CPR di via Corelli, una vergogna per Milano

Riteniamo doveroso pubblicare la segnalazione giunta dalla lettrice Silvia Rizzi. Esiste nel Municipio 3 una realtà di intollerabile negazione dei diritti umani, che non deve e non può restare ignorata dalle istituzioni e dalla cittadinanza. ()
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Ho partecipato sabato 8 ottobre alla sessione dedicata ai CPR, dalle 18 alle 20.30 presso l’Arci di Via Oglio. Questo grazie all’interessamento della Ong “Un Ponte Per” che ha gentilmente ospitato la Rete “NO CPR”. Il CPR (Centro di Permanenza per i Rimpatri) milanese ha sede in via Corelli 28. E’ qua in zona 3.
Vorrei evitare di dilungarmi e/o far polemica e tantomeno di entrare nei particolari ma mi domando se Voi siete informati: il quadro emerso è a dir poco incredibile per una città come Milano nota per l’attenzione verso le persone meno fortunate… la città si ferma lì al muro di cinta di via Corelli 28?
Vi invio solo l’ultima newsletter pervenuta dalla Rete NO CPR affinché anche attraverso il Vostro interessamento ed eventuali competenze questo luogo di dolore, frustrazione e psicofarmaci possa diventare un luogo che salvaguardi la dignità umana, valore caro a credenti, laici ed a tutti i cittadini sensibili di questa città.
Per favore “Restiamo umani”.

Silvia Rizzi


Riportiamo una parte della newsletter emessa da NO CPR citata da Silvia Rizzi per mettere in evidenza la degradante situazione a cui sono costretti alcuni ospiti del Centro di via Corelli 28.

In isolamento con epatite C, senza terapia.

E' stato necessario l'intervento del Garante Nazionale, da noi sollecitato, per ottenere finalmente la liberazione dal CPR di Milano di un ventottenne ammalato di epatite C. Fuggito dalla Tunisia per l'Italia tre mesi fa per cercare qui cure che nel paese di origine erano per lui inaccessibili, e finito nell'incubo del centro di rimpatrio.

Trovata assistenza in Veneto presso una associazione grazie alla quale aveva iniziato una terapia, un giorno era stato sorpreso senza documenti e condotto e rinchiuso nel centro di via Corelli. Questo, deve ritenersi, dopo essere stato sottoposto all'accertamento di legge dell'idoneità dello stato di salute al trattenimento in vita comunitaria ristretta (in un centro con un ambulatorio a dir poco sguarnito di personale e farmaci) da parte di uno dei due medici individuati dall'ATS di Milano per tali incombenze, che evidentemente, rispetto agli altri casi in cui chiudono un occhio, ha deciso di chiuderne due, questa volta.

E' stato considerato idoneo e trattenuto nonostante egli abbia dichiarato fin da subito di essere malato e abbia mostrato anche documentazione attestante tale malattia e la sua urgente necessità di cure, che si è preferito fingere di non conoscere. La sua segnalazione è stata totalmente ignorata, e il ragazzo è stato lasciato senza alcuna terapia, con forti dolori al fianco e pericolo di degenerazione in cirrosi. Gli allarmi e le lamentele dei compagni di stanza (in verità anche timorosi di essere contagiati, tanto che lo tenevano a una certa distanza), insieme all'intervento del Garante Nazionale, hanno finalmente poi costretto i gestori del centro a richiedere un test.

Risultato positivo, il ragazzo è stato rinchiuso in una cella di sicurezza da solo e senza alcuna assistenza (la foto è stata scattata da lui) senza alcuna spiegazione, gettandolo nello sconforto più totale.

Dopo il nostro aggiornamento al Garante circa l'isolamento, che faceva temere ancora di più per la sua incolumità, il ventottenne tunisino è stato rilasciato nella notte del piovoso venerdì scorso, senza un posto dove andare, e come sempre senza alcun riferimento sul territorio a sostegno della sua malattia e della sua situazione (a quando un intervento del Comune di Milano? Sono sempre i “ volontari”! a doverci mettere una pezza? Sono quattro anni che il Sindaco finge che il CPR non esista).

In ragione della sua malattia egli avrebbe avuto diritto ad un permesso di soggiorno, ma neppure lo sapeva: nessuna informazione legale all'interno, troppo superficiali e irraggiungibili gli avvocati d'ufficio.
Trincerandosi dietro visite di idoneità addomesticate e dietro il voluto ritardo degli accertamenti medici (che senza intervento del Garante non si sarebbero effettuati mai), CPR e Prefettura hanno invece preferito ignorare la palese violazione del diritto alla salute, anche in questo caso, mettendo in pericolo la vita di una persona, e lasciando decorrere giorni di trattenimento profumatamente retribuiti.

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