Assegno divorzile versato in unica soluzione e pensione di reversibilità

Secondo il più recente orientamento della Corte di Cassazione: no assegno periodico, no pensione di reversibilità.
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coniugi
L'articolo 5, ottavo comma delle legge sul divorzio n. 898 del 1970 prevede che l'assegno divorzile mensile possa essere sostituito da un'unica somma di denaro (o anche da un bene, per esempio un immobile, un'opera d'arte di valore, ecc.) su accordo dei coniugi al momento del divorzio.

​La conseguenza della corresponsione di questa una tantum è che il coniuge beneficiario - in genere ancora la moglie - non può più avanzare alcuna pretesa economica nei confronti dell'altro per il proprio mantenimento, neppure se in seguito cambiano le condizioni economiche di uno dei due (per esempio perdita del lavoro della moglie, o mutamento in meglio della situazione del marito). L'articolo 5 sopra citato lo precisa bene: “non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico”.

​Sono sorti invece dubbi sul diritto, comunque, alla pensione di reversibilità in capo al coniuge che ha ricevuto l'una tantum, nel caso di decesso dell'altro (diritto esistente per il coniuge che riceveva un assegno divorzile periodico). La norma non lo precisa e la questione è stata più volte sottoposta al vaglio dei giudici.
​L'orientamento della Corte di Cassazione, in proposito, ha oscillato anche di recente.
​Secondo un primo indirizzo, pure chi ha ricevuto l'assegno divorzile in un'unica soluzione può accedere alla pensione di reversibilità: in questo senso, si sono espresse le sentenze 28 maggio 2010, n. 13108 e 29 luglio 2011, n. 16744.

​Secondo un opposto orientamento della stessa Corte, “il diritto del coniuge divorziato al trattamento di reversibilità compete solo nei casi in cui... al momento del divorzio, le parti non abbiano convenuto la corresponsione di un capitale una tantum, ma di un assegno periodico del quale il detto coniuge ancora benefici al momento del decesso dell'obbligato”: in questo senso si è espressa la sentenza 8 marzo 2012, n. 3635 e, ancor più di recente, la sentenza 3 luglio 2012, n. 11088.

​Secondo quest'ultima decisione, infatti, “solo nel caso in cui egli benefici di una erogazione economica a carico dell'ex coniuge ha ragion d'essere la sua sostituzione con la pensione di reversibilità...”.
​È vero che la Suprema Corte potrebbe ancora mutare orientamento, e tornare a quello favorevole al coniuge economicamente più debole. Tuttavia, poiché normalmente questo è la moglie, e poiché la sentenza più recente è invece rigida, pare opportuno richiamare su questa l'attenzione delle lettrici.

Quindi, nel caso vi accordiate con vostro marito per “farvi liquidare” (spesso i mariti lo chiedono), tenete conto del fatto che, nel caso vivesse meno di voi, potreste non beneficiare della pensione di reversibilità.
​Il rimedio? Cercate di ottenere una una tantum che vi permetta di provvedere a voi stesse anche in vecchiaia, o rifiutate l'una tantum, pretendendo invece un assegno periodico adeguato.
​Se non ci riuscite, perché vostro marito non dispone di molti liquidi ma è intenzionato per esempio a cedervi la proprietà di un piccolo immobile, oltre a questo fatevi riconoscere un assegno divorzile anche minimo, che vi legittimi, poi, a ricevere il trattamento di reversibilità.

Avv. Francesca Agnisetta
Diritto di famiglia

In apertura: Jan-Van-Eyck, I coniugi Arnolfini, 1434, olio su tavola, National Gallery Londra