Da 10 anni, attorno alla vivace esperienza del circolo Acli di via Conte Rosso a Lambrate è cresciuta la consapevolezza di una carenza di luoghi pubblici di aggregazione e partecipazione sociale. Qui, gruppi e associazioni di cittadini tramite camminate di quartiere, corsi di democrazia partecipata, ricerche qualitative sui bisogni dei cittadini, raccolte di firme e altre forme di socialità, hanno rilevato che l’esigenza più sentita è proprio quella di avere dei luoghi pubblici (e le Acli sono pur sempre un’entità privata) in cui potersi trovare, scambiarsi idee, proporre progetti, vivere sogni, svolgere attività ludiche e culturali. La gente, in particolare i meno anziani, sente la mancanza, dopo la crisi dell’era industriale-operaia che così importante fu per Lambrate, di qualcosa che nell’esperienza di altre città oggi si chiama Casa di Quartiere, che richiama un po’ l’antica tradizione delle Case del Popolo, luoghi sociali aperti a tutti.
La rete di ViviLambrate da anni sta coinvolgendo altri organismi formali e informali e ha cercato il sostegno di Comune e Municipio nella ricerca di uno o più luoghi adatti a soddisfare questo bisogno. Al circolo ACLI abbiamo tenuto il 20 gennaio un’assemblea assai partecipata, nella quale sono state illustrate le esperienze delle Case di Quartiere di Torino e Bologna, frutto di una cooperazione virtuosa tra istituzioni locali e istanze della società civile. Meno di un anno fa, a seguito di una ricerca etnografica sui desiderata dei cittadini circa un uso temporaneo delle ex cucine della scuola Maroncelli, è stata inoltrata una lettera al Sindaco di Milano, alla Presidente del Municipio 3 e a diversi assessori e presidenti di Commissioni consiliari di entrambe le istituzioni, rilevando anche l’assenza di luoghi di aggregazione 'veramente aperti', a cominciare dalla Casa delle Associazioni attiva da tempo negli altri Municipi ma non nel 3 e nel 4.
Le risposte ricevute, quando ci sono state, e sono state poche, non hanno affatto convinto.
Il Comune parla di progetti e bandi su nuovi luoghi di aggregazione, ma pensati con regolamenti assai rigidi e sostanzialmente calati dall’alto secondo le esigenze dell’Amministrazione Comunale. Nessun ascolto è stato dato alla nostra richiesta di adottare un metodo partecipativo nella definizione di obiettivi, scopi, contenuti e regole su gestione e attività del percorso partecipativo che andiamo chiedendo; disattenzione totale sulle metodologie anche se sussistono esiti positivi dalle altre città come evidenziato nell’incontro del 20 gennaio. Il Municipio 3 continua a rimandare la responsabilità del tema riducendolo alla mera ricerca di luoghi e alla competenza del Comune, contravvenendo alla propria competenza e a pretendere informazioni precise sugli immobili comunali del territorio di sua competenza, a carattere demaniale o di beni sottratti alla criminalità organizzata.
Non ci piace questo continuo scaricabarile, che ci rende impossibile individuare un qualunque soggetto istituzionale che si faccia carico seriamente di un problema che riteniamo strategico per il nostro quartiere e la nostra città: come far sì che le trasformazioni urbane e demografiche in corso, che creano frammentazione sociale, individualismo, isolamento e chiusura anziché coesione sociale, possano essere contrastate e contenute nell’unico modo possibile: puntare sulla partecipazione dei cittadini, su una rigenerazione urbana in cui essi stessi siano i protagonisti. Riteniamo assai miope il 'girarsi dall’altra parte' di amministratori locali con cariche dai nomi assai 'aderenti' al tema da noi sollevato: Urbanistica, Partecipazione, Rigenerazione urbana, Beni demaniali, Patrimonio immobiliare, Territorio, Politiche sociali, Cultura e così via. Questo è il motivo per cui i cittadini non intendono e non possono certo rinunciare a ciò che ritengono così emblematico ed importante e che i nostri rappresentanti locali non sanno invece farsene carico da protagonisti.