Esondazione del Lambro. Danni ingenti alla Cascina Ambrosiana

Il Centro gestito dal Centro Ambrosiano di Solidarietà, finito sotto un metro d'acqua, rischia di non poter riprendere l'attività.
Portatori di handicap, famiglie in difficoltà, donne vittime di violenza attendono di potervi rientrare.
La Protezione civile è stata efficiente. E anche il Comune, con Granelli e Majorino in prima fila, ma ora deve almeno iniziare a pagare i suoi debiti. 
Lanciamo una sottoscrizione per contribuire al recupero di un inestimabile patrimonio di impegno e solidarietà.
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Il sole oggi splende e splenderà per parecchi giorni, le acque del Lambro sono più o meno rientrate nell'alveo e la città ha ripreso più o meno il suo ritmo normale. Ma l'emergenza è tutt'altro che superata e chi ha subito l'inondazione adesso rischia di ritrovarsi solo ad affrontare i danni e gli enormi problemi causati, oltre che dagli effetti sempre più evidenti dei cambiamenti climatici, da anni di incuria e di insipienza amministrativa.
E' il caso del Ceas (Centro Ambrosiano di Solidarietà), una ONLUS nata nell '86 per impulso del cardinal Martini ma ora condotto con criteri di laicità, che gestisce la cascina Ambrosiana, al margine del Parco Lambro tra il viadotto della tangenziale Est e il letto del fiume che ha esondato nella notte di venerdì scorso.

Il lavoro degli operatori è di quelli umanamente e socialmente preziosi anche se si svolgono lontano dai riflettori. Portatori di handicap o di dipendenze, famiglie in difficoltà, donne vittime di violenza con i loro figli, questi gli utenti della cascina finita inopinatamente sott'acqua nel più grande parco urbano della nostra città. Ma per fortuna la rassegnazione non sanno neppure cosa sia da queste parti. Arriviamo proprio mentre un gruppo di ospiti, ragazzi portatori di handicap, si riuniscono al sole davanti all'ingresso della cascina tra una gran quantità di sedie, creando l'illusione dell'allestimento di uno spettacolo all'aperto, e numerose carcasse di quello che era un patrimonio del Centro, frigoriferi, cucine, caldaie, e che ora è soltanto un cumulo di ferrivecchi fangosi e inservibili. I ragazzi ci salutano con splendidi sorrisi affettuosi, ci chiedono chi siamo e come ci chiamiamo. Mentre una delle operatrici, Elisabetta, ci inizia a spiegare qualcosa del Ceas e come hanno reagito per affrontare le prime pressanti esigenze, da un furgone rosso fiammante scende un gruppo di giovanottoni atletici che inizia subito a darsi da fare. E' gente dell'Intercampus, ci spiegano, la struttura creata dai Moratti per diffondere la pratica sportiva nelle situazioni più emarginate e difficili in molti paesi del mondo. Anche qui hanno costruito un campetto da calcio che, oltre a servire per gli ospiti, è diventato un punto di riferimento per molti frequentatori del Parco. Ma il Lambro si è portato via senza riguardo anche quello, lasciando solo dei rotoli sconnessi e stracciati di erba sintetica il cui colore verde brillante contrasta col grigiore della fanghiglia che tutt'attorno la fa da padrona.

Le piene sono state due, qui alla Cascina Ambrosiana come in tutta la zona. La prima ha prodotto danni negli scantinati e nelle basi di sabbia delle casette prefabbricate in cui sono ospitate numerose famiglie in difficoltà. Sembra siano state scosse da un sisma queste casette di legno e cartongesso, mentre un grande container di ferro è stato trasportato per decine di metri cone un barcone alla deriva. Ma è la seconda che ha dato il colpo peggiore. Superando il metro di altezza la seconda piena è entrata a devastare tutte le strutture al piano terra. Impianti elettrici, riscaldamento, mense laboratori, provviste, mobili, archivi, documenti e in qualche caso anche pareti e strutture portanti. Tutto sotto l'acqua non certo chiara né fresca né dolce del Lambro.

I 73 ospiti, tanti ne conta in forma stabile la cascina, fortunatamente sono stati evacuati per tempo, almeno questo. L'allarme ha funzionato e una ventina di volontari, con l'assistenza – tempestiva ed efficace ci dice Elisabetta – della Protezione Civile giunta con le idrovore subito dopo l'evento, hanno provveduto a sistemare tutti in spazi messi a disposizione dal Comune. Molti in una tensostruttura del Centro sportivo Cambini, altri in un'ex show room in viale Toscana. Con l'appoggio, anche in questo caso tempestivo ed efficace del Comune, nella persona dell'assessore Granelli, che ha individuato gli spazi e fornisce le refezioni.

Ma i danni sono enormi, ci dice Linda Donini, la responsabile, valutabili secondo una prima stima sommaria in 500.000 euro. Un'enormità, considerando anche che nella precedente piena, quella del 2002, i danni erano stati quantificati in 300.000 e che nessuno ha risarcito nulla sotto nessuna forma. Tantomeno le assicurazioni che si guardano bene dal coprire eventi di questo tipo. Succederà anche questa volta? Danni così ingenti, tanto per unire al danno anche la beffa, mettono in forse lo stesso accreditamento del centro da parte dell'ASL e dunque il proseguimento di questa inestimabile opera di solidarietà. Proprio domani è atteso il sopralluogo di un ingegnere incaricato della valutazione ufficiale. Linda comunque afferma che basterebbero 80-100 mila euro per recuperare una sia pur parziale agibilità e con lo stile gentile e sereno che sembra contraddistinguere queste persone ci informa di una cosa che alle nostre orecchie forse troppo ingenue suona come incredibile; il Ceas è creditore nei confronti del Comune di Milano di qualcosa come 600.000 euro solo per l'ultimo anno di gestione. L'assessore competente, ossia Majorino, si è fatto presente e ha garantito che questo venerdì la Giunta municipale sbloccherà la quota dell'ultimo trimestre 2013, ossia circa 80.000 euro. Fate almeno questo per favore, lo vogliamo davvero sperare. E ci uniamo all'appello del Ceas per chiedere anche noi a gran voce che non ci siano altri ritardi, impegandoci per nostra parte a tenere informati i nostri lettori. Certo, bisogerebbe innanzitutto porsi la questione se ci siano o meno le condizioni per riprendere le attività in sicurezza. Ma la risposta è difficile e risiede nella capacità delle istituzioni di passare dall'inerzia colpevole degli ultimi decenni ad una corretta pianificazione delle attività necessarie a mettere in suicurezza il territorio. Risposta da un milione di dollari o da mucchi di cartastraccia?

Intanto cosa possiamo fare noi cittadini? Non mancano i volontari che si sono rimboccati le maniche e chiunque voglia dare una mano è ben accetto alla cascina Ambrosiana, ma ora è vitale raccogliere fondi e materiali. Il Ceas si sta organizzando, lo potete vedere visitando il loro sito o la pagina facebook, e la sua gente ha le idee chiare. Stanno contattando grandi donatori, tra cui la Cariplo e l'IKEA, hanno iniziato una raccolta fondi presso soci, amici e sostenitori e presto pubblicheranno la lista dei materiali indispensabili per ripartire. Anche noi, che vantiamo un patrimonio di lettori attivi, socialmente impegnati e soprattutto cittadini della zona attenti alla qualità della sua vita civile, vogliamo portare il nostro contributo lanciando una campagna di sottoscrizione (v. il box in home e qui sotto).  Non lasciamoli soli.   

{BOX_appello ceas}


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