I licenziamenti discriminatori

Nel riformare l’istituto del licenziamento, la riforma Fornero ha mantenuto la categoria dei licenziamenti discriminatori, per i quali è prevista la reintegrazione nel posto di lavoro, in caso di impugnazione e successivo accoglimento della domanda da parte del Giudice del Lavoro. Nell'articolo viene chiarito il concetto di discriminazione e la disciplina dei licenziamenti discriminatori con la riforma Fornero (l. 92/2012).
()
lavoro web
Si ha una discriminazione, rilevante ai fini dell'impugnazione del licenziamento, ogni volta che una lavoratrice o un lavoratore venga trattato in modo più svantaggiato di altri in determinate situazioni, oppure ogni volta che una lavoratrice o un lavoratore subisca un provvedimento negativo in ragione di certe caratteristiche che la legge intende invece proteggere.
 
Di seguito alcuni esempi di discriminazioni vietate:
discriminazioni di genere; discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale; discriminazioni basate sulla disabilità; discriminazioni religiose; discriminazioni basate sull’origine etnica; discriminazioni politiche; discriminazioni sindacali; discriminazioni basate sulle condizioni sociali.

La legge inoltre equipara al licenziamento discriminatorio, quanto ad effetti, quello intimato in concomitanza con il matrimonio, quello disposto in violazione del divieto di licenziamento in materia di tutela della maternità e della paternità.
L’elenco non è ovviamente tassativo e qualunque comportamento vi può rientrare se porta alle conseguenze appena indicate. In particolare, qualunque causa giustificativa diversa da quella tecnico-organizzativa ammessa dall’ordinamento, come tale collegata a caratteristiche personali, opinioni, scelte della persona del lavoratore prive di attinenza con la prestazione lavorativa, è per ciò stesso discriminatoria e illecita.
 
La nozione di discriminazione ha dunque due distinte possibili letture: la discriminazione di tipo comparativo, che si evidenzia nella comparazione con altri soggetti del gruppo e nella verifica nel numero di persone colpite da un certo atto e la discriminazione di natura assoluta, che si verifica cioè con riferimento alla situazione del singolo individuo, licenziato con un atto discriminatorio in ragione di una sua certa caratteristica e senza alcuna ragione tecnica – organizzativa.
In caso di discriminazione di natura assoluta, pertanto, a prescindere dalla comparazione con la platea di riferimento, ogni licenziamento attuato in danno di una lavoratrice o di un lavoratore che possa rientrare in una delle discriminazioni indicate o in altre analoghe e che sia in grado di dimostrare la propria utilità tecnico-organizzativa, deve essere annullato dal Giudice del Lavoro in quanto discriminatorio, con la conseguenza della reintegrazione nel posto di lavoro.
 
Sul piano concreto, in caso di licenziamento è importante che la lavoratrice o il lavoratore (con l’aiuto del sindacato o di un avvocato) analizzino attentamente le proprie caratteristiche personali, per individuare eventuali specificità che consentano di farli rientrare in una delle ipotesi di discriminazione vietate o in una diversa e autonoma ipotesi discriminatoria.
 
Nel caso di licenziamento discriminatorio in termini relativi (cioè in raffronto con un gruppo), è indispensabile raccogliere dati analitici sulle persone in posizione analoghe (sia i licenziati, sia i rimasti in organico) così da poter fornire elementi di fatto, anche di natura statistica, dai quali possa desumersi la discriminazione, per potersi giovare dell’inversione dell’onere della prova nella dimostrazione della discriminazione: quando la lavoratrice o il lavoratore fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al datore di lavoro chiamato in giudizio l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione.
 
Nel licenziamento in cui si affronti il tema della discriminazione in termini assoluti, bisogna raccogliere tutti i fatti e le circostanze specifiche relative alla persona del lavoratore, da cui possa farsi derivare l’ipotesi discriminatoria.
 
Avv.Barbara Fezzi
Diritto del Lavoro