I buoni e i cattivi

Un racconto ispirato dai fatti drammatici che avvengono intorno a noi. ()
tunnel GAZA
Estrema periferia nord di Milano. Un’anziana, con borse pesanti, sale faticosamente le scale di un condominio multi familiare. Sembra proprio arrancare, tanto che si aggrappa al corrimano per darsi una spinta. Con le braccia sposta il suo peso e quello delle borse del supermercato verso l’alto.
Il caseggiato ha due scale e l’ascensore non c’è. Dalle finestre ai piani si scorgono altri condomini, qualche cortile con box, e una sottile striscia di cielo striato di nuvole grigie. È circa mezzogiorno e non si sente alcun rumore sulle scale.
L’anziana è finalmente arrivata all’ultimo piano, posa le borse sul pianerottolo e apre la porta di casa. Finalmente s’accascia sul divano del soggiorno cucina, tenendosi il ventre tra le braccia.
Da qualche giorno sente delle fitte come se soffrisse d’appendicite, ma non può essere perché da ragazza l’ha tolta. Sospira e tra sé e sé pensa che non ci voleva. Aveva già tanti problemi e un altro guaio non ci starebbe.

Dall’altra parte del pianerottolo, si sente vociare. La porta sbatte e lei immagina il vicino egiziano che esce. Spesso rientra in tarda mattinata, dopo essere stato a guidare i furgoni tutta la notte. Vive con due giovani che potrebbero essere i suoi figli.
L’anziana vive lì da qualche anno e ancora non ha capito in che rapporti sia la coppia giovane con il padre lavoratore. Anche loro, suppone, hanno visto prima lei e i suoi figli, poi lei e un figlio ed infine solo lei abitare in quell’appartamento.
Comunque le sono simpatici, si ripete spesso. La ragazza giovane l’ha più volte incontrata sulle scale e si è offerta di portarle le borse e anche l’anziano genitore la saluta con larghi sorrisi.
Anni fa ha regalato al vicino un vasetto di marmellata. Adora fare le marmellate, con quella se li è conquistati definitivamente. Quando li incontra sulle scale è una sinfonia di sorrisi.

I rapporti non sono invece così buoni con quelli di sotto. Alcuni sono sbadati, ha pensato, difficilmente la salutano, altri cambiano spesso e non riesce a memorizzarli.
Al primo piano vivono degli africani al secondo dei filippini, gli altri sono italiani. Da qualche giorno è scoppiato l’ennesimo conflitto in Medio-oriente.
L’anziana ha origini ebraiche e ha ancora qualche amico laggiù. I parenti che aveva, hanno invece lasciato quei luoghi: troppo cara la vita, troppo rischiosa anche. Si sono trasferiti negli Usa e lei non ne ha più traccia. Una lontana nipote vive in Finlandia ed è musicista, ma le loro storie si sono talmente ingarbugliate che non saprebbe rintracciarla.
Tutte le sere, l’anziana accende la televisione alle otto e segue i telegiornali. Fortunatamente nessuno si è ancora lamentato per il volume alto. L’anziana è infatti sorda e nonostante porti gli apparecchi sente poco gli speaker. In compenso alla mattina, dalla parete confinante ascolta le voci della radio egiziana. Lei la sera, loro la mattina.

La primavera scorsa, quando ancora non era iniziata la guerra, raramente si sentiva la radio o la TV, spesso infatti ci si dimenticava dei notiziari. In questo bigio autunno invece, non passa giorno senza l’eco dei telegiornali o dei radio giornali Siamo tutti preoccupati, si capisce. Le guerre si sa quando cominciano ma non si sa quando finiscano. Noi siamo qui, sotto questo cielo nuvoloso e ci stringe il cuore a vedere tutti quei bambini falcidiati dalla violenza. L’anziana ammutolisce ogni sera e i suoi vicini ammutoliscono ogni mattina. I giornali invece strillano, urlano propagande ora di qua ora di là. Anche molti amici politicizzati si uniscono al coro e sembra che tutti debbano tenere a qualcuno, bisogna avere una posizione: o stai coi Buoni o stai coi Cattivi.

Nel caso specifico, lei è sicuramente affiliata ai Cattivi. Pensare che lei aveva guardato con orgoglio tutti gli israeliani che l’estate precedente manifestavano contro il governo di destra, ma ora i Buoni non se ne ricordano, loro che allora non dissero neppure una parola sui manifestanti. Il solo fatto di avere amici in Israele la iscrive automaticamente tra i Cattivi.
Non è possibile manifestare un po' di pietà per quelle morti orribili, per l’ansia che chi si sveglia ogni mattina in quei luoghi può provare, pensando di non arrivare alla sera o di non trovare più i propri parenti o i propri amici, dove pensava che fossero. Non importa da che parte stare, non importa che uno sia religioso o no, non importa che sia israeliano o palestinese. No, non si può manifestare pietà o ansia, l’opinione pubblica deve schierarsi e se anche un’anziana vacilla, e in cuor suo non vuole stare da nessuna parte è già stata inquadrata è già irrimediabilmente una Cattiva.

Non va molto meglio per i suoi vicini egiziani. Anche loro sono irrimediabilmente Cattivi. La situazione è molto tesa, molti li guardano con sospetto là in periferia, potrebbero diventare nemici, se il conflitto si allargasse. Forse sono in contatto con i terroristi, sospettano già molte persone della palazzina in cui vivono, l’anziana se n’è accorta.
Loro ammutoliscono, i giornali invece e i movimenti d’opinione impazzano, alzano la voce, loro che si autoproclamano i Buoni, loro hanno la verità in tasca. La complessità della questione mediorientale, non li sfiora assolutamente, loro, i Buoni, sanno tutto del conflitto e quanto più alzano la voce, tanto più si sentono Buoni, s’infastidiscono dei dubbi e in una parola, odiano l’avversario. Perché così funziona la piazza: o sei di qua o sei di là, con la presunzione tipica di chi è prepotente. I Cattivi necessariamente tacciono, oppure replicano in una sorta d’infinita polemica che mette paura al cuore.

Una sera l’anziana, dopo l’ennesimo tormentoso telegiornale si addormentò sul divano, tenendosi la pancia dolorante tra le mani. Dal pianerottolo udì in lontananza il suono della porta dei vicini che si chiudeva poi più nessun suono.
Improvvisamente si ritrovò nel buio più assoluto in un posto che faticava a riconoscere e che perciò immaginò essere solo frutto della sua fantasia. Il suo sguardo si soffermò poi su una parete che le parve ricoperta di travi in ferro, che facevano un arco e ricominciavano dall’altra parte come un cunicolo. Era in un tunnel, ecco, dov’era e nella nebbia che le oscurava la vista intravide delle sagome innanzi a lei che le sembrò di riconoscere. Ma certo, erano i vicini egiziani. “Signora cosa ci fa lei qui?” l’interpellò il vicino più anziano. “Non lo so rispose lei,” Mi pare di essermi addormentata e…” “Siamo a Gaza, nei tunnel, me lo ha confermato un milite” rispose lui con voce tremante. “Ma com’è possibile? Com’è possibile?” si lamentò lei tenendosi la testa tra le mani e accasciandosi per le fitte allo stomaco.

Piano piano a piccoli passi seguì il gruppo dei vicini che si avviava impaurito lungo il corridoio senza fine. Sentirono sbattere una porta alle loro spalle e delle voci concitate si allontanarono nella direzione opposta. Ombre e deboli chiarori si susseguivano sulle pareti d’acciaio e ogni tanto terribili fragori si udivano sopra le loro teste. Incominciarono a correre, sostenendosi vicendevolmente per non sbattere contro gli ostacoli. Cercarono una via d’uscita ed incrociarono una scaletta, mentre scendevano lungo quella scala in un enorme cunicolo a spirale avvertirono una terribile stanchezza dovuta forse alla mancanza d’ossigeno.
S’intravedevano molte bocchette d’ossigeno sulle pareti ma ciononostante sembrava mancasse l’aria. “che opera grandiosa!” sfuggì detto all’anziana, mentre l’egiziano le porgeva la mano per non incespicare. “pensi quante scuole si sarebbero potute ...”
L’egiziano non riuscì a finire la frase perché il segnale del giornale radio assordò le loro orecchie con le ultime notizie. Erano ancora in atto terribili bombardamenti. Le forze armate israeliane consigliavano di lasciare ogni luogo per ripararsi dagli attacchi. “dove possiamo andare?” s’interrogarono l’un l’altro.

Nessuno di loro osò formulare una risposta. Si fermarono ad osservare il labirinto di vie che si stendeva innanzi a loro e per la prima volta si chiesero se veramente l’unica via d’uscita fosse quella fuga forsennata attraverso migliaia di cunicoli.
Trattennero il fiato e una vaga forma d’orrore penetrò i loro pensieri.
Come erano potuti finire là dentro? L’anziana si mise in ascolto di un debole suono che le pareva provenire da destra e fece cenno ai vicini di seguirla. In un angolo illuminato da una finestrella videro uno spiazzo dove si trovavano legati alcuni prigionieri, non si capiva di che fazione fossero.
Li interrogò in arabo: l’egiziano, perché l’anziana non sapeva parlare né l’arabo né l’ebraico.
“Dicono di essere le vittime di questa guerra” riferì loro l’egiziano “dicono che non sanno di che fazione siano. Sanno solo che l’odio va fermato, da qualunque parte si generi. Ci chiedono di esserne testimoni. Testimoni individuali contro il degeneramento collettivo cui l’odio sprona.”
“Certo le vittime non vanno scelte secondo l’inclinazione di ciascuno” mormorò l’anziana come tra sé. “Dice che tutte le vittime sono uguali, tutte vanno difese e piante con le stesse lacrime, e per questo ci dona un cellulare, un cellulare per riferire al mondo queste parole” disse l’egiziano protendendosi ad afferrare l’apparecchio. La vecchia fermò nella memoria quell’immagine, cercò di imprimere bene nella mente quel posto e quella amara sensazione di pianto che tratteneva in gola.
Poco dopo il cellulare squillò e una voce metallica indicò loro la strada da percorrere. Quando raggiunsero quella che sembrava l’uscita dal tunnel, gli apparvero cumuli di macerie e ciarpame di edifici crollati. La luna li spiava da una specie di vicolo che una volta doveva essere una strada e che ora era solo una rovina. Aleggiava intorno un senso di morte, il cielo della notte era solcato da scie luminose di razzi e i loro raggi infocati si abbattevano sulla terra come strali di feroci guerrieri.

“Ancora non è finita” pensò l’anziana mentre attraversava quella landa devastata, e quei suoi dolorini al ventre tornavano più acuti. I suoi vicini egiziani la scortarono verso uno spiazzo dove da poco stava cercando di atterrare un elicottero.
“Saranno vicini arabi?” chiese ad alta voce l’egiziano” “no - replicò la figlia - nessun paese arabo vuole aiutare i profughi a fuggire, purtroppo lo sappiamo, lo abbiamo imparato a nostre spese”
“Allora chi può essere?” chiese nuovamente l’anziana che aveva visto una mano protendersi verso di lei. Una mano scura tesa a quel vuoto, a quel buio che le oscuravano ancora la magia del vivere. Eppure fino a ieri non le sembrava possibile concepire l’infelicità umana così abbandonata ad un destino ignoto. La mano e il braccio si protendevano scuri in uno spazio buio dove le parve di riconoscere una sagoma nota: “Obama!” esclamarono all’unisono i membri di quel gruppetto di fuggitivi quando scorsero il loro salvatore sporgersi dalla cabina di pilotaggio.
Giunto in loro soccorso, li fece salire tutti sull’elicottero e decollò.
Le parve che il rumore dell’elicottero sovrastasse ogni parola, ogni pensiero e cullata da quel suono si appoggiò al braccio della vicina e si assopì.
Sobbalzò l’anziana sul divano, una nuova fitta al ventre le fece aprire gli occhi. Tese le orecchie. Qualcuno sulle scale aveva nuovamente sbattuto la porta.

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Re: I buoni e i cattivi
17/01/2024 Antonino Carollo
Mi piace. Bello, vitale, nonostante il dramma intorno.


 
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