Quale sarà il futuro di Città Studi?

Via da Città Studi, così ha deciso il Senato Accademico della Statale. Il nuovo Campus universitario verrà realizzato da Lendlease, il concessionario scelto da Arexpo per valorizzare l’area Expo. I movimenti cittadini, gli studenti e i lavoratori contrari non si arrendono e sfileranno giovedì 19 aprile per le vie del quartiere. ()
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Dopo il voto favorevole del Senato Accademico del 6 marzo scorso il trasloco a Rho delle facoltà scientifiche della Statale appare scontato.
Con ferma volontà (ha chiesto persino l’intervento della forza pubblica) il rettore Vago ha messo a tacere le voci dissenzienti all’interno del corpo docente (non molte in verità), non ha concesso alcuno spazio alle preoccupazioni espresse dagli studenti, dai lavoratori e dai comitati cittadini, non ha ritenuto di dover ascoltare, nemmeno in parte, le ragioni di coloro che ritengono questa scelta dannosa e contraria agli interessi delle parti sociali e al futuro del quartiere. Vago lascia a chi verrà dopo di lui, il mandato scade a giugno, una strada già ben tracciata.

Infatti la scelta del trasferimento delle facoltà scientifiche per le "elite" oggi al potere può considerarsi cosa fatta. In una recente Commissione Urbanistica, convocata in comune su richiesta delle opposizioni, è stato presentato il masterplan di Arexpo con la conferma che la Statale completerà la costruzione del nuovo Campus a dicembre 2023. Non si terrà in conto, in contrasto con gli esiti del referendum del 2011, la salvaguardia del verde pubblico, consentendo al contrario un consumo di suolo eccessivo.
Come segnalato da Michele Sacerdoti in una sua nota, in conseguenza del fatto che l'ospedale Galeazzi, lo Human Tecnhopole e la Statale sono servizi pubblici e non costituiscono quindi volumetria in base al PGT, la quantità di cemento che verrà costruita sarà molto maggiore a quanto consentito applicando l'indice inizialmente stabilito pari a 0,52 mq/mq.
Il verde di 460.000 mq non sarà il verde compatto, pensato per completare la cintura di parchi intorno a Milano, ma sarà soprattutto quello dei viali alberati, che certamente non si possono considerare aree a parco (mentre prima di Expo gran parte dell'area aveva un utilizzo agricolo intorno alla cascina Triulza).

L'assessore Maran in Commissione ha sostenuto che il piano attuativo verrà approvato dalla giunta comunale essendo in linea con l'accordo di programma del 2011; quindi il consiglio comunale non avrà più voce in capitolo e non ci saranno ulteriori confronti pubblici rispetto alle scelte che verranno definite dalla giunta in carica. L’ AD di Arexpo Bonomi ha parlato della creazione di una città di 30.000 abitanti, tutt'altro rispetto al parco agroalimentare che doveva far seguito a Expo.

A che pro allora manifestare oggi contro, se tutto è stato deciso e procede secondo i programmi dell’amministrazione in carica?

Due considerazioni personali.
La prima deriva dalla constatazione che tutti le grandi iniziative pubbliche avviate negli ultimi anni sul territorio milanese risultano innanzitutto funzionali alla speculazione immobiliare privata e non tanto alle primarie esigenze delle funzioni pubbliche che verranno svolte in quelle aree. Questo vale per la Città della Salute di Sesto San Giovanni, dove non si può negare che la scelta del sito non risponda tanto all’esigenza di costruire una nuova sede per l’istituto dei Tumori e dell'Istituto Besta, quanto a rilanciare una grande operazione edilizia bloccata da traversie fallimentari e impantanata in problematiche bonifiche. Una nuova sede sarebbe forse necessaria per l’Istituto Besta, ma allora perché non valutare una soluzione adeguata per questa unica struttura, senza smantellarne un’altra che solo un incosciente penserebbe di dismettere?
Lo stesso vale per l’operazione scali ferroviari, acquisiti dalle Ferrovie dello Stato tramite l’accordo con il Comune di Milano, all’unico scopo di “valorizzare” i terreni ed accrescere il patrimonio, in questo modo “privatizzato”, di un ente pubblico che avrebbe ben altri compiti istituzionali da perseguire. Operazione avvenuta al di fuori di qualsiasi confronto politico, ossia dibattito aperto tra maggioranza e opposizione in seno alla polis. Il consiglio comunale milanese si limitò allora ad approvare linee guida, che nella sostanza paiono poi del tutto disattese ed a millantare una parvenza di partecipazione aperta ai cittadini sotto la regia delle FS.
Lo stesso vale per l’operazione trasferimento delle facoltà scientifiche all’area Expo. Non si può negare che nasca dalla necessità di riempire un buco vuoto, pagato a caro prezzo, in una enclave tagliata fuori dal contesto urbano, inclusa tra viadotti e svincoli autostradali.

Comunque non resta che augurarci che, se questo trasferimento s’ha da fare, si faccia in fretta e bene. E per questo auguriamoci almeno che le proteste dei cittadini servano a mantenere desta l’attenzione su tutti i passi che verranno compiuti da chi sta conducendo il gioco come "elite" al potere, anziché come rappresentante dell’interesse pubblico, infastidito dall’occhio indiscreto del cittadino.

La seconda considerazione, ancor più scoraggiante della prima, sta nel riscontare questa ostentata arroganza della politica, nonostante oggi si continui a parlare di “assenza della politica, assenza che si nota di certo in tutti gli aspetti della vita di oggi, dall’uso indiscriminato dei dati di ciascuno di noi, vuoi a fini commerciali, vuoi a fini di propaganda elettorale, manifestamente illegale, all'assenza di controlli e tassazioni sulle attività delle multinazionali, alla decisione di sganciare bombe e lanciare missili da parte di “elite” al potere che ritengono di non dover render conto ad alcuno.

La politica è invece purtroppo ben attiva e viene praticata oggi da chi entra a far parte (a tutti i livelli) di queste “elite” (che tanto “elite” spesso non sembrano).
Stiamo vivendo in un clima di smantellamento della cultura democratica ad opera dei protagonisti stessi della politica, i quali si considerano ormai “elite” al di sopra e al di fuori di ogni regola. Ne abbiamo avuto percezione diretta proprio seguendo le vicende sopra menzionate; si è capito quanto sia radicata questa cultura “antidemocratica” in cui prima si prendono decisioni, poi se ne dà notizia, e infine si ottiene l’avallo sfuggendo ad un reale confronto pubblico nelle sedi ove si dovrebbe svolgere il dibattito “politico”, quelle in cui i cittadini della polis discutono e decidono tramite i loro rappresentanti.

Se le cose stanno così le proteste dei cittadini sono non solo necessarie, ma indispensabili, altrimenti non c’è da ben sperare per il futuro.

Per essere informati sul corteo:

Cominciamola questa rivoluzione pacifica. Partiamo dal corteo del 19 aprile.


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