Doppio sogno

Il racconto lungo del raffinato scrittore austriaco Arthur Schnitzler rappresenta la proposta per il mese di dicembre del progetto “Leggere il ‘900 europeo”. In calce una breve scheda cinematografica sui film ispirati all’opera (La Redazione).

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“Doppio sogno” (1926) è un testo fortemente perturbante e ciò non solo per quel che di tormentato e tormentante vi è nelle vicende del giovane medico Dottor Fridolin e di sua moglie Albertine, nel cui ménage irromperà un universo di pulsioni e di desideri che li destabilizzerà nel profondo, ma lo è, in particolare, per il concetto di perturbante che il testo evoca e che chiama in causa contenuti contigui alla psicanalisi delle cui teorie Schnitzler era, per altro, un attento conoscitore, partecipe come egli fu, così come fu Freud, della scena culturale viennese di inizio secolo. 

Tale concetto rimanda a quell'accezione di inconsueto, estraneo, non familiare, sviluppata proprio da Freud nel suo saggio del 1919 avente come titolo “Il Perturbante” e farebbe più precisamente riferimento a qualcosa che è in noi e perciò ci appartiene ma, nello stesso tempo, ci è estraneo. In altre parole, ciò che “anche” siamo e che, appartenendoci, può affiorare e apparire. Vi è quindi, nel concetto di perturbante, l'idea di un doppio con due polarità una nota e una ignota. E ciò a cui si assiste nelle vicende di Fridolin e di Albertine è proprio questo: il generarsi di un doppio che sprigionerà in entrambi pulsioni sia aggressive che erotico/trasgressive estranee al loro legame coniugale, le quali li porteranno – Albertine in sogno, Fridolin in un seguito di avventure reali ma che non avranno alcun esito in termini di attuazione dell'eros, al punto da finire per apparire anch'esse esperienze oniriche – a scoprire un loro sé altro da sé, il quale rivelerà quelle loro seconde identità: inquietanti e segrete. Tutto ciò assume ancor più rilevanza in ragione del fatto che Fridolin e Albertine non sono una coppia in crisi, al contrario Schnitzeler ce li descrive al loro rientro a casa, da quella festa a cui avevano partecipato insieme, ancora pienamente capaci di amarsi: “si erano abbandonati a casa l'uno nelle braccia dell'altro, amandosi ardentemente come non accadeva da tempo”. 

Ma sarà proprio in quella festa – dove Fridolin è avvicinato da quelle “due maschere in domino rosso” che, ambigue e ammiccanti, gli erano poi sfuggite alla vista e Albertine è colpita da un affascinante sconosciuto – che si innescano i primi segnali di ambiguità. E, all'interno di questa tensione latente, si fa strada la presenza di un non detto che si confesseranno in quel momento per la prima volta: entrambi, nel corso della loro vita coniugale, hanno desiderato intensamente qualcun altro. Ma la sincerità di quella confessione e il successivo dirsi che si erano sempre cercati anche negli altri, restando a loro modo fedeli, non eviterà l'insediarsi tra loro di una lacerazione. L'uscita di Fridolin, immediatamente successiva a quelle loro confessioni, chiamato al capezzale di un malato e vissuta da Albertine ”come se il marito, uscendo, volesse farle un dispetto”, diventerà la scintilla che darà inizio alle avventure notturne di Fridolin e al viaggio nel suo sé ignoto di Albertine in sogno. 

Entrambi infatti coveranno una reciproca pulsione vendicativa. Fridolin per avere scoperto in Albertine una capacità a tradire che, se pur agita solo col pensiero, gli appare, già così, insopportabile, Albertine, a sua volta, perché ha percepito l'incomprensione del marito e il suo rifiuto. Se questo è il contesto che legittimerà i loro vissuti, in realtà, quello che accadrà in Fridolin come in Albertine affonderà nel loro inconscio e da esso risalirà rivelandone il loro doppio. E quasi a volerlo metaforizzare sistematicamente Schnitzler costella tutto il testo con il sembiante del doppio, in una serie molteplice di sue rappresentazioni e manifestazioni. Lo troviamo in tutte e 4 le figure femminili che Fridolin incontrerà quella notte. Nella dimessa Marianne, la figlia del paziente che Fridolin va a visitare uscendo di casa, la quale anche se già impegnata con il suo futuro marito e con il padre ormai morto nel letto si getta ai piedi di Fridolin dichiarandosene perdutamente innamorata e pronta a concedersigli, rivelando un lato di sé all'apparenza impensabile in lei. Lo troviamo altresì nella giovane prostituta che Fridolin incontra uscito dalla casa di Marianne e che incarnerà il primo vero sorgere della tentazione, della quale Schnitzler ne fa apparire un suo doppio mostrandocene quei suoi tratti di brava ragazza che contraddicono palesemente la sua professione e che faranno dire successivamente a Fridolin: “Quella ragazza non era in fondo la più graziosa, addirittura la più pura fra tutte le altre che le strane combinazioni della notte...gli avevano fatto incontrare?” Un altro doppio lo troviamo poi in Pierrette la figlia del mascheraio Gibisier, da cui Fridolin va per procurarsi quel costume che gli servirà per introdursi in quella festa in cui si recherà subito dopo. 

E nella casa di Gibisier, già di per sé enigmatica, riluce, equivoca, la figura di Pierrette, maliziosamente innocente ma in realtà ambigua e torbida: “i suoi occhi sorridevano di furberia e di piacere”, seducente e infantile ma, di fatto, adescatrice di uomini. Ma Fridolin è ormai preda della sua brama di appagamento per prestare attenzione alla allusiva Pierrette, giacché incombe su di lui quel suo desiderio sfrenato di introdursi in quella festa misteriosa e segreta di cui gli ha parlato il suo vecchio amico e collega Nachtigall che aveva incontrato, poco prima, casualmente in un caffè. E così procuratosi il travestimento, necessario per partecipare alla festa, vi si reca, seguendo Nichtgall che è lì scritturato per suonarvi, bendato, il piano. Il quale di quelle feste è stato già partecipe e ha fatto intuire a Fridolin che, da quello che ha intravisto attraverso quella benda, là dentro si svolge un rito dirompente, di fatto un baccanale. 

L'attrazione da parte di Fridolin per quella situazione sarà fortissima ed entrato finalmente in quella villa appartata e isolata, dove hanno luogo quelle feste, Fridolin si troverà di fronte a un nugolo di uomini e donne rispettivamente mascherati: gli uomini da monaci, le donne da monache, dove con la scelta di tali travestimenti e con ciò che quei monaci e quelle monache stanno per fare il gioco dei doppi assume proporzioni ulteriori venendo introdotte le evocazioni di altri opposti: quelle tra sacro e profano e tra mistico e blasfemo. Laddove, in un clima orgiastico – dionisiaco, accadrà che le monache si svestiranno integralmente dei loro indumenti, salvo mantenere il volto e il capo coperti da veli e da maschere, mentre i monaci “non più vestiti delle loro tonache, ma in festosi costumi da cavalieri..si precipitarono tutti verso le donne che li accolsero con risate furenti, quasi malvagie.” Ma di tutto ciò Fridolin non sarà partecipe. Scoperta la sua intrusione da parte di quei misteriosi e anonimi adepti, nella cui esclusiva cerchia si era introdotto clandestinamente contravvenendo in ciò alle loro severissime regole, non solo sarà escluso dal partecipare a quella sorta di rito concupiscente ma sarà seriamente minacciato nella sua stessa incolumità. 

Ma proprio in questo luogo e in questo frangente Fridolin raggiungerà l'acme assoluto del suo desiderio. Prima ancora di venire scoperto egli sarà avvicinato da una di quelle misteriose donne la quale gli dà ad intendere di averlo riconosciuto e, al fine di proteggerlo, lo spinge ad allontanarsi al più presto da lì. Ma sordo a ciò egli, per contro, proverà per quella donna, la cui identità gli è ignota, una cieca attrazione. Le chiede di venire via con lui nonostante ella, conscia e allarmata per la pericolosità di quella situazione, lo dissuada aspramente. Ma Fridolin ormai è in preda ad una vera e propria trasformazione: “Fridolin era come ubriaco non solo di lei, del suo corpo profumato, della sua bocca rossa e ardente, non solo dell'atmosfera di quel luogo, dei segreti voluttuosi che lo circondavano; si sentiva ebbro e allo stesso tempo assetato di tutte le esperienze di quella notte, nessuna delle quali si era conclusa; ebbro di se stesso, della sua audacia, delle trasformazioni che si sentiva avvenire in sé”. Ben lungi dal poter dare appagamento a quel desiderio e a quella trasformazione, Fridolin dovrà rinunciare alla sua folle pulsione d'Amore a cui si contrapporrà in quel frangente un incombere di Morte. Quella donna si sacrificherà infatti per Fridolin in cambio della sua libertà. Si smaschererà di fronte a tutti infrangendo una regola inderogabile pena la vita stessa. Fridolin sarà sbrigativamente allontanato, senza che egli possa vederla in volto e potrà lasciare quella casa salvo anche se con ancora quella donna in mente e del tutto scosso e smarrito. La sua notte di evasione l'ha messo di fronte ad una nuova dimensione di sé rimasta però frustrata e insoddisfatta. Quella trasformazione resterà relegata a quell'attimo, non si insedierà stabilmente in lui, perché non vi sarà possibilità di conciliazione fra sé e il suo doppio. L'illusione di incarnare i panni del libertino facendo convivere l'irreprensibile Dottor Fridolin e un novello Casanova non si realizzerà. E si dileguerà ancor più penosamente allorquando, ascoltato quella stessa notte, al suo rientro, il sogno nel frattempo fatto da Albertine, dovrà registrare l'ulteriore frustrazione di scoprire a sua volta che nel doppio di Albertine si annidano pulsioni di Amore e Morte che lo vedono a sue spese direttamente coinvolto. Albertine infatti nel suo sogno elaborerà sia un'esplicita pulsione d'amore indirizzata verso quel bel giovane di cui aveva già confessato, la sera prima, al marito quella sua sino ad allora inconfessata attrazione, ma con in più, questa volta, il suo esplicito concedersi a quel giovane sognando, nel contempo, di assistere alla crocefissione del marito. Così paradossalmente mentre Albertine beneficerà nel suo sogno di tutti i desideri rimasti insoddisfatti in Fridolin questi dovrà pure scoprire che l' originaria pulsione vendicativa di Albertine ha avuto in quel sogno uno sbocco. 

Ma se Albertine con il suo sogno ha elaborato le sue pulsioni e ne è riemersa, sanando per parte sua la lacerazione col marito e riacquistando il possesso di sé per Fridolin il suo calvario non è ancora finito. Ormai solo con se stesso amaramente riflette sull'ennesimo scacco subito dalla moglie e l' insanata lacerazione gli riporterà a galla l'idea di ridestare il suo doppio: “Si, tradire, ingannare, mentire, far la commedia, dovunque,... davanti ad Albertine...davanti al mondo intero; condurre una specie di doppia vita...” Ma questi si riveleranno solo vani vagheggiamenti. Anche lui come Albertine sarà destinato a ritornare nel suo sé noto. Perché quel viaggio dentro di sé lo ha messo di fronte a realtà insostenibili con le quali Fridolin, ancor più di Albertine, non è in grado di reggere il confronto. L'ipotesi di annullare e cancellare Albertine contrapponendogli quell'altra donna si scontrerà con l'amara presa di coscienza di scoprire che quell'altra donna se l' era “rappresentata...con i lineamenti di Albertine e che, come si accorse rabbrividendo, aveva continuamente davanti agli occhi l'immagine della moglie”. E quando Albertine gli farà trovare sul cuscino a fianco al suo la mascherina da lui indossata in quella tragica festa e inavvertitamente smarrita Fridolin “scoppiò con sua stessa sorpresa in singhiozzi disperati...Dopo pochi secondi sentì una mano sfiorargli morbidamente i capelli. Sollevò la testa e dal profondo dell'animo proruppe: “Ti racconterò tutto””. 

In questo loro ritrovarsi Fridolin e Albertine pervengono quindi a una ricomposizione di quella lacerazione che li aveva divisi. Ma quanto accaduto è e resta un pericolo, per questa volta scampato, ma per il futuro? Perché se è vero che, rivolta a Fridolin , che le chiede ancora spaesato al termine del suo raccontarsi: “Che dobbiamo fare Albertine?”, ella risponderà: ”Ringraziare il destino, credo, di essere usciti incolumi da tutte le nostre avventure...da quelle vere e da quelle sognate”, rinnovando così il loro patto d'amore e sancendo di essere stati in balia di quel perturbante che ha agito in loro, Schnitzler a questo punto riporterà quanto segue: “Per sempre, voleva aggiungere Fridolin, ma prima ancora che pronunciasse quelle parole, lei gli pose un dito sulle labbra e sussurrò come fra sé: “Non si può ipotecare il futuro””. E in quel “per sempre” immaginato da Fridolin e repentinamente negato da Albertine con quel suo “Non si può ipotecare il futuro” si annida la verità di “Doppio sogno”. E cioè che non vi è alcuna verità perché non vi è alcuna certezza. Nulla può essere di sicuro “per sempre”, così come nulla veramente sappiamo di ciò che noi siamo e di ciò che potremo essere e scoprire di essere.

(Raffaele Santoro)

Cinema vs letteratura

Eyes Wide Shut
di Stanley Kubrick
GB 1999
con Nicole Kidman e Tom Cruise

Uscito postumo, il film è la trasposizione fedele del racconto, ambientato però a NewYork negli anni ’90. Accolta come il testamento culturale del regista, l’opera indaga, come il libro del resto, nella psiche turbata dei personaggi alle prese con le loro ossessioni e con le loro paure. Aulico, onirico e, a tratti, ridondante, il film utilizza i canoni hollywoodiani (gli interpreti, le ambientazioni) per esternalizzare una storia che sta tutta nelle menti dei suoi protagonisti. Freud insegna. Stupenda colona sonora.

Curiosità. Al racconto si ispirano anche due (mediocri) film italiani realizzati precedentemente. Nel 1983 Beppe Cino gira “Il cavaliere, la morte e il diavolo”, mentre è del 1989 il film di Mario Bianchi “Ad un passo dall’aurora”. Poco visti allora e ora pressoché invisibili. (mc)


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