M5. Il Comune ricorre in appello al Consiglio di Stato contro Metro 5 Spa

Si chiede la parziale riforma della sentenza del Tar sul riconoscimento al concessionario dei maggiori oneri per l’aumento dei prezzi dei materiali di costruzione
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La Giunta ha deliberato di impugnare in appello al Consiglio di Stato la sentenza del Tar Lombardia che riguarda una controversia scaturita dal rapporto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione della linea 5 della metropolitana milanese, stabilito tra il concedente (Comune di Milano) e la società concessionaria (Metro 5 Spa). Metro 5 Spa ha chiesto il pagamento dei maggiori costi di costruzione della linea 5 della metropolitana sostenuti nell’anno 2008 a causa dell’aumento dei prezzi dei materiali (quantificati nella somma di 1.274.275,39 euro, poi ridotta a 1.248.491,27 euro).

Il Comune si oppone al pagamento di questi maggiori costi, perché non sono dovuti né per legge, né per convenzione. Infatti, le norme di legge che prevedono la compensazione per l’aumento del prezzo dei materiali da costruzione (art. 1 D.L. n. 162/2008 conv. L. n. 201/2008; art. 133 D.lgs. n. 163/2006) sono dettate per i contratti di appalto di lavori e non sono applicabili alla concessione di lavori. In quest’ultimo caso si tratta, infatti, di un contratto del tutto differente, dove la controprestazione per la costruzione dell’opera pubblica è costituita dai profitti della gestione per un periodo di tempo idoneo a riequilibrare l’investimento privato che, nel caso in questione, è integrato da un contributo pubblico di Stato e Comune.

La convenzione sottoscritta dalle parti, in coerenza con il bando di gara e con l’offerta aggiudicataria, prevede che i costi per la realizzazione dell’opera, non coperti dal contributo pubblico in conto investimenti, siano a carico del concessionario, che assume il rischio di costruzione e di gestione dell’opera.

La sentenza del Tar Lombardia, da un lato riconosce che “il contratto di concessione stipulato dalle parti esclude che la copertura dei costi dell’opera possa automaticamente dare luogo a versamenti in denaro diversi ed ulteriori rispetto a quelli contrattualmente previsti a titolo di contributo” e che “la convenzione prevede una elencazione esaustiva e tassativa delle sopravvenienze che possono dare luogo alla revisione del Piano Economico Finananziario (P.E.F.) che non include l’aumento dei costi di costruzione oltre la soglia prevista dall’art. 133 del codice dei contratti”.

Dall’altro lato, ed è questa la parte di cui il Comune chiede la riforma, la sentenza ritiene che l’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione verificatosi nell’anno 2008 possa rientrare nelle cause di “forza maggiore” e determinare la necessità di riesaminare il P.E.F. della concessione, scaricandone indebitamente il rischio e il costo sull’Amministrazione  e aprendo così il varco a ulteriori pretese e contenziosi che minano e snaturano il rapporto concessorio e mettono in pericolo la stessa esecuzione dei lavori. Da qui l’interesse del Comune all’impugnazione della sentenza del Tar.

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