La forza della diversità. Sai cos'è la fotofobia?

"La mia omofobia aveva la stessa sintomatologia: ipersensibilità, fastidio, avversione, disagio, dolore, intolleranza, idee confuse,…": ecco un altro racconto sulla "forza della diversità" che potrete incontrare anche negli eventi della Human Week 2023 in piazza Durante il 3 ottobre e in piazza Leonardo da Vinci il 4 ottobre. ()
occhiali da sole
È un sintomo d’ipersensibilità oculare caratterizzato da un eccessivo fastidio alla luce solare e a un’intensa illuminazione artificiale. Si presenta con un senso di avversione all’esposizione luminosa, di disagio e, in alcuni casi, persino di dolore all’occhio. Le manifestazioni oculari di più facile riscontro sono le seguenti: vista offuscata; difficoltà a tenere gli occhi aperti; dolore all’occhio (a volte associato a mal di testa).

Ecco la mia omofobia aveva la stessa sintomatologia: ipersensibilità, fastidio, avversione, disagio, dolore, intolleranza, idee confuse, …
Una sola differenza c’era tra me e gli omofobi “integralisti e/o odiatori”: sono disposto a comprendere come sono davvero i miei figli e ad accettare che realizzino i loro sogni non i miei.

Da mesi nostro figlio di 17 anni era triste e depresso e noi avevamo vagliato molte possibilità sulla causa di questa tristezza. Ero arrivato anche a dirgli: “innamorati, di un uomo o di una donna, ma innamorati!”.
Una settimana dopo, incalzato da me, mi dice di essere gay.

Una voragine senza appigli, una caduta senza fine in un pozzo nero, questa è stata la sensazione fisica immediata e che mi ha accompagnato per alcuni mesi successivi: mia moglie ed io non avevamo riferimenti, non conoscevamo quasi nulla sul tema della omosessualità, non osavamo parlarne con nessuno perché la vergogna, la paura, il senso di colpa, intrecciate a più o meno velate reciproche accuse o accentuazioni sugli sbagli del coniuge, ci impediva anche solo di pronunciare la parola “gay”.
Anche noi abbiamo messo il mare tra il dire e il fare, anzi tra pronunciare “innamorati di chi vuoi” ed essere capaci di abbracciare nostro figlio, che continuava ad essere sempre quella bella persona che era stata fino al coming out, ed è tutt’ora.

Ero convinto di essere stato la causa della sua omosessualità e così mi ero aggrappato a questa conclusione: “Ecco! Mio figlio è diventato gay perché da bambino gli ho fatto vedere il film “the Rocky Horror Picture Show!”.
In fondo, in quel momento di confusione, ero come chi crede che si possa insegnare ad essere omosessuali (la famigerata “teoria gender”) e per questo a scuola non se ne deve parlare.

Dopo aver attraversato per lunghi mesi il nostro spaesamento fatto di pianti e blocchi emotivi, di paure, avversioni, repulsioni, dolori, sensi di colpa, ripensamenti e ancora pianti, abbiamo incontrato Agedo.
È stato il passaggio dalla notte al giorno: anche altri genitori avevano i nostri travagli e molti di loro li avevano superati!

Eravamo “normali”! Potevamo cominciare a dirlo, fare il nostro coming out!
Anzi più partecipavamo ad eventi pubblici più ci rinforzavamo sul nostro processo di avvicinamento vero ai nostri figli.

Ricordo ancora con emozione quando, durante i primi Pride alcuni ragazzi ci guardavano e piangevano perché avrebbero voluto che con noi ci fossero stati i loro genitori: ci pensate a quanto la nostra autostima crescesse insieme alla commozione per la solitudine di questi ragazzi?
Le lacrime calde di affetto, rimpianto, vicinanza, voglia di famiglia per noi e loro, sono state benefiche gocce di riscatto dal nostro passato omofobo.

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