Andar per libri: Sei petali di sbarre e cemento

Un bel libro, molto ben documentato, che racconta una stagione terribile all’interno del Carcere di San Vittore negli anni più bui dell’ultimo conflitto mondiale. Insegnamento obbligatorio per le scuole e per le coscienze, per non dimenticare.

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sei petali di sbarre e cemento
Dopo la bella prova di memoria con “Pippo vola sulla città”, Antonio Quatela ritorna agli anni dell’ultima guerra per raccontare una vicenda, nella tragedia, ancora più terribile, quella vissuta da migliaia di perseguitati politici e razziali all’interno del carcere di San Vittore, nel cruciale periodo che va dal 1943 al 1945.

In quegli anni, fascisti e nazisti trasformarono il carcere milanese per antonomasia in una anticamera dell’inferno, un luogo di tortura e di supplizio, anticipazione tragica dell’annientamento dei campi di concentramento di cui furono vittima migliaia di milanesi.

Nel carcere imperversavano fascisti repubblichini e nazisti che facevano a gara, se possibile, in atrocità e crudeltà, come ricorda la bellissima ballata “Ma mi” di Giorgio Strehler e Fiorenzo Carpi.

San Vittore è un carcere, collocato nel centro della città, con una particolare struttura edilizia: sei bracci che convergono verso il centro quasi a disegnare uno strano fiore con “sei petali di sbarre e cemento”. In questo anacronistico fiore, già luogo di espiazione per criminali comuni ma anche politici (come ad esempio molti esponenti del primo socialismo italiano), vennero concentrati, negli ultimi anni della seconda guerra mondiali, antifascisti e ebrei prima di essere deportati verso i più famigerati campi di sterminio, quasi sempre per non fare più ritorno.

Gli aguzzini torturano i detenuti, li derubano, li accompagnano verso i luoghi del non ritorno come il Binario 21 della Stazione Centrale. Dal carcere di San Vittore escono il 10 agosto 1944 anche i quindici martiri che verranno trucidati in piazzale Loreto dalla famigerata Legione “Ettore Muti”. Nel carcere di San Vittore i detenuti danno anche vita a mille episodi di solidarietà e di resistenza attiva e passiva. Con loro qualche carceriere dal volto umano, infermiere e medici che lottano a loro volta, come possono, contro la crudeltà degli aguzzini.

Nelle celle anguste “cinque passi di lunghezza per due di larghezza” si consumano i drammi di uomini e donne, giovani e anziani che hanno il solo torto di non condividere la barbarie nazista e fascista. Ci sono poi gli ebrei per i quali San Vittore rappresenta un primo campo di concentramento a cui farà seguito quello definitivo, per quasi tutti mortale.

Antonio Quatela, come aveva fatto con coloro che erano bambini durante la guerra in “Pippo vola sulla città”, dà voce a persone che hanno vissuto quella tragica stagione e ci aiuta a trarne un grande insegnamento di condanna della guerra e delle sue atroci conseguenze.

Non è un caso che l’autore, studioso della Resistenza, sia presidente della sezione “25 aprile-Città Studi” dell’ANPI e che abbia insegnato, per molti anni, lettere e storia nei licei cittadini.

“Sei petali di sbarre e cemento” è un libro per tutti ma, soprattutto, per i più giovani che probabilmente non sospettano neppure ciò che accadde a Milano e a San Vittore 70 anni fa.

Un libro che andrebbe adottato e letto in tutte le scuole, un forte monito per tutti, come ricordava Primo Levi:” Meditate che questo è stato”.


Antonio Quatela
Sei petali di sbarre e cemento

Milano, carcere di San Vittore 1943-1945
Mursia, euro 15

(Massimo Cecconi)


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