedente post si sia avverato: i commercianti osteggiano già la soluzione perché anche il loro coinvolgimento si è rivelato una "patacca".


Re: Il Piano Strade Aperte, aria pulita.
03/05/2020 Redazione
A me sembra un’ottima cosa che il Comune avvi un piano come quello proposto e voglia realizzare una “vera” rete di piste ciclabili in città, visto che quelle realizzate sinora non sono che timidi, e spesso maldestri, tentativi di dotare Milano di piste in grado di spostare una quota trascurabile della mobilità cittadina dalle quattro alle due ruote. Sono stati spesi soldi per cordoli e percorsi recintati costruendo solo spezzoni di piste che finiscono spesso nel vuoto e costringono poi i ciclisti a convivere pericolosamente con il traffico automobilistico. Sono anni che si discute sulla limitazione del traffico assolutamente necessaria ad esempio in corso Buenos Aires, ben venga finalmente un piano consenta di arrivare da piazza Duomo a piazzale Loreto privilegiando la bici e non l’auto, e sia magari propedeutico alla chiusura al traffico del corso. Se non è stato fatto in passato facciamolo subito sinché siamo in tempo costretti dall'emergenziale, per un ritorno non alla vecchia ma ad una “nuova normalità”.
Questo è il mio parere, se ci sono pareri discordi sarebbe opportuno discutere nel merito la soluzione e le diverse alternative contemplabili, sempre al fine di raggiungere gli obiettivi che credo tutti vogliamo raggiungere, meno smog, meno auto, più aria pulita.
Il Piano Strade Aperte si pone in questi termini e se l’azione del Comune tende a sollecitare un contributo di idee, favorevoli o contrarie, favorendo il coinvolgimento e una presa d’atto dei cittadini della necessità di affrontare seriamente il problema, ben venga, perché no? Si può anche pensare che l’intenzione sia solo quella di raccogliere consenso, può darsi, ma in questa occasione non mi è sembrato.

Non vedo cosa c’entrino le piste ciclabili con l’urbanistica “tattica”, anzi forse serviranno a cancellare qualche fantasioso e inutile progetto di quel tipo. E perché dovrebbero scomparire in fretta? Se si dimostreranno utili, auguriamoci il contrario.

Mi trovo invece pienamente d’accordo con la puntualizzazione relativa alla pretesa di “partecipazione” che viene, anche in questo caso, affibbiata ad un’iniziativa che non ha nulla a che vedere con la partecipazione, se con partecipazione si intende un processo che comporta la piena informazione, confronto e dibattito di un piano o di un progetto di rilevanza pubblica proposto alla discussione pubblica per arrivare ad una scelta democratica della soluzione da adottare. Quando chi governa le scelte le ha già fatte e chiama in causa i cittadini può parlare di consultazione, non certo di partecipazione.
Varrà la pena di tornare presto a dibattere su questo tema fondamentale per “una nuova normalità”.


Re: Il Piano Strade Aperte, aria pulita.
01/05/2020 davide
Sono stupito, ma non troppo vista la retorica che ci sta sommergendo in questo periodo sulla "futura umanità", dal taglio dato a questo articolo da chi poco tempo fa si è scagliato contro la scelta del taglio degli alberi per parco Bassini.

Come è possibile non comprendere che le modalità di scelta sono le stesse; prima si taglia e poi si consulta la città, prima si disegnano le piste ciclabili e poi si verificheranno le opinioni dei cittadini. Senza scomodare l'idea di partecipazione qui anche una imprecisa idea di consultazione è sparita dalle politiche pubbliche.

Applaudire se il decisore che imbrocca una scelta che si condivide e sbraitare se fa una scelta invisa non mi pare un atteggiamento costruttivo.

Vorrei inoltre esprimere come cittadino ciclista la mia pena per chi usa momenti drammatici per fare scelte che non è stato in grado di fare in tempi di normalità; ricordo che il momento per attivare una pratica di democrazia partecipativa per costruire le modalità con cui (eventualmente) ridurre la carreggiate di c.so Buenos Aires a favore delle bici era un paio di anni fa, quando si è rifatto il maquillage dei marciapiedi.

Ma ci avviciniamo alle elezioni e un po' di "green top-down" fa sempre bene ad uno sbiadito centro sinistra.

Credo che il punto che sfugge all'articolista sia appunto questo; quando tutto tornerà alla normalità le nuove piste ciclabili spariranno, un po' per il tempo che cancellerà la vernice di questa "urbanistica tattica" un po' perchè con l'autunno i ciclisti "improvvisati" evaporeranno sotto la prima pioggia.

Insomma, calma e sangue freddo; Milano era e tornerà ad essere la città della movida,
dei tatuaggi, dei reality, dei suv, della cocaina alla faccia del corona virus...


 
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