La Casa delle Donne di Milano resta senza casa?

L’associazione esclusa dalla gara indetta dal Comune per l’assegnazione della sede di via Marsala. ()
casa donne
La Casa delle Donne di Milano è nata nel 2014, durante l’amministrazione Pisapia, in seguito alla decisa volontà di un gruppo di donne di dar vita, anche a Milano, ad un’associazione in grado di offrire uno spazio aperto alla società femminile e di divenire un punto di riferimento per affrontare, discutere e dibattere i temi, le istanze e le aspettative delle donne socialmente impegnate nella vita cittadina.
Una iniziativa che subito riscosse una entusiastica accoglienza da parte del mondo femminile, una immediata partecipazione, grazie anche al favorevole supporto della Commissione delle Pari Opportunità di quell’amministrazione. Negli anni ha saputo crescere e diventare un luogo di incontro, una vera Casa delle Donne, in via Marsala 8, nella sede che il Comune allora concesse in comodato d’uso per una durata di sei anni, una sede da ristrutturare e rimodernare a cura ed a carico dell’associazione, una sede oggi accogliente e perfettamente adatta a svolgere le tante attività avviate dalle socie.

Il contratto sottoscritto con il Comune era scaduto due anni fa ed in questo lasso di tempo non è stato possibile trovare tra le parti un accordo soddisfacente. Il Comune ha deciso poi di bandire una gara per l’assegnazione della sede di via Marsala, con scadenza nello scorso agosto 2021, rinviando l’apertura delle buste a tempi migliori (ossia dopo le elezioni dello scorso ottobre), apertura avvenuta il 28 gennaio 2022.
Hanno risposto al bando due associazioni, la Casa delle Donne di Milano e Telefono Donna, ciascuna con l’adesione di altre associazioni femminili coinvolte nei progetti presentati; la proposta della Casa delle Donne di Milano non è stata ammessa alla gara per irregolarità formali nella documentazione amministrativa allegata al progetto (mancano alcune firme in calce alle dichiarazioni di adesione da parte di alcune tra le associazioni cointeressate al progetto). La seconda (e unica) concorrente, Telefono Donna, è stata invece ammessa, pur presentando qualche irregolarità nella documentazione allegata, che deve essere regolarizzata entro il 3 febbraio.

Appare alquanto sorprendente la decisione di non ammettere ad una gara a cui si sono presentate solo due concorrenti una delle due e di consentire solo ad una di esse di sanare le irregolarità formali, escludendo a priori l’altra concorrente. Una decisione in contrasto di certo con l’interesse pubblico che l’amministrazione dovrebbe in una situazione del genere salvaguardare.

La questione verrà risolta in sede amministrativa, ci auguriamo entro breve; in caso diverso è ben prevedibile che si aprirà un contenzioso dannoso sia per l’immagine dell’amministrazione, sia per la vita delle associazioni coinvolte.

Cosa di cui certo l’amministrazione non ha voluto tener conto indicendo una gara per assegnare la sede di via Marsala. Si è voluto ribadire il criterio, ormai ricorrente in simili occasioni, che il Comune deve “valorizzare” gli immobili in suo possesso, dove valorizzare si riferisce qui al mero valore economico. Ci permettiamo allora di osservare che è compito di un’amministrazione pubblica tener conto della storia, anche se breve, del vissuto, del valore pratico e anche simbolico che un’associazione cittadina democratica largamente partecipata ha saputo realizzare sul territorio dimostrando alla prova dei fatti di aver contribuito ad arricchire la città con la presenza di uno spazio dedicato alle donne. Il valore sociale, culturale e politico, in senso lato, non conta per chi si preoccupa solo di gestire un'amministrazione, non di governare democraticamente la polis. Non aver tenuto conto di questo è alquanto sconsolante e deprimente, tanto più che anche in sede normativa si concede l’utilizzo collettivo di beni immobili appartenenti al patrimonio pubblico in comodato d’uso gratuito alla associazioni che promuovono la libertà delle donne.

L'insensibilità politica, dicamo così, di questa decisione amministrativa ci auguriamo venga presto sanata e che alla fine la Casa delle Donne possa restare nella sede in cui è nata e si è consolidata, poiché diversamente le attività promosse e il futuro stesso dell'associazione verrebbero meno.
La vicenda non fa che mettere in evidenza, se ancora ce ne fosse bisogno, la distanza che separa la rappresentanza politica dal paese, e ancor più l’incapacità di comprendere che la debole fiammella della democrazia è mantenuta in vita dalla vitalità e partecipazione della cittadinanza, e credo fermamente che la componente femminile di questa cittadinanza, le donne, stiano svolgendo un ruolo preminente a questo riguardo.

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Re: La Casa delle Donne di Milano resta senza casa?
03/02/2022 Bruno Eugenio Ambrosi
Buongiorno e complimenti a Paolo Burgio per il preciso resoconto. Sarebbe utile che venisse diffuso largamente: giornali locali e nazionali, agenzie e social, es. perchè no su facebook?
Una mobilitazione d'opinione sarebbe molto utile, visto il silenzio e la "prepotenza" dell'attuale amministrazione.
Grazie
Bruno Ambrosi


 
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