Milano Città delle donne Atlante di genere

Per immaginare una città a misura di donna occorre avere un punto di partenza, dati concreti che indirizzino nelle scelte, senza disperdere opportunità. A questo risponde l’Atlante redatto da due ricercatrici. “A Passo di Donna. Energie per il cambiamento”, terzo incontro venerdì 25 marzo. ()
A passo di Donna
Presenti all’incontro oltre le autrici di “Milan gender atlas” Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro, l’architetto Alberto Bortolotti e Bruno Ceccarelli Consigliere del Comune,
l’assessora Valeria Borgese, la consigliera Francesca Zanasi.

Questo Atlante - spiega Florencia Andreola - è stato creato in risposta a un bando della Triennale e del Comune di Milano, per esaminare usi, costumi, servizi, toponomastica, sex work, luoghi di rischio a Milano, dove anche qui il 75% del peso sociale di cura ricade sulle donne, care-giver che si occupano dei figli e degli anziani genitori.

A questo scopo abbiamo monitorato: servizi pubblici, mezzi di trasporto, funzionamento di uffici pubblici comunali, uffici sanitari regionali, nidi, scuole, studi medici, negozi di prossimità. Fare queste ricerche è difficile, perché esistono pochissimi dati aggregati per genere che distinguono donne/uomini.

Le donne prediligono muoversi a piedi o in bicicletta, sui mezzi pubblici piuttosto che in auto, ma le criticità sono per chi si muove in/con carrozzina e solo di recente sono stati creati luoghi dove sia possibile cambiare e allattare il bebè.

Il problema sicurezza - aggiunge Azzurra Muzzonigro - sia nei giardini/parchi cittadini che sui mezzi pubblici è meno grave di prima, ma ancora preoccupante.
Sul tema della visibilità di quanto hanno fatto le donne per la città, la toponomastica annovera solo un 5% di strade intitolate a donne, 2% sono laiche, il 3% sante o suore.
Attualmente c’è un solo monumento dedicato a una donna la contessa “Cristina di Belgioioso” .
Rispetto ai servizi riferenti alla sanità pubblica, i dati sono scarsi, ma si sa che il diritto di aborto trova ostacoli, i consultori sono pochi, sempre meno, e aperti per poche ore, manca il personale sanitario e ogni ospedale ha regole sue proprie.

La creazione di servizi nasce però da una spinta dal basso, dai presidi di cittadinanza attiva, il movimento deve partire dal basso.
Occorrono spazi da recuperare, specie in periferia, per aggregazione sociale e servizi.
Questo non vuol dire togliere diritti agli uomini, ma parità di diritti.

La consigliera municipale Francesca Zanasi ricorda però che all’Ortica ci sono murales che raffigurano donne scienziate, combattenti, politiche, artiste.
Le norme che già affrontano la parità dei diritti, come il congedo parentale di 10 gg., oggi viene usufruito solo dall’8% dei padri, per diversi motivi, ma in fondo perché la mentalità in questo Paese, in parte anche femminile, fatica a riconoscere che il ruolo delle donne non è solo essere madre e casalinga.

Secondo l’architetto Alberto Bortolotti, il problema è politico, sarebbe importante valorizzare e rivendicare la Commissione pari opportunità per i diritti e il lavoro. In urbanistica ancora oggi si progetta senza tener conto di queste necessità, lo spazio pubblico e la sicurezza sono pensati in senso generico. I regolamenti sono calati dall’alto e manca il dibattito. Dovrebbe essere creato un fondo patrimoniale e fare un censimento delle abitazioni a Milano. Ci vuole una società che sia controllata dal Comune e che pianifichi.

Per il consigliere comunale Bruno Ceccarelli i modelli culturali devono cambiare. Il 67% delle donne a Milano lavorano, però è un’eccezione in Italia. Dobbiamo recuperare il dato dell’uguaglianza e la qualità dei servizi, che ci sono, ma che non sono ugualmente distribuiti in tutta la città.
Occorre ripensare a come usare gli oneri pubblici delle numerose opere edilizie in corso. Caro affitto e prezzo delle abitazioni sono molto onerosi per i giovani e la classe media.
Occorrono canoni agevolati rivisitati per renderli appetibili ai privati o si rischia la gentrificazione della città.

L'assessora municipale Valeria Borgese conclude il dibattito con la richiesta di confrontarsi e interpellare le donne su quali siano le loro esigenze, come vorrebbero la città che abitano. Le nostre speranze di un PNRR al 50% sono state purtroppo totalmente deluse.

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