Startup sociali, un nuovo modo per creare lavoro

Dopo la creazione dell'incubatore Fabriq ecco i suoi sei campioni, selezionati su 50 domande. Startup nell'agricoltura sociale, nel riuso delle terre incolte, lo sport, il non profit e il riciclo dei rifiuti. Altrettante scommesse di giovani che lavoreranno nella sede di Quarto Oggiaro ()
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Un incubatore , più che una fabbrica, è un atelier, una bottega artigiana dedicata alla coltura di nuove imprese. Creature uniche, queste, all’inizio poco più di un’idea e di un gruppo di giovani pieni di entusiasmo.

E di entusiasmo se nè visto, in abbondanza, lo scorso 8 maggio a Quarto Oggiaro, nella sede di Fabriq, il nuovo acceleratore-incubatore avviato, fin dal gennaio scorso, dal Comune di Milano, e per la precisione dall’assessorato al lavoro e allo sviluppo guidato da Cristina Tajani.

Un compito non facile quello di Fabriq. Stare nei limiti del mandato pubblico. Puntare quindi solo sulle startup a netto contenuto sociale. Un impegno coerente con la natura del Comune di Milano, ente fondatore. Ma un po’ divergente con la norma, che vede acceleratori, incubatori e venture capital privilegiare iniziative ad alta tecnologia, o a forte impatto sul web.

E un incubatore è nulla se manca la sua materia prima: I giovani imprenditori “giusti” e pronti a lanciarsi in un percorso  di apprendimento e di avventura. Per questo, alla nascita di Fabriq, il Comune ha lanciato un concorso. Per cinque nuove imprese a cui offrire 9 mesi di servizi di incubazione (tutor dedicato, spazi di coworking, formazione, supporto alla ricerca di investitori…) e insieme un bonus di 28mila euro per sostenere il decollo dell’iniziativa.

Da gennaio a marzo a Fabriq sono così arrivate circa 50 domande, oltre le attese. Che la commissione di valutazione ha scremato a una rosa di dodici, in base a punteggi predefiniti. E infine l’8maggio scorso, nella sede di Fabriq (piuttosto affollata) la selezione finale, con gli imprenditori invitati, uno per uno, a presentare la propria startup, l’idea, I primi riscontri, la sua prevedibile sostenibilità economica.

Che cos’è una startup sociale? Il profilo dei cinque vincitori è al riguardo eloquente. Per esempio TerraXchange, un’idea nata da un giovane agronomo, Marco Tacconi, per il riuso delle terre incolte. Sfruttare internet per far incontrare appassionati di agricoltura con proprietari di appezzamenti in disuso. “Queste aree costellano tutto l’hinterland di Milano e la Lombardia - dice Marco – e in Italia vi sono 4,5 milioni di persone che coltivano un orto. Perchè non pensare ad accordi in cui i coltivatori possono pagarsi in natura l’uso del terreno? Per questo, quando sei mesi fa abbiamo lanciato il nostro portale (www.terraxchange.it) l’interesse è stato immediato. Abbiamo avuto 130 articoli su giornali e testate online”.

Tacconi è già in contatto con alcuni proprietari di terreni, anche su ampie estensioni. Per loro la proposta di una “manutenzione gratuita” da parte degli orticoltori è piuttosto allettante, e così la formazione di una “community” sul sito, capace di attrarre altri produttori, in una sorta di circolo virtuoso in cui tutti ci guadagnano. Il sito ha al suo centro una mappa, dove possono incontrarsi le disponibilità di appezzamenti incolti e gli aspiranti orticoltori.

Un po’ sulla stessa linea è Social Experience, una startup nata a Pavia e dedicata all’agricoltura sociale. Che ha già lanciato un suo sito, www.socialfarming.it che associa alla pubblicizzazione di prodotti agricoli di qualità anche i primi progetti sociali sostenuti dalla vendita di questi prodotti, come un agrinido e un progetto di inserimento di disabili  nella floricultura. E la startup si propone anche iniziative di crowdfunding per il sostegno ad altri progetti, fino alla formazione di un network di aziende agricole sociali.

Dalle fattorie agli spazi antistanti un supermercato. Qui un gruppo di giovani di Nova Milanese (un ingegnere, un bocconiano e un meccanico) ha istallato un marchingegno metallico grosso quasi come una container. E’ un compattatore per bottiglie di plastica, e puo’ processarne a decine di migliaia in una settimana, pronte per il riciclo negli impianti di imbottigliamento.  L’idea di Geomundis è quella di stipulare accordi con i supermercati per offrire a chi porta le bottiglie un premio, in termini di sconti sugli acquisti. Eco-Marketing per il supermarket, o per tutti i commercianti che vogliono aderire, ma anche entrate sulla plastica da riciclare. Un modello che il gruppo di Nova Milanese conta di diffondere in tutto il milanese, oltre le prime sei macchine installate. In pratica ad ogni bottiglia inserita nel compattatore si calcolano ecopunti-sconto. Alla fine la macchina emette uno scontrino che vale per i supermarket e i negozi convenzionati.

Dal rifiuto di casa (o supposto tale) alle vette dell’immaginario mediatico. Ovvero la generazione di fondi facendo leva sulle celebrità. Loro mettono a disposizione oggetti significativi (per esempio un casco di un campione di moto) e incontri e CharityStars provvede a gestire le aste, le operazioni sul web e sui social network. Una visita al sito (www.charitystars.com) è abbastanza eloquente. Calciatori, cantanti, scrittori di grido. Ma l’elenco che colpisce è quello delle Onp, decine e decine. “In soli 9 mesi abbiamo raccolto più di 350.000 euro – dice Francesco Nazari Fusetti, Ceo e co-fondatore  - supportando più di 75 associazioni non-profit, tra cui organizzazioni internazionali come WWF, Save the Children, Emergency e Oxfam. Tutto questo è stato possibile grazie ai nostri oltre 150 testimonial e aziende partner come Eros Ramazzotti, Gigi Buffon, Mika, Lapo Elkan, Barbara d’Urso, Trussardi, Inter e SkySport”.

Ma la startup sociale più anomala è senza dubbio Xmetrix, nata da sportivi, professionisti e non, del nuoto. Alcuni dei quali anche ingegneri elettronici. E impegnati sui sensori più avanzati, alcuni nell’St Microelectronics. Un’avventura ad alta tecnologia, ma in un contesto propriamente sociale, qual è lo sport attivo.

Di qui il prototipo di una sorta di cuffia-auricolare per il nuotatore. Nelle orecchie sensori per registrare il battito cardiaco, la pressione sanguigna e altri dati corporei. Sul capo la centralina che calcola posizione, velocità, accelerazione. E alla fine fornisce all’atleta un quadro completo della sua prestazione.

“Ci sono circa 100 milioni di utenti per questo tipo di dispositivi – dice Andrea Rinaldo, uno dei tre fondatori  di Xmetrics -  con uno spazio di mercato consistente. E già oggi sono comparsi più di una decina di orologi sensoriali per i nuotatori. Ma non certo della qualità del nostro”.

Xmetrics conta di vendere i suoi sistemi durante le gare, in piscina e negli eventi sportivi. “Non solo – continua Rinaldo – vogliamo conquistarci  il cuore dei nuotatori, con un crowdfunding di almeno 60 mila euro su 600 mila di fabbisogno per il nostro decollo”.

E infine il premio speciale della giuria (in pratica i nove mesi di servizi di accelerazione gratis) a Omog Natural, un’iniziativa nata da un giovane cuoco, Antonio Torchia, proprio di Quarto Oggiaro, che ha lavorato per anni negli asili nido, sviluppando ricette basate solo su proteine vegetali (in particolare legumi e verdure) ben più salutari e appetibili, a gradimento diretto, per i bambini. Oggi il team di Omog vuole realizzare una linea di omogeneizzati e di vellutate totalmente biologici, da introdurre nel circuito dei gas, dell’equo e solidale e di catene come EatItaly. Un’idea di prodotto precisa, forse sinergica anche alle altre startup nell’agricoltura biologica.

 

 

 


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