Sempre più vicini. Dalla Guinea, a sedici anni...

Continua la serie di interviste a persone che ci raccontano chi sono e cosa pensano di noi. Abbiamo parlato con un giovane africano arrivato qui in fuga dal suo paese. ()
Estate 2018 208 (2)
L'Italia è un ponte lanciato nel Mediterraneo, per le terre che lo contornano. Il mare respira, a volte si solleva placido, a volte sferzato dal vento si arrabbia, si arriccia e l'onda diventa tuono sulla battigia. Il timore delle sue tempeste non ha mai impedito che questo mutevole elemento naturale fosse solcato fin dall'antichità e che i popoli che lo abitano s'incontrassero, si mescolassero, si scambiasssero le merci e le conoscenze tecniche.

Intervisto Alfa, un giovane proveniente dalla Guinea, è qui da sei mesi.

Quali motivi ti hanno spinto a venire in Italia?

Sono venuto in Italia perché sono dovuto scappare dal mio paese. Noi giovani abbiamo organizzato una manifestazione contro la violenza. In Guinea c'è un regime non democratico, non tutte le etnie sono uguali davanti alla legge dello Stato. La nostra etnia è piccola, siamo un piccolo gruppo e non è rappresentata . I poliziotti fanno tante cose brutte. Non c'era sicurezza, c'era molta violenza, ogni giorno uccidevano dei ragazzi di 15 18 anni e così abbiamo fatto una dimostrazione, ma tutte le opposizione sono fuorilegge. Durante la dimostrazione hanno ucciso un mio amico e ho visto chi l'ha ucciso, lo conoscevo, era un poliziotto che abitava vicino a casa nostra . Io ho detto alla famiglia del mio amico chi lo aveva ucciso e la sua famiglia è andata dalla famiglia del poliziotto. E' nato un conflitto. La polizia ha deciso di arrestarmi, quindi ho preso la decisione di lasciare il paese.

E la tua famiglia dov'è?

Ho lasciato tutta la famiglia in Guinea, non sapevano della manifestazione, ma io non potevo restare.

Parla già abbastanza bene l'italiano, come fai?

Sto imparando l'italiano nella Comunità di Sant'Egidio (in Guinea si parla francese e questo facilita l'apprendimento n.d.r.)

In che modo sei arrivato in Italia?

Sono arrivato dalla Libia, ho attraversato tutto il deserto con altre persone su un camion e poi dalla Libia attraverso il Mediterraneo. Eravamo su due piccole imbarcazioni. Avevamo paura, era la prima volta che navigavamo. Dopo tre ore che non vedevamo case o montagne, niente davanti, o dietro, a destra, a sinistra, niente da nessuna parte, avevamo paura. Dalla parte delle donne entrava acqua e c'era pericolo. Dopo un poco ci ha avvistato la nave dell'ONG e ci ha salvati. Siamo sbarcati a Vibo Valenzia.

Cosa farai adesso?

Sono richiedente asilo. Adesso la cosa più importante è che sto facendo il percorso per l'integrazione e anche il tirocinio, sto cercando di crescere, migliorare di più e sto imparando l'italiano.

Avevi un lavoro nel tuo paese?

No studiavo, ho sempre studiato.

Cosa speri per il tuo futuro?

Spero bene e penso che da quando mi sono trovato con le persone della Comunità di Sant'Egidio ho più speranza, perchè è gente di pace e posso credere di più nella vita.

Cosa pensi di Milano?

Milano è una buona e bella città per me, perché qui ho trovato gente di pace, che mi ha fatto vedere la pace, come vivere insieme, come accogliere nei centri e mi ha insegnato tante cose .

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