Perchè sta saltando la Città della Salute
(Giuseppe Caravita)03/06/2013

Come volevasi dimostrare, potrebbe dire oggi chi ha seguito l’anno scorso la tortuosa vicenda della Città della Salute, fino all’imperiosa decisione della giunta regionale presieduta da Roberto Formigoni, in luglio, di insediarla nel bel mezzo delle aree Falck di Sesto San Giovanni. Una scelta in apparenza ineccepibile, con un bellissimo progetto di Renzo Piano che unificava il neurologico Besta e l’Istituto dei Tumori in un solo grande polo (220 mila metri quadri), con quattro imponenti torri quadrate per le strutture di ricerca e le sale operatorie.
Tutto bene salvo un problema. La bonifica (da compiere a fondo, trattandosi di ospedali, strutture particolarmente delicate) in un’area, ex siderurgica per più di un secolo, tra le più inquinate d’Europa. Sia nella terra che, soprattutto, nell’acqua sottostante. Ed è su questo piccolo, dimenticato (da Formigoni e dalla Valmaggi) particolare che sta saltando tutto.
L’accordo tra Regione, Comune di Sesto e Sesto Immobiliare
di Davide Bizzi (la proprietaria dei terreni) prevede(va) appunto che l’ultima
conferisse gratuitamente al Comune quei 220mila metri quadri, già adeguatamente
bonificati. Quindi Sesto Immobiliare avrebbe dovuto farsi carico delle bonifiche, il cui costo sta salendo. E Sesto Immobiliare, forte di una clausola contrattuale che scarica su Risanamento (la precedente proprietaria delle aree) eventuali sovraccosti di bonifica, oggi è impegnata in un duro contenzioso con la controparte. Che obietta il carattere straordinario (e non previsto nel contratto di compravendita del 2010) delle bonifiche "profonde" da fare per la Città della Salute. Morale, un gioco a muso duro per rimpallarsi il carico di quei 40 milioni aggiuntivi (e forse anche di più) per avviare il progetto.
Certo, per l’immobiliare guidata da Bizzi la Città della Salute era vista fin dall'inizio un buon affare. Per due motivi: primo i 220mila metri quadri venivano sottratti non a terreno costruibile ma dimezzando il parco previsto al centro dell’area, e da tempo atteso dai cittadini sestesi, che soffrono di un densità abitativa ai vertici in Italia.
Secondo: impiantare là due prestigiosi istituti sanitari, di attrattività nazionale, sarebbe stato un detonatore per costruire residenze, alberghi ospedalieri, strutture di servizio. Una marcia in più per il maxi progetto di edificazione sul milione e quattrocentomila metri quadri dell’intero comprensorio ex-Falck.
In pratica la grande (e pesante) istallazione sanitaria sarebbe servita da "volano" per la cementificazione dell'area Falck, dai centri commerciali ai grandi condomini, fino ai grattacieli previsti. Realmente vendibili poi? Stando alla crisi attuale di altri complessi di nuova costruzione, come CityLife a Milano, ogni scetticismo è più che lecito.
Questo però l'accordo fino all’estate scorsa, nei progetti annunciati con convegni e fanfare. All’atto pratico qualcosa di significativo sembra essersi inceppato. Al punto che Bizzi, giovedì 30 maggio scorso, ha annunciato la richiesta formale alla Risanamento (da cui aveva acquistato le aree nel 2010) di voler annullare il contratto, riconsegnare i terreni e riavere indietro i 345 milioni già versati, compresi i danni.
Perché questo improvviso e clamoroso voltafaccia?
Bizzi (e la sua cordata) avrebbero dovuto pagare 60 milioni
dell’ultima tranche dell’acquisto. Ma non lo hanno fatto. Tra le parti infatti è
sorta una trattativa (fallita) sui costi delle bonifiche, 160 milioni
complessivi in una prima stima, con 40 milioni aggiuntivi che eventualmente
avrebbe dovuto pagare Risanamento.
Ma né l’uno né l’altro sembrano volersi accollare questi esborsi. Perchè l’area deputata alla Città della Salute richiede in più bonifiche impreviste, radicali e ben più profonde di quelle “normali”. Attentamente monitorate dal Ministero dell’Ambiente, poi, dato che l’area Falck è un sito di interesse nazionale. Ed è un’area che galleggia su una falda idrica con forte presenza di metalli, toluene, clorurati e di cromo esavalente (i primi residui degli acidi di decapaggio siderurgici, ivi sversati per decenni, il secondo dai massicci processi di cromatura dalle ex fabbriche circostanti). Quindi la bonifica non sarà esattamente la facile decorticazione superficiale del terreno. Al punto che il Comune di Sesto mise a punto un progetto, nel 2006, per una batteria di 11 coppie di pozzi (proprio a ridosso della costruenda Città della Salute) che avrebbero dovuto estrarre di continuo l’acqua di falda per depurarla e riversarla nel Lambro. A tutt’oggi però di quell’opera (costosissima) è attivo solo un pozzo sperimentale che alimenta una centrale A2a a pompa di calore. L’attesa partecipazione all’investimento da parte di un consorzio di aziende vicine non si è mai, di fatto, materializzata.
E c'è di più. In previsione di un grande insediamento ospedaliero in un area a rischio, con spazi sotterranei profondi oltre dieci metri previsti dal progetto di Renzo Piano, i tecnici del ministero dell'Ambiente hanno proceduto a carotaggi del terreno e prelievi nella falda idrica superficiale (che là scorre a soli 13-20 metri). E hanno stimato opere di bonifica non più nell'intorno dei 200 milioni, ma del doppio. Al punto che Bizzi ha presentato in aprile un ricorso direttamente alla Presidenza della Repubblica. Contro una valutazione che, a suo parere, averebbe reso antieconomica l'intera operazione immobiliare (Città della Salute inclusa).
Ecco quindi che scoppia, sostanzialmente sull’inquinamento profondo, il vero problema strutturale e economico dell’area Falck. Da tanti esperti ritenuta inadatta ad ospitare grandi strutture ospedaliere moderne, che affondano per decine di metri nel terreno le loro strutture sotterranee di servizio, parcheggi e persino sale di accoglienza e corsie di degenza.
Appare così, leggendo i fatti, area troppo costosa (e rischiosa) per operazioni immobiliari su vasta scala, specie in questa fase di crisi. In cui gli imprenditori e le banche, da un lato, hanno scarsa liquidità (soprattutto a lungo termine). E il ritorno sul nuovo edificato è quantomeno incerto (eufemismo).
Sesto Immobiliare dichiara comunque di essere parte lesa, e accusa Risanamento di gravi inadempienze contrattuali e dolo. Si deciderà in arbitrato.
Ma in Regione il conflitto viene ovviamente vissuto come un chiaro segnale sul futuro della Città della Salute. Domani Davide Bizzi dovrà spiegare a Roberto Maroni, al sindaco di Sesto Monica Chittò e a Mario Mantovani, l’assessore alla Sanità del Pirellone, la posizione di Sesto Immobiliare. Ma i funzionari della Regione appaiono già alla ricerca rapida di alternative. In particolare per il Besta, che opera dentro un vecchio palazzo degli anni 30 e ha assoluto bisogno di un trasferimento.
E qui, altra nota un po’ ironica, torna in campo una proposta già avanzata nello scorso giugno dall’oncologo Giuseppe Landonio e dal primario Gigi Campolo: il trasferimento del Besta nei padiglioni prossimamente disponibili del Niguarda. Con il vantaggio, in questo ultimo caso, della stretta integrazione del Besta con un grande ospedale generalista. Oltre ai costi, nettamente inferiori (sotto i 120 milioni per il Besta) e non certo di 200 milioni di indebitamento previsti dall’ipotesi del grande complesso alla Formigoni-Renzo Piano.
E’ però troppo presto per prevedere come evolverà una vicenda così imprevedibile e incandescente. Ma una cosa sembra certa, quantomeno all'assessore Mantovani, dopo un buon numero di audizioni in Regione. Le lunghe e iper-costose bonifiche che via via emergono come necessarie per il progetto Sesto sono incompatibili con le esigenze impellenti del Besta e anche con il futuro dell’Istituto dei Tumori.