La boutique del mistero

Il percorso dedicato alla letteratura italiana del ‘900 incrocia un autore, Dino Buzzati, che rappresenta, caso quasi unico in Italia, la narrazione del “fantastico” nelle sue sfumature più consapevoli e misteriose. 31 racconti per una sorprendente riscoperta di un autore unico.


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Dino Buzzati La boutique del mistero 90s pbk illus

A fronte dell'enorme sviluppo e dell'enorme rilievo che il racconto fantastico, fra ottocento e novecento, ha avuto nella letteratura europea non vi è stato nella nostra letteratura, fino a tutta la prima metà del novecento, alcun autore che abbia messo al centro della sua opera un'ispirazione squisitamente fantastica contrassegnata da un forte senso del mistero. Il primo a farlo e in modo significativo e alto, al punto da costituire nel nostro panorama letterario un caso pressoché unico, è stato Dino Buzzati. Ma, nonostante il successo e la fama che gli procurò “Il deserto dei Tartari”, uscito nel 1940, proprio per l'anomalia che egli rappresentava, tra Buzzati e il mondo letterario restò una profonda distanza. Il valore dell'opera di Buzzati però era ed è tale che nonostante quel distacco con cui fu accolta essa si è imposta irreversibilmente al punto che il nome stesso di Buzzati è divenuto ormai, per antonomasia, sinonimo della narrativa del fantastico. Ma questa inalterata vitalità e contemporaneità della sua opera va ben oltre il suo aver saputo padroneggiare il genere. Come tutti i grandi esponenti di quella letteratura egli, nell'indagare il mistero che si cela dietro l'apparenza delle cose, ha colto lucidamente che non era con una condizione genericamente irrazionale e astratta che si confrontava ma bensì con qualcosa di assai più profondo che rimanda alla natura stessa della condizione umana. Mostrandoci l'inconoscibilità e inspiegabilità della realtà egli mette infatti a nudo le nostre paure e le nostre angosce, quell'essere permanentemente tesi a cercare di capire il significato di ciò che ci capita, in continua attesa di un evento rivelatore che dia un senso all'esistenza. Ma soli e limitati come essi sono i protagonisti delle sue storie non vedono mai realizzarsi le loro aspettative e finiscono per lo più per cadere vittima di un destino che spietatamente e spesso incomprensibilmente e con conseguenze grottesche li schiaccia. E', la sua, una sorta di poetica dell'impotenza che si genera per contrasto con la provvisorietà e l'aleatorietà che la realtà, nella sua apparente normalità, assume. Una realtà che appare conoscibile solo per segni e messaggi ma di cui sfugge la sua reale essenza e natura. E così attraverso l'accumulazione di particolari e circostanze che, al loro sorgere, sembrano verosimili e realistici ci si trova progressivamente portati in un'altra dimensione, ambigua e imperscrutabile, alla mercé di forze e di destini misteriosi e oscuri, come in un altrove, carico di ignoto, ostinatamente esplorato ma, al tempo stesso, inutilmente esplorabile; in un definitivo e perenne oscillare tra realtà e irrealtà, tra accadimenti e simboli. E per quelle sue trame che si aprono su sviluppi paradossali e assurdi egli trovò proprio nel racconto la forma più adatta per esprimere le sue invenzioni, permettendo il racconto di condensare in modo fulminante la trovata fantastica. Leggere i suoi racconti è come procedere lungo una spirale che avvolge e cattura, in un crescendo emotivo, tra inquietanti allusioni, aperture surreali, creazioni dell'immaginazione, implicazioni comico-amare, atmosfere magiche e favolistiche, che poi sono quelle nelle quali Buzzati ambienta prevalentemente il suo “mondo” narrativo stemperando in tal modo l'elemento cupo e drammatico. Vi è infatti nei suoi racconti un'aura di fiaba che ci porta in una dimensione atemporale, senza peso, come fossimo eternamente sospesi in un sogno senza appigli nel quale Buzzati mette in primo piano ora l'ironico e il grottesco, ora quei risvolti poetici contenuti in quelle sue sommesse evocazioni fiabesche. Ma nell'evocare il rimosso, il taciuto, il negato Buzzati non solo affonda nel nostro inconscio, ma anche nelle nostre coscienze. Suscitando il negativo subdolamente riposto dentro le pieghe del vivere quotidiano e dell'agire umano Buzzati dilata quel “mostro della normalità” che fa smarrire la ragione ma che fa smarrire, soprattutto, la purezza, l'innocenza, la bontà. In questo senso vi è in Buzzati un profondo moto di umanità e di pietà per gli oscuri destini degli uomini, compreso il suo, che si percepisce in particolare in quei racconti venati di intima e dolente malinconia. Varcati perciò i limiti del plausibile, venuti meno i rapporti logici tra cause ed effetti, impostosi definitivamente l'indecifrabile, l'improbabile, l'assurdo, conta dire che anche la parola consueta, la lingua parlata, contribuiscono, nei racconti di Buzzati, a creare il senso dello straordinario. Buzzati si è infatti sempre avvalso di un linguaggio semplice, non ricercato e con questo linguaggio, fatto di parole usuali, è riuscito ancor più a rendere verosimile l'inverosimile, reale l'irreale, normale l'anormale. E dei temi e dello stile di Buzzati “La boutique del mistero” ne è un'esemplare testimonianza. Voluta dallo stesso Buzzati per far conoscere il meglio di quanto aveva scritto, “La boutique del mistero”, pubblicata nel 1968, raccoglie 31 suoi racconti, usciti in varie precedenti raccolte e costituisce un corpus unitario e rappresentativo della sua produzione. Racconti che vanno letti come fossero i capitoli di un romanzo nel quale scorrono tutte le allegorie di Buzzati, tutti i capovolgimenti della sua fantasia, tutti i suoi mondi immaginari dove, a partire da un nonnulla, montano quelle piccole/grandi catastrofi sulle cui verità cala sempre un sipario inesorabile e inevitabile che ce le nasconde perché è meglio così e perché in fondo non le potremo mai sapere. Buzzati è un giocoliere e un giocatore di trame nel senso letterale che la sua arte ha in sé la natura del gioco e questi racconti sono come le attrazioni di un luna park fatto di giostre piene di rischi, di pericoli, di paure ma che proprio per questo ci attraggono. E volendo condensare in una parola il senso ma anche il segreto di questa attrazione a me viene in mente insensatezza perché è dell'insensatezza delle cose che è poi l'insensatezza della vita che Buzzati ci parla, mettendoci di fronte a quello che anche noi sappiamo ma non ci diciamo, così come in quel bellissimo finale di uno dei suoi racconti più belli: “Una goccia” che, come fosse un distillato, incorpora tutto il mistero di Buzzati e tutta quella sua magica, sibillina insensatezza: “Ma che cosa sarebbe poi questa goccia: - domandano con esasperante buona fede – un topo forse? Un rospetto uscito dalle cantine? No davvero. E allora – insistono - sarebbe per caso una allegoria? Si vorrebbe, per così dire, simboleggiare la morte? o qualche pericolo? o gli anni che passano? Niente affatto, signori: è semplicemente una goccia, solo che viene su per le scale. O più sottilmente si intende raffigurare i sogni e le chimere? Le terre vagheggiate e lontane dove si presume la felicità? Qualcosa di poetico insomma? No, assolutamente. Oppure i posti più lontani ancora, al confine del mondo, ai quali mai giungeremo? Ma no, vi dico, non è uno scherzo, non ci sono doppi sensi, trattasi ahimè proprio di una goccia d'acqua, a quanto è dato presumere, che di notte viene su per le scale. Tic, tic, misteriosamente, di gradino in gradino. E perciò si ha paura.”



Dino Buzzati
“La boutique del mistero”
Oscar Mondadori


(Raffaele Santoro)


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